Mi vendo. Tweet pubblicitari tra scarsa trasparenza e rischi per la reputazione online

Aspetto il momento in cui anche la mia timeline italiana comincerà a riempirsi di Promoted Tweets. Così accanto ai #buongiorno mattutini o alla segnalazione di articoli o alle discussioni aperte dai miei following – oppure quando farò una ricerca – troverò messaggi sponsorizzati che qualcuno che seguo o che inseguo attraverso un #hashtag ha pagato per rendere più visibili. Il tweet sarà come gli altri ma la sponsorizzazione, a scanso di equivoci, segnalata. Anche se nell’abitudine di vivere il flusso rischierà di diventare invisibile, un po’ come ci siamo abituati a tutte quelle pubblicità tabellari che si miscelano agli altri segnali visivi nelle nostre strade e che producono un “inquinamento” comunicativo che ci sollecita continuamente in modi invisibili.

Ma non sto pensando tanto a quei brand che decidono di sviluppare una campagna su Twitter usando i canali “ufficiali” con la segnalazione ma a tutte quelle forme di PT che si collocano in spazi più “laterali”, ai margini delle offerte istituzionali di Twitter.

Ad esempio Rio Ferdinand, calciatore del Manchester United molto seguito (oltre 2 milioni di follower) ha postato un Tweet in cui scrive “Really getting into knitting!!! Helps me relax after high-pressure world of the Premiership” seguito poco dopo da in altro con tanto di foto in cui lo si vede mangiare una barretta di cioccolato Snickers: in 50 re-twittano e in 27 mettono la spunta di “preferito” al tweet.

La campagna, che ha coinvolto anche altre celebrity, ha “aggirato” Twitter e prodotto sia lamentele da parte dei fan del calciatore che un’indagine da parte dell’Advertising Standards Authority per pubblicità ingannevole perché i fini promozionali non erano espliciti.

Ma penso anche a friend che potrebbero decidere di guadagnare qualche euro con dei PT. Esistono società che consentono di vendere un proprio Tweet, come pay4tweet: si tratta di capire quanto vale. Abbiamo recentemente imparato che ogni nostro follower su Twitter vale circa 2,5 dollari al mese – questo è il risarcimento chiesto da un’azienda ad un suo dipendente che licenziandosi aveva portato con sé l’account del profilo istituzionale. Ma se volete giocare con il valore del vostro account esistono una serie di servizi – ad esempio Twalue o Buytter o Tweet Worth – che consentono di valutarlo parametrando più precisamente attraverso un algoritmo i follower, i retweet, i messaggi che si sono ricevuti direttamente, le citazioni, ecc.

Vale però la pena di riflettere sul fatto il fatto che i follower sono diversi tra loro non solo per quantità ma anche per qualità. E ovviamente c’è un valore aggiunto dato da quei follower che, oltre ad avere deciso spontaneamente di seguirti, attribuiscono un alto valore a quello che scrivi. E non si tratta solo di interesse per il contenuto di un tweet ma del fatto che leggere quel tweet o retwittarlo assume una valenza “affettiva” e “simbolica”, come quella attribuita da un fan. Così mi chiedo quanto vale un follower di una celebrity? E un tweet di un personaggio noto?

Se prendiamo le celebrity nostrane il valore di un Tweet (misurato con Tweet Worth) di @sarofiorello è di $685.88, di @Gerry_Scotti $401.89, di @lorenzojova $ 845.36. Poco a che vedere con personaggi come @ladygaga $27799.74 o @justinbieber $25204.01. Diciamo che sono metriche che valgono poco più di un gioco non conoscendo esattamente quale algoritmo le calcola e su quali basi viene attribuito il valore ma rendono in chiave comparata l’idea che dietro ad ogni tweet c’è un potenziale economico che può fare da metro di misura. Eppure la differenza di valore è più che altro culturale, è quella della densità e del riconoscimento della community dei follower/fan. Prima di giocarsela con un Tweet una celebrity deve farci i conti.

Un follower di Ferdinand gli ha twittato “Hai davvero bisogno di fare soldi in questo modo?” e un altro “Io non sto qui sopra per essere oggetto della pubblicità”.

La pubblicità attraverso i tweet si destreggia così tra il rischio di essere percepita come inquinamento comunicativo dello stream e la messa in gioco della propria reputazione online. Più in generale che parliamo di tweet o di post in un blog occorre sviluppare una maggiore cultura della trasparenza su contenuti pubblicati a pagamento, anche in natura – dietro omaggi, ad esempio. È una lezione che la blogosfera della prima ora ha imparato sulla propria pelle e che ora, con l’apertura di una partecipazione di massa attraverso i social network, si ripropone con nuova forza.

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