Ascoltare i Social: chi tace non dice niente

Nessun dubbio che l’ascolto dei Social Media sia un elemento fondamentale di qualsiasi attività di comunicazione. Che ci dia elementi, stimoli e guide imprescindibili per fare qualcosa che abbia una reale relazione con le persone con cui vogliamo parlare.

L’ascolto è un tool prezioso: evita che le persone dell’azienda, oberate da mille compiti e lavori, costrette a fare di più con sempre meno, perdano il contatto con il mercato, con le persone, con i loro clienti.

In parte questo si può surrogare ascoltando quello che dicono le persone in Rete, pur sapendo che non tutti i clienti o potenziali tali sono probabilmente su Internet. E sapendo che non tutti quelli che sono in Rete sono sui Social Network (anche se le probabilità che lo siano, specialmente su Facebook, è abbastanza alta).

D’altra parte l’ascolto non è la soluzione a tutti i problemi – e se non è trattato con molta cautela ci può buttare completamente fuori strada.

Attenzione a credere ciecamente a quel che dice la gente online…

A parte il fenomeno per cui la gente parla a volte anche “per fare bella figura”, a parte che in rete tante volte c’è una predisposizione acriticamente negativa verso le aziende in genere, il pericolo più grande è di prendere come oro colato ciò che emerge dall’analisi del sentiment. Perché non è assolutamente detto che quello che ascoltiamo sia la reale e fedele rappresentazione di quello che pensa la maggior parte del nostro target.

Da quando esiste Internet, nei suoi vari strumenti, si è sempre notato che la percentuale di quelli che parlano tende ad essere anche abbastanza piccola rispetto a quelli che le conversazioni le ascoltano e basta. Si ritorna insomma al concetto di maggioranza silenziosa, di persone che sono sì negli ambiti sociali ma che parlano poco e magari non sono interessate a parlare dei nostri prodotti e della nostra marca. Insomma, la famosa piramide 1 / 9 / 90 (anche questa da prendere con le pinze…), dove il 90% dei nostri utenti leggono e non reagiscono.

Storia di un caso limite

Per esempio (e l’ho visto su un cliente), potrebbe capitare che un piccolo gruppo di clienti sia fortemente insoddisfatto e protesti vigorosamente su Facebook. Ma che la maggior parte dei nostri clienti sia soddisfatta, senza avere un particolare trasporto emotivo nei nostri confronti; non avendo quindi forti motivazioni e molta voglia di mettersi li’ a scrivere commenti positivi lascia stare, tace.. e così l’ascolto ci racconta che il 100% dei nostri follower ci odia.

Certo, questo è un caso limite; spesso la parte vocale del target influenza davvero i pensieri e le opinioni di chi non parla. Ed è possibile che quelli che tacciono siano tanti. Di cui però non sappiamo nulla di ciò che pensano, se ci limitiamo all’ascolto passivo dei Social.

L’ascolto e il Social non hanno ucciso le tradizionali ricerche (semmai le hanno cambiate)

Il che riporta alla scena le tradizionali tecniche di studio dell’opinione, di ricerche “tradizionali” che vanno proprio a scoprire cosa la gente pensa ma non necessariamente dice. Vanno ad esplorare opinioni non necessariamente espresse, ma comunque esistenti, che influenzano i comportamenti e gli acquisti delle persone, che forse celano atteggiamenti e opinioni da parte della maggioranza silenziosa; a volte non necessariamente allineati con quelli della minoranza vocale tanto più facile da ascoltare. Tecniche di ricerca, dunque, che non necessariamente perdono importanza e utilità nemmeno nel mondo del marketing 2.0.

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3 COMMENTS

  1. Lei dice, nel suo pezzo, che 10 protestano e 100 tacciono. Ma poi sui miei profili si vedranno solo i 10 che protestano! Come faccio a rendere evidente la “maggioranza silenziosa”? grazie!!

  2. Ha ragione Mariano, il problema è che sui social emerge spesso con più facilità il parere negativo!

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