Social media: cresce l’attenzione verso il “privacy management”

La privacy è uno dei temi al centro delle discussioni inerenti i social media. La tematica si è di recente imposta prepotentemente all’attenzione del grande pubblico a causa di una serie di scandali che hanno coinvolto giganti dell’ecosistema digitale come Google e Apple, tanto che la Casa Bianca ha proposto un nuovo e più organico privacy bill of rights.

Un generale accordo riconosce la necessità di salvaguardare la privacy personale. La contrapposizione forte è, però, tra chi propone un approccio maggiormente basato sulla consapevolezza degli utenti, senza negare l’esigenza di interventi legislativi, e chi al contrario ritiene maggiormente necessarie regole certe e tutele forti dei dati personali, ritenendo la scelta consapevole dell’utente una soluzione molto limitata. I due approcci non si escludono a vicenda, ma sottolineano aspetti e problemi diversi.

Il privacy management prevede che gli utenti effettuino scelte consapevoli ed informate riguardo ai propri dati personali e lascia alle persone il compito di scegliere l’ampiezza  e la tipologia delle informazioni che sono disposte a condividere. Tale pratica sembra sempre più diffusa tra gli utenti dei social media, che effettuano sempre più spesso scelte oculate ed attente.

Pew Internet & American Life Project ha analizzato gli utenti statunitensi dei social media per verificare l’effettiva diffusione del privacy management, riscontrando una generale crescita delle pratiche di tutela e gestione della propria immagine e reputazione digitale.

La maggioranza degli utenti utilizza almeno le più basiche opzioni di tutela rendendo il proprio profilo privato o parzialmente privato, con le persone di sesso femminile più propense a renderlo del tutto privato (67% vs 48%). In queste forma di tutela base, a differenza delle pratiche più complesse, non si riscontrano grosse differenze di atteggiamento nelle varie fasce di età. Una parte (26%) consistente di chi limita almeno parzialmente l’accesso al proprio profilo, regola ulteriormente l’accesso di particolari categorie di amici a determinati contenuti .

Il dato più importante della ricerca riguarda, però, proprio le forme più specifiche di gestione della propria reputazione che risultano tutte in forte crescita. Quasi due utenti su tre (63% nel 2011 vs 56% del 209) hanno cancellato dalla lista dei propri amici qualcuno, il 44% ha rimosso commenti di altre persone dal proprio profilo (36% nel 2009) e il 37% ha rimosso i tag con il proprio nome da foto in cui erano stati inseriti (30% due anni prima).

La gestione della propria reputazione online e lo sfoltimento dei profili personali nei social network è una pratica molto più diffusa tra i giovani e tra le persone di sesso femminile. Il 67% delle utenti ha cancellato qualcuno dalla propria lista di amici contro il 58% degli utenti. L’età è un altro fattore che fortemente predice tale tipo di comportamento, con sette su dieci (71%) dei giovani adulti (18-29) che ha sfoltito la propria lista di amicizia e percentuali di diffusione di una simile pratica decrescenti al crescere dell’età.

L’età influenza anche la propensione alla gestione del proprio profilo soprattutto per quanto rogaurda la rimozione di commenti altrui, pratica molto diffusa tra la maggioranza dei giovani (56%) per cui il genere di appartenenza è irrilevante: utenti maschi e femmine che la praticano in eguale misura (44%). Lo stesso si può dire dell’abitudine a rimuovere i tag con il proprio nome dalle foto che tra i giovani raggiunge addirittura il 49% (contro la media del 37%), non si riscontrano invece grosse differenze dovute al sesso (36%m vs. 38%f).

Una piccola parte (11% vs 12% del 2009) degli utenti intervistati si dice, inoltre, dispiaciuta di aver postato alcuni contenuti sui SNS e tale pentimento non sembra direttamente influenzato da una più consapevole ed attenta gestione dei profili. Tanto che i giovani sono quelli che si pentano più spesso delle informazioni inserite (15% dei 18-29 vs 5% degli ultra 50enni). Il sesso in questo caso torna ad essere una variabile che influenza decisamente il fenomeno: i maschi si pentono molto più spesso delle femmine dei propri comportamenti online (15% vs 8%).

Gestire la propria presenza online non è, in ogni caso, semplice per una buona parte degli utenti. Quasi la metà (48%) ha qualche difficolta nell’utilizzare i controlli delle privacy offerti dai SNS, mentre l’altra metà (49%) non riscontra nessun tipo di difficoltà. I giovani (18-29) sono quelli più fiduciosi nelle proprie capacità di gestione, il 57% non incontra alcuna difficoltà. Le difficoltà incontrate probabilmente derivano in parte, anche, da una maggiore consapevolezza dei rischi legati alla condivisione di informazione e da desideri di maggiore privacy personale, visto che proprio le persone con un livello di scolarizzazione maggiore riportano maggiori difficoltà nella gestione (il 62% dei laureati dichiara di avere qualche difficoltà).

La ricerca PEW sottolinea, inoltre, un abbandono almeno parziale delle preoccupazioni relative alla privacy da parte di un numero crescente di utenti, atteggiamento molto diffuso tra i forti utilizzatori di SNS. La facilità di condivisione, le difficoltà e il tempo necessari ad un’attenta gestione, l’abitudine di utilizzo quotidiano, la non sempre esatta consapevolezza delle pratiche di utilizzo dei dati personali da parte delle compagnie, e la volontà delle aziende di trarre profitto dalle informazioni personali portano ad un atteggiamento più rilassato, ma questo non significa una rinuncia completa alla privacy, piuttosto l’accettazione parziale delle condizioni in cui questa può essere esperita nell’ecosistema mediale attuale.

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2 COMMENTS

  1. Io credo che ogni persona decide quanto mostrare agli altri nella vita reale o su Internet e se non sanno come usare le rete sociali, non sono obbligati ad essere membri.

  2. l’obbligo non esiste ma oggi non è semplice non utilizzare i sns e non sempre si è pienamente coscienti di cosa si mostra

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