Social Media in Giappone: lo sguardo si sposta sempre più a occidente

Con Japan notes Francesco Romano, da Tokyo, ci racconta il mondo dell'ict dei social network e del digital business visti dal sol levante, con gli occhi di un italiano ed una prospettiva internazionale.

Seppur in ritardo rispetto ad altri paesi, il panorama del social web giapponese sta vivendo una fase di rapida trasformazione che rispecchia un cambiamento culturale ed economico in atto di più ampio respiro.

Quella che sta profondamente cambiando è la percezione del mercato interno, che oramai non appare più isolato e autosufficiente come lo è stato per decenni. Nell’attuale fase il ruolo dei network sociali internazionali si rivela cruciale – rappresentando un fondamentale punto di contatto con l’esterno e costituendo in parte il motore della globalizzazione. Si tratta di un cambiamento non banale, considerando il livello di diffidenza che ha accompagnato l’avvento nel sol levante dei network sociali più popolari al mondo.

E in una società dove tradizione e innovazione vanno di pari passo, è una tendenza che dimostra ancora una volta la grande capacità di adattamento di questo popolo di lavoratori, desideroso di adeguarsi agli standard internazionali che, quanto a web e social network, sono oggettivamente riconosciuti come più evoluti e – finalmente – sono visti con meno diffidenza.

La rapida crescita del numero degli utenti iscritti a servizi social “occidentali” come Facebook o Twitter, sino a pochi mesi fa ancora considerati “reti esterne” se non “estranee” dalla maggioranza degli utenti potenziali nipponici, dimostra una cosa chiara: sempre più aziende e servizi approdano su Facebook, sempre più aziende tentano la sfida del mercato internazionale.

C’è da dire che il riconoscimento della globalizzazione come strategia necessaria non più solo alle grandi marche manufatturiere, ma anche alle aziende medio piccole, non e’ certo una novità. Ma negli ultimi due anni si è assistito in Giappone al riconoscimento del pesante ritardo da parte di grandi aziende nazionali nell’adozione delle nuove tecnologie, soprattutto per la necessità di padroneggiare l’inglese per il business, e per l’urgenza di tenere testa al duello ingaggiato sui mercati asiatici con paesi come la Corea, che hanno già vinto più di una battaglia negli ultimi anni.

Un ritardo, quello linguistico, sentito così fortemente che colossi del web business giapponesi come Rakuten (uno dei maggiori online shopping mall) e del retail come Uniqlo (abbigliamento di qualita’ a prezzo popolare, presente anche in numerosi paesi stranieri) hanno annunciato lo scorso anno l’obbligo della valutazione del livello di competenza di inglese a partire dalla loro classe dirigente fino ai quadri. Si tratta di un riconoscimento che sa di vero e proprio mea culpa di un’intera classe di imprenditori che si e’ ritrovata ad avere una mentalità ancora fortemente legata al mercato locale per gestire mercati e business totalmente globalizzati.

Proprio gli annunci di queste due aziende simbolo hanno scatenato una serie di reazioni a catena in altre grandi aziende nazionali: hanno scosso e catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, così sensibile al tema della competitività e smosso gli animi e i dirigenti a fare un passo in più.

Ma quali sono stati i fattori che hanno realmente contribuito a uno spostamento di interesse verso i social media internazionali “occidentali”? Ne parleremo al prossimo appuntamento.

Minna san, Doumo arigatou gozaimashita.

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3 COMMENTS

  1. La collaborazione con intelligenze provenienti dai paesi dalle culture più avanzate del mondo, prima in Roma cuore della cultura e dell’arte, ed ora in Tokyo, avanti di 20 anni nella tecnologia e del vivere sociale, di permettono di osservare i mutamenti o meglio l’avvicinamento di civiltà evolutesi in modo quasi indipendente, ma il buono, il giusto di entrambe, colmate le distanze dai global-network, non possono che cercarsi, confrontarsi ed intendersi per la soluzione dei problemi di tutto il mondo. Di questo nè sei già ottimo interprete, mediatore e diplomatico per vocazione. Ti abbraccio

  2. Grazie per l’ottimo contributo! è un piacere (ed una rarità) potersi confrontare con culture diverse! Grazie davvero!!

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