Il testimonial inconsapevole e la cassa di risonanza del web

Diceva Dostoevskij: “la bellezza salverà il mondo”. Avendo in una azienda obiettivi molto più limitati, si può però legittimamente chiedersi: la bellezza (di uno slogan, di una foto, un filmato, una campagna web) aiuta a vendere o far decollare una azienda?

La risposta è sì, e soprattutto sul web. A tutti piace ciò che è bello e ben fatto. Perfino il più distratto utente televisivo o chi sfoglia un  giornale per occupare il tempo si sofferma su uno spot particolarmente riuscito, o su una fotografia spettacolare. Il bello colpisce la nostra immaginazione, ci conquista.

La differenza però tra chi guarda uno spot in tv o una inserzione su una rivista è la possibilità di condividere ciò che vede. Che per l’utente/cliente dei media tradizionali era ed è quasi nulla: in passato nel migliore dei casi poteva ritagliare la fotografia della rivista e conservarla (ma erano cose che facevano le adolescenti e le casalinghe degli anni ’50), o ripetere la battuta dello slogan in ufficio come un tormentone (ricordiamo tutti il tremendo periodo in cui gli spiritosi in ogni luogo ti salutavano con un Buonaseeeeeera!). Però finiva lì.

Il web ha cambiato le cose. Una foto particolarmente riuscita, un filmato che colpisce l’immaginario possono venire condivisi da migliaia di utenti in simultanea, che li postano sulle loro bacheche di Facebook, li ritwittano o trasformano in hastag, li inseriscono nei loro canali di Youtube, li salvano per sempre sulle loro board di Pinterest, o su Tumblr.

Diventano, in pratica, diffusori gratuiti della campagna, garantendo alla azienda, senza alcun investimento aggiuntivo, centinaia di migliaia di menzioni su siti, blog, social network vari. Ma diventano qualcosa di ben di più. Nel momento in cui l’utente X riposta una foto pubblicitaria, menziona la mia azienda, divulga un mio filmato, non è solo un megafono di quello che ho prodotto per il mercato, ma anche un mio testimonial indiretto.

Ogni singolo utente, infatti, mette in circolo il mio contenuto ma gli aggiunge qualcosa di più: nel momento in cui lo condivide, dice agli altri, che sono suoi amici, contatti o comunque gente che lo stima e che si fida di lui, che lui trova bello il mio prodotto, lo usa, lo consiglia. Ogni condivisione in rete porta non solo una informazione, ma un ricarico affettivo da parte di chi condivide.

In pratica una condivisione da parte di un utente X non è solo una diffusione di un contenuto, è una lettera di referenze. Non è detto che l’utente ne sia sempre pienamente consapevole, anche se spesso il consumatore è meno ingenuo di quanto si dia per scontato. Ma certo questo meccanismo di “cassa di risonanza” positivo va tenuto in considerazione, e facilitato per quanto possibile.

Nessuno purtroppo possiede la formula segreta per garantire che una campagna avrà questo tipo di successo, diventerà, come si dice, “virale”. Ma la consapevolezza che questo tipo di effetto esiste e si può provare a sfruttarlo deve essere patrimonio di chi prende decisioni per il web marketing dell’azienda. Ogni investimento pubblicitario deve tenere conto del web, e cercare pertanto di creare contenuti, tanto per cominciare, adatti alla condivisione sui vari social: spot adatti ad essere caricati senza troppi problemi su Youtube, fotografie accattivanti che possano essere facilmente inserite nelle board di Pinterest (magari rendendo la presenza del nome della azienda percepibile ma non così invasiva da pregiudicare il valore della foto in sé), slogan di 140 caratteri al massimo nati per essere “riciclati” su Twitter come battute.

Chi dirige la campagna web deve anche sapere quando è bene chiudere un occhio sui copyright: meglio una foto condivisa da migliaia di utenti di una troppo tutelata che resta però morta sul sito aziendale. Il testimonal inconsapevole, come lo abbiamo chiamato, in realtà volontariamente partecipa alla campagna promozionale dell’azienda perché se ne è sentito emotivamente coinvolto in qualche modo: condivide una cosa perché la sente parte di sé, perché il prodotto fa parte del suo mondo (se  può permettersi di comprarlo) o del suo immaginario (se aspira solo a comprarlo ma non può).

Per questo investire un po’ di più in campagne “belle”, che smuovano questa adesione profonda nel consumatore/cliente sul web è importantissimo, ancor più che per gli altri media. Perché sugli altri media gli spot si guardano, sul web si fanno propri e si divulgano ad altri, per di più a costo zero per l’azienda.

Manager intelligente, perché farsi sfuggire questa occasione?

Facebook Comments

1 COMMENT

  1. Mettiamo che io vada in giro con una felpa del brand X, che standomi (o anche no) particolarmente bene, spinge qualcuno a… pensare di comprarla. Sono o non sono un endorser/testimonial involontario? Nulla si crea, nulla si distrugge. Ma in Rete si amplifica.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here