L’uso dei social network influenza l’etica lavorativa?

I social network influenzano l’etica lavorativa? L’utilizzo dei social network sembra possa influenzare la predisposizione dei lavoratori verso attività, sul posto di lavoro, che rientrano nell’area grigia dei comportamenti non corretti. Gli utenti dei social media sembrerebbero più disponibili ad intraprendere questo tipo di comportamenti scorretti.

L’Ethics Resource Center (ERC), organizzazione di ricerca non-profit USA che si focalizza sugli standard etici nelle organizzazione pubbliche e private, analizza da diversi anni (1994) la prospettiva dei dipendenti riguardo l’etica nel posto di lavoro. L’ultimo rapporto dell’organizzazione si è chiesto come il diffuso utilizzo dei social network influenza il comportamento dei dipendenti, riscontrando una maggiore propensione verso pratiche non etiche. “Sembra che gli utenti attivi dei social network siano più disponibili a cosiderare cose che sono nell’”area grigia” – tematiche che non sono sempre chiaramente definite sbagliate nelle policy aziendali.” ha spiegato Patricia J. Harned, presidente ERC.

Gli utenti attivi dei social network sono anche più spesso testimoni di comportamenti scorretti. Il fatto che li riportino potrebbe, in controtendenza, rappresentare un comportamento più etico dei non utenti.

Jay Shepherd, autore del libro Firing at Will: A Manager’s Guide, è scettico rispetto alla connessione stabilità dal rapporto tra utilizzo dei social network e comportamenti non etici. “L’idea che gli utenti dei social network siano più propensi al non etico è assurda. È solo che è più probabile che ne sentano parlare. Nella mia esperienza, è più probabile che siano i più avanzati nei termini si relazioni e riflessione – non meno.” E sottolinea che la ricerca ha considerato utenti attivi chi spende più del 30% del tempo lavorativo nell’utilizzo di SNS, una quantità di tempo enorme. “Questi dipendenti non stanno neanche lavorando; a chi importa cosa pensano.”

La classificazione scelta è di certo esasperata, tanto che solo l’11% dei dipendenti viene considerato utente attivo (in maggioranza manager maschi tra i 18 e i 44 anni). Ma forse proprio per questo potrebbe offrire indizi utili?

Uno dei trend individuati dallo studio forse potrebbe spiegare parzialmente la maggiore propensione verso pratiche scorrette. La stragrande maggioranza degli utenti dei social network vede il proprio impiego come temporaneo. Il 72% pianifica, infatti, di cambiare lavoro entro i prossimi 5 anni, contro il 39% dei non utenti di SNS. La maggiore transitorietà percepita dell’impiego potrebbe giustificare un minore attaccamento ai propri datori di lavoro e un atteggiamento più spensierato e non morale verso comportamenti percepiti non proprio come corretti, ma non gravi; piccole violazioni etiche.

La maggiore percezione di transitorietà del lavoro è, però, realmente legata all’utilizzo dei social o forse al particolare gruppo prescelto? Le persone in posizioni manageriali e con un età abbastanza giovane non sono di per sé quelle più disponibili verso nuove prospettive di impiego?

Lo studio ERC, in ogni caso, ritiene la connessione tra propensione ai comportamenti non etici e social network sostenibile. “Più i dipendenti diventano attivi sui social network, più esprimono una visione tollerante dei comportamenti questionabili.” E sottolinea, inoltre, la minore separazione di vita privata e pubblica come una possibile minaccia per le società “I dipendenti esprimono una sfocatura della linea tra le relazioni personali e professionali, e questo potrebbe creare nuovi rischi per le compagnie.”

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