La fuga narrativa di Facebook: le nuove fan page e lo storytelling management

Facebook impone la logica della timeline anche a imprese e brand che hanno nel social network una loro pagina. Entro fine marzo, infatti, tutte le fan page verranno trasformate automaticamente secondo un principio di restyling comunicativo che, di fatto, impone di ripensare il proprio racconto dentro Facebook – le principali trasformazioni le potete esplorare in questa infografica.

Non uso il termine “racconto” in modo casuale: le nuove pagine non consentiranno di far puntare strategicamente ad una pagina iniziale che inviti a cliccare “mi piace” ma accoglieranno i visitatori in una home disegnata come quella dei profili personali – niente stile pubblicitario, informazioni o prezzi –, includeranno i post dei friend che parlano dell’azienda o del brand, mostreranno in modi evidenti quanti follower abbiamo e quanti stanno parlando di noi, saranno punteggiate di “eventi” organizzati lungo una linea temporale… insomma: parleranno con voce umana.

FIAT o Nutella ci accolgono ancora con pagine di benvenuto strutturate per accogliere quasi “pubblicitariamente”; dovranno ripensare a sé stesse come un racconto in cui farci entrare.

Occorrerà quindi mettere in narrazione il proprio brand facendolo diventare il motore di una storia capace di condividere altre storie, le nostre.

In pratica le nuove fan page dei brand sono sempre meno pensate come il luogo di una community e sempre più ispirate allo storytelling. Lo storytelling management, così come lo tratta Salmon Christian, può essere una facile – quanto superficiale – introduzione per capire in quale direzione stiamo andando e il valore che è possibile costruire attorno alla capacità di fare della propria storia ed identità un racconto.

L’importanza della dimensione narrativa ha una relazione diretta con la fisiologia che abbiamo come esseri umani. Dal punto di vista cognitivo la nostra mente preferisce maggiormente impegnarsi con delle narrazioni che confrontarsi con dati grezzi. Ma il dato più interessante è che l’uomo ha una capacità di astrarre dall’esperienza una sua descrizione che gli permette di abbandonare i panni dello spettatore e trasformarsi in colui che racconta la storia. Tom Stafford la definisce  come “fuga narrativa”, e può spiegare in quali modi un buon racconto di un brand può portarci a sentire protagonisti e partecipi del racconto.

Coca-Cola ha accettato da subito questa trasformazione fino in fondo – avendo fatto parte di quelle aziende che hanno sperimentato in Beta la nuova fan page  -, accogliendoci con un’immagine fatta di pezzi di un racconto delle vite in cui il brand entra e sfida i propri “friend” (sempre meno “likers” e sempre più “amici”) a raccontarsi nella pagina: “La pagina Facebook di Coca-Cola è una collezione delle vostre storie che mostrano come le persone da tutto il mondo hanno contribuito a fare della Coca quello che è oggi”. Questa è la sua fuga narrativa.

La Repubblica – su ispirazione di quanto fatto da The New York Times – abbraccia l’idea di timeline ricostruendo il racconto dell’Italia e del mondo attraverso le sue prime pagine che ci accompagnano dal 1976, anno di fondazione, sino ad oggi, proponendo un evento simbolo per anno. Scorrere gli anni passando dal crollo del muro di Berlino (1989), alla Guerra del Golfo (1991) fino agli attentati dell’11 settembre 2001 e oltre ci rende parte di una storia dell’evoluzione del quotidiano che è anche la nostra storia.

Ovviamente quei brand che da più tempo hanno sviluppato una loro presenza su Facebook dovranno rivedere la loro storia nella cronologia di contenuti che diventano più visibili lungo la timeline. Ogni utente potrà esplorare infatti con facilità il passato e verificare la coerenza ed il mutamento. Un problema diametralmente opposto avranno quei brand con poca storia – perché entrati recentemente – che dovranno impegnarsi a costruire contenuti rilevanti dal punto di vista temporale: una buona storia ha sempre un inizio e uno svolgimento, è punteggiata da eventi significativi e consente di cogliere la direzione coinvolgendo il lettore.

David Berkowitz, direttore di 360i sintetizza bene la trasformazione che ci attende: “Prima su Facebook si trattava di convincere la gente a fare “Like” sul brand; adesso si tratta di convincere la gente a compiere azioni sociali che portano il nome del brand”.

Si tratta quindi di creare quotidianamente contenuti che siano storie da condividere e capaci di attrarre storie personali che coinvolgano il brand. Le imprese si dovranno cioè misurare di più con la relazione fra la loro Storia e le nostre storie, parlando di valori, modi di essere ed emozioni che sappiano coinvolgerci a da cui farsi coinvolgere.

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