Anna Masera: “La rete ha ridotto il gap tra donne e uomini”

Firma del giornalismo italiano per le più importanti testate, Anna Masera ha seguito la nascita e crescita del web in Italia, prima con Panorama, e dal 1999 con il quotidiano torinese, dove è stata responsabile del sito internet. Oggi è Social Media Editor de La Stampa

Sorriso aperto e bella energia. Sarà anche merito del nuovo ruolo di Social Media Editor de La Stampa, ma a guardarla bene, Anna Masera, c’è da scommettere che di carica ne avesse a sufficienza anche prima.
Firma del giornalismo italiano per le più importanti testate –e agenzie – nazionali, anche corrispondente per l’estero, ha seguito la nascita e crescita del web nello Stivale, prima con Panorama, e dal 1999 con il quotidiano torinese, dove è stata responsabile del sito internet.
Poi, il nuovo incarico voluto dal direttore Mario Calabresi. “Io, ‘i web’, li ho vissuti tutti” scherza mentre ripercorre velocemente la sua carriera, parlando  di era pre blog e citando “dinosauri” come GeoCities.

Per usare una parola che piace tanto adesso, è stata anche una “start upper” ante litteram.

Nel 1995 con Luca De Biase avevamo creato Reporters online, che voleva essere un’agenzia di stampa completamente su web, come adesso ce ne sono molte. All’epoca era troppo presto però:  il contesto non era pronto.

Nel 2012 si respira entusiasmo per le nuove imprese innovative: ora il contesto è pronto?

Per le start up serve un terreno fertile, venture capital… E in Italia non funzionano.

Ok, cambiamo genere: il primo oggetto tecnologico di cui si è innamorata.

Parlando di era digitale, direi il Mac. Non voglio affatto fare pubblicità ad Apple, ma è stato sicuramente il primo oggetto a dimostrare come la tecnologia possa essere facile ed intuitiva.

Come ci si sente da social media editor?

Molto bene. Dopo tanto alla “macchina” del giornale, sono ringiovanita di vent’anni! E posso anche telelavorare, che è una delle possibilità migliori legate alla rete.

Si intende anche di hardware?

No, e se potessi tornare indietro farei sicuramente ingegneria. Vorrei poterne sapere un po’ di più anche di html: ho fatto qualche corso, uno dei quali con le Webgirrls, le prime “ragazze incazzate” del web. Ne so qualcosa in più di molti altri probabilmente, ma ecco, se ho qualche problema di software, chiamo un tecnico. Dopo tutto l’importante è sapere chi chiamare.

Come il giornalismo: non si deve sapere tutto, ma conoscere chi sa. Tornando alle ragazze: hanno ancora qualcosa per cui arrabbiarsi in questo settore?

Di sicuro sono cresciuti i numeri delle ragazze nelle università che fanno ingegneria informatica,  ma credo che lo spazio maggiore per le figure femminili si sia aperto nel web design. La rete ha ridotto il gap tra donne e uomini, e va bene così. Io, per intendersi,  i nerd intrippati non li sopporto: la conoscenza del codice rende liberi, è vero, ma è altrettanto importante saper sfruttare al meglio quello che i nostri colleghi maschi hanno fatto con la tecnologia – e in questo siamo molto brave – senza essere da meno.

Mhm. Fare di necessità virtù?

Io credo di essere stata facilitata, in certi casi, perché sono riuscita a far accettare idee e proposte  che arrivavano da me, proprio perché le donne hanno mezzi di comunicazione seduttiva. E con questo, sia molto chiaro, non intendo certo qualche cosa di sensuale, quanto piuttosto quanto la capacità di mettere sul piatto proposte senza creare ostilità e competizione, meccanismo tipico dell’universo maschile. Poi certo, è successo anche il contrario: ho incontrato chi ha detto “no” a mie idee per farle poi realizzare a colleghi maschi.

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