Starbucks e la rivolta irlandese sfiorata con un Tweet

Alzi la mano chi di noi non ha mai mandato un sms al destinatario sbagliato,  fatto confusione con le conversazioni su Skype o scritto una frase nella finestra di chat sbagliata. Capita a tutti, certo, ed è imbarazzante. Quando però questo piccolo incidente capita a un grande brand noto tutto il pianeta, le cose si fanno decisamente più interessanti. Se poi il “brand noto in tutto il pianeta” è Starbucks e il “piccolo incidente” è chiedere agli irlandesi quanto sono fieri di essere britannici, il fatto assume tutti i contorni tipici di un epicfail con i fiocchi.

Cosa è successo? Presto detto. Nel pomeriggio del 5 giugno sull’account Twitter di Starbucks Irlanda, compare questo tweet:

Il tweet fa parte di una campagna promozionale della nota catena di caffetterie, lanciata in occasione dei festeggiamenti per il diamond jubilee della Regina Elisabetta. Peccato che, per distrazione o per un tragico errore, quel tweet sia finito sull’account sbagliato, quello irlandese. E non bisogna essere del posto per sapere che dare dell’inglese a un irlandese è la versione sotto steroidi del dare del pisano a un livornese.

“Forza, diteci perché siete fieri di essere British”: ecco cosa è improvvisamente comparso sulle timeline di oltre 2.000 follower irlandesi del colosso del caffè. I quali, ovviamente, non l’hanno presa troppo bene:

Qualcuno riesce anche a farci dell’ironia

(In questo momento qualcuno a Starbucks Irlanda vorrebbe avere una versione Twitter del coso pulisci memoria di Men In Black…)

… altri non resistono a lanciare una battutina velenosa all’indirizzo della famiglia reale britannica…

(Cosa vinciamo se vi mostriamo quanto siamo fieri di essere irlandesi? Per caso il vostro capo delle PR è il Principe Filippo, Duca di Edimburgo?)

… qualcun altro ancora si offende e minaccia il solito boicottaggio:

(IE sta per Irlanda, aspetto le scuse prima di rimettere piede in uno di vostri negozi!)

 Finalmente, tre ore più tardi, l’admin di StarbucksIE si accorge dell’errore e posta un tweet di scuse:

(Abbiamo postato per errore sulla nostra pagina Twitter irlandese, pensando di farlo solo di quella del Regni Unito. Clienti in Irlanda: ci dispiace.)

A questo primo tweet di scuse è seguito un comunicato ufficiale da parte dell’azienda, che recita:

“Per prima cosa vogliamo scusarci con i nostri clienti irlandesi per l’errore commesso su Twitter questo pomeriggio. Il tweet, che sarebbe dovuto essere spedito esclusivamente ai nostri follower inglesi come parte dei festeggiamenti per il diamond jubilee, è stato pubblicato per errore sulla nostra pagina Twitter irlandese. Ci scusiamo con tutti i nostri clienti e follower in Irlanda e ci auguriamo che ci possano perdonare”.

Scuse ineccepibili, non c’è che dire. Però ormai il danno era fatto e l’incidente ha tenuto banco per ore nei Trending Topic d’oltremanica.

Si potrebbe discutere per ore sul fatto che quando si fanno le cose bisogna stare attenti, specialmente su Twitter dove tutto va alla velocità della luce, ma non ci poterebbe da nessuna parte: se fossimo sempre tutti perfettamente concentrati, avremmo trovato già da tempo un altro modo per chiamare gli “errori di distrazione”.

Ma un utente si è fatto una domanda:

(Quindi l’account irlandese di Twitter è gestito da Regno Unito? Non ha senso!)

 Forse non avrà molto senso, ma è esattamente quello che succede: pensare che le aziende gestiscano i propri account social secondo la logica del chilometro zero è peccare di ingenuità. Sempre più spesso, infatti, le grandi aziende esternalizzano tutta la gestione della propria presenza in Rete, affidandosi a Web Agency che possono avere sede a centinaia di chilometri di distanza, avere decine di altri clienti e che, come abbiamo visto recentemente, possono anche fare casino.

Citando ancora una volta Giovanni Boccia Artieri, Twitter è un luogo dove molti vissuti si incontrano e si scontrano, e dove molto spesso ci si scambia notizie sull’onda di una fortissima carica emozionale. Il tweet di Starbucks ha inavvertitamente toccato una corda profonda, una questione sociale storica e politica aperta da anni. Ed è bastato un banale errore per scoprire il nervo, scatenando una reazione tanto prevedibile quanto dannosa.

Lesson Learned: Spesso esternalizzare la gestione della comunicazione sui social media è l’unica soluzione per un’azienda. Il rischio però è quello di creare, per assurdo, troppa distanza tra il brand e i suoi clienti. Si perde il polso della situazione, rischiando così di non captare in tempo i segnali di crisi o una potenziale figuraccia.

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7 COMMENTS

  1. interessante questo caso. Io mi porrei un’altra domanda, oltre a quella giustamente posta alla fine. più che capire se sia giusto o meno affidare la gestione degli account social ad agenzie esterne, io mi chiederei se non sia la cosa migliore, dare al brand una identità unica. Il brand è uno! e tutta la comunicazione dovrebbe essere centralizzata. -e’ troppo semplicistico pensare di accaparrarsi simpatie, like e followers, postando contenuti rilevanti solo per gli utenti locali. Le aziende, micro o macro, dovrebbero avere il coraggio di darsi un’identità. Ovviamente avere strategie, e studiare a puntino ogni post che possa ledere la sensibilità di una popolazione piuttosto che di un’altra, ma prendersi la responsabilità di comunicare dall’unico profilo aziendale, la propria vicinanza ai festeggiamenti britannici. L’utente Irlandese semplicemente sorvolerebbe il post superficialmente.
    Cercare anche nella comunicazione social, di creare valore. e magari insegnare qualche valore a chi stupidamente potrebbe andar contro ad un post del genere.

  2. Per la cronaca: poi con Luca si ribadiva su Twitter l’importanza di avere una gestione dei social unica e centralizzata, in modo da avere feedback unanimi e “umani” da ogni parte del mondo per avere una reale engaging customer… 🙂

  3. In un mondo che va So(cial)Lo(cal)Mo(bile) ha senso esternalizzare. Certo se la logica è quella di fare promozione va bene. Ma sempre di più la logica è quella di fornire valore. questo significa uscire dalle logiche di corporation ed entrare in quelle di comunità. quindi account locali gestiti da persone del luogo che conoscono l’impresa, dipendenti! A chiacchiere gli americani ce lo spiegano ogni 3×2 nei blog, nei fatti considerano l’Europa una provincia dell’impero e si affidano a web agency che producono un tanto al kilo. SoLoMo è una rivoluzione che travolge anche quelli che fanno solo SoLoMo-washing

    • When the first cuts–$500 billion–were announced in the Affordable Care Act–I pointed out to my mom that if there were a third of Americans receiving treatment under Medicare, that these cuts would amount to around $5,000.00 per recipient.Or, more than what I spend a year covering myself. And, the number of doctors serving Medicare patients would disappear, as the compensation for Medicare dropped below the costs of care.Unless and until, docs were mandated to care for Medicare patients. And the, what quality of care would those patients receive?.

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