Marchiori e il “caso” Volunia: le geniali intuizioni, il team vincente e i problemi delle start up

Non conosco personalmente Massimo Marchiori, e su Volunia, il rivoluzionario “coso” da lui presentato qualche mese fa, non posso avere idee precise, perché, per quanto avessi fatto richiesta fin da subito per registrarmi e provarlo, a tutt’oggi non sono mai riuscita nemmeno a darci un’occhiata.

L’ho chiamato “coso” perché non ho nemmeno capito bene, confesso, come dovrebbe funzionare di preciso. Perché quando lo presentarono ne parlarono come di un “motore di ricerca” che però avrebbe abbinato delle potenzialità da Social Network, ma poi, nella lettera alla stampa inviata da Marchiori stesso, pare di capire che non fosse un motore di ricerca, ma qualcos’altro, che per una come me – che pur non essendo una sprovveduta non è neppure una tecnica del settore – resta piuttosto fumoso.

Quindi non parlerò di Volunia, per mancanza totale di dati sullo stesso, né di Marchiori, perché non lo conosco abbastanza per darne un giudizio personale o professionale. Parlerò invece di un equivoco che mi verrebbe da definire “tutto italiano”, e che da insegnante, anche se mi occupo di tutt’altro, conosco bene: e cioè i problemi delle competenze specifiche e il mito dell’entusiasmo che supplisce ogni cosa.

Noi italiani siamo popolo mediterraneo, quindi pieno di cuore e di entusiasmo, almeno nei luoghi comuni. Luoghi comuni che ci fanno spesso credere che basti l’intelligenza o la genialità del singolo (quando anche non la semplice individuale furbizia) per riuscire nelle imprese. Anzi, ci fanno credere che costruire un’impresa sia un atto eroico e solitario, che Tizio, dotato di genio in un determinato campo, può compiere da solo, di botto, per ispirazione divina.

Se notate, da un po’ di anni, è tutto un dare consigli ai giovani a non cercare più il mitico “posto fisso”, ma a diventare “imprenditori di se stessi”, lasciando intendere che chiunque, basta che abbia qualche buona idea e tanta passione, può diventare da solo un epigono di Steve Jobs o Bill Gates. Massimo Marchiori, che probabilmente nel suo campo specifico professionale sarà bravissimo, mi pare una delle vittime di questa illusione, che è la stessa che rovina in maniera ben peggiore anche tanti altri, non solo nel mondo delle start up.

Un’impresa, sia essa destinata al mondo del web o anche vecchio stile, è invece un insieme di persone, un team. Non è il frutto di un individuo che sa fare bene ogni cosa o ha una singola intuizione geniale, ma di un gruppo di persone, ciascuna delle quali sa fare bene una cosa specifica e trasformare una intuizione geniale in un progetto fattibile. Le competenze manageriali non si improvvisano e non nascono spontaneamente anche se uno è dotato di grande entusiasmo. Jobs, Gates hanno avuto soci e collaboratori, anche se magari meno famosi di loro, senza dei quali non sarebbero riusciti a trasformare le loro idee geniali in aziende di successo.

Cosa sia Volunia non l’ho capito, ma dalla lettera scritta da Marchiori per annunciare il suo abbandono pare evidente che a schiantarsi è stato, in primo luogo, il team: perché Marchiori può essere geniale nell’intuizione, ma questo non vuol dire che poi la sappia trasformare in un progetto imprenditoriale, e perché i suoi soci potranno essere dei draghi della pianificazione finanziaria d’impresa, ma non sembrano esserlo allo stesso modo nel creare un team ben bilanciato, se il loro uomo di punta li molla con gran clamore mediatico ancor prima di essere usciti dalla fase beta.

Internet e la New Economy paiono nell’immaginario collettivo il regno delle personalità spiccate che emergono solitarie, spuntando fuori dal nulla, come dei novelli Prometeo della rete. Ma queste sono le favolette che a posteriori vengono costruite dagli uffici stampa e marketing, dopo che l’azienda, il sito o la start up hanno avuto lo sperato successo.

Nella realtà ogni impresa di successo nasce della necessario incrocio di competenze diverse e da uomini e donne con un medesimo obiettivo che lavorano con affiatamento, perché devono essere pronti a combattere con un “fuori” che molto spesso già di per sé rende loro le cose difficili. Senza questa sintonia di fondo non esiste start up, e il risultato è il medesimo nella New Economy come nella Old: un fallimento in cui volano stracci, e tutti accusano gli altri di aver rovinato una singola intuizione geniale.

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7 COMMENTS

  1. Buongiorno, mi permetto di aggiungere alcune riflessioni al suo articolo. A me pare che l’unico che, in questa faccenda, abbia mancato di professionalità e di competenza sia proprio il prof. Marchiori. Ho letto le sue dichiarazioni alla stampa, e le ho trovate, senza entrare nel merito dei contenuti di cui non ho evidenza oggettiva, lesive degli interessi della società e del progetto Volunia. E questo, credo, strida abbastanza con il mandato che un Consigliere di Ammnistrazione deve portare avanti nell’interesse della società di cui fa parte. E, a tal titolo, ricordo che Marchiori è un membro del Cda Volunia oltre che socio forte della stessa. Per contro, a me pare che la società Volunia abbia tenuto un corretto atteggiamento istituzionale, emettendo un comunicato in cui rimanda le proprie valutazioni proprio in osservanza ai naturali e corretti meccanismi di governance societaria che il consiegliere citato ha, al contrario, svilito con le sue dichiarazioni pubbliche.
    Saluti

    • @Giovanni, qui mi sembra si prendano fischi per fiaschi: il prof. Marchiori, geniaccio riconosciuto di Internet, ha un’idea, e trova ci gliela finanzia, fondando Volunia. L’imprenditore finanziatore (Pireddu mi sembra si chiami) vuole però il controllo della società, gli snatura il suo progetto interferendo anche dal lato tecnico, e alla fine lo butta fuori (vedi articolo su Wired: Marchiori non ha lasciato ma è stato buttato fuori!!!): e tu dai la colpa al povero prof magnificando la Società Volunia (cioè il Pireddu, anche se il progetto era di Marchiori)?
      A me sembra una porcata bella e buona… e se fossi stato in Marchiori mi sarei arrabbiato ben di più…
      Nel complesso, è una storia da far rizzare i capelli per quanto riguarda fare innovazione in Italia…

      • @L. Benini. Ma guarda che e’ normalissimo che un finanziatore metta delle persone di sua fiducia e provata competenza all’interno di una startup.

        Nel caso di Volunia, mi sembra che Pireddu abbia investito nella societa’ circa 3 milioni. Ci mancherebbe anche che avesse ceduto il controllo a Marchiori, che tra l’altro si e’ dedicato part-time al progetto, perche’ il suo impiego a tempo pieno e’ all’universita’ di Padova.

        Poi, il progetto e’ partito piu’ di 3 anni fa, e le entrate finora sono state pari a zero. Anche il piu’ paziente degli investitori avrebbe messo in discussione le idee iniziali di Marchiori, in una situazione simile.

      • @Alex, forse ti sfugge che non basta metterci i soldi per portare avanti un progetto. Le competenze tecniche con i soldi c’entrano poco: o ce le hai o non ce le hai; se non ce le hai deleghi qualcun altro e tu ti occupi di quello che sai fare (cioè della parte imprenditoriale dal momento che sei il finanziatore). E poi che razza di entrate vuoi avere fino a quando il progetto non vede la luce???

  2. Mariangela, bell’articolo, centri perfettamente il punto, una ditta è una somma di competenze che devono essere armonicamente bilanciate 🙂 I singoli da soli purtroppo non bastano. E c’è da dire che negli USA da tempo hanno capito che l’organizzazione, il mettere le persone in grado di rendere al meglio, è componente cruciale per avere successo.

    Su Volunia di per sè, penso avrà successo se piace, queste polemiche bene o male gli stanno facendo un sacco di pubblicità (io neanche la conoscevo prima…!) quindi partono già da una posizione molto fortunata.

    Riguardo alla storia specifica di Marchiori, concordo col post precedente: cacciare Marchiori dal suo progetto, dopo averglielo pure cambiato, è stata una porcata, sia dal lato umano che da quello imprenditoriale. Spero che il prof abbia la forza di riprovarci con qualche altra idea, senza scappare dall’Italia.

  3. Questa storia di Marchiori mi sembra un déjà vu… nel lontano “1985 Wozniak lasciò Apple Computer per cambiare attività; Jobs a sua volta entrò in rotta di collisione con John Sculley, l’amministratore delegato che egli stesso aveva nominato. Jobs uscí dalla Apple e, all’età di trent’anni, decise di ripartire da capo, fondando una nuova compagnia, la NeXT Computer, con l’obiettivo di avviare una nuova rivoluzione tecnologica….”
    La storia continua e tutti sappiamo come è finita.

    SJ di sicuro, e si legge anche nelle sue biografie, ha lasciato a malincuore, era a pezzi, distrutto! buttato fuori dalla quella che era sua creatura. Ma ha saputo trarre da quel “fallimento” una grossa, importante lezione di vita imprenditoriale: credere fortemente in un progetto, farlo amare ed essere il trait d’union del team.
    A Marchiori auguro altrettanta “fortuna”; lui stesso dice che di idee ne ha pieni i cassetti. Lui non deve temere; ha le idee, troverà altri finanziatori ma soprattutto deve sapersi portare dietro il valore dell’esperienza che ha ricevuto con questo episodio.
    Largo alle idee ovunque siano, mettiamo il cuore nel nostro lavoro: il successo arriverà.

  4. Buonasera, replico cortesemente alla sua replica. Guardi, vediamola così: lei da per assodata e veritiera l’intera ricostruzione dei fatti enunciata dal professore. Io ritengo che sarebbe opportuno concedere un diritto di replica alle altre persone coinvolte. In ogni caso, dentro le società esistono regole, sancite da contratti che si chiamano accordi statutari, così come il codice civile mi sembra spieghi in maniera molto chiara quali siano gli obblighi e le resposnabilità di un ammnistratore. Nel caso fosse sfuggito, o abilmente stato messo in secondo piano, il professore è ancora amministratore nonchè socio di Volunia.Premesso tutto ciò, la mia opinione resta che il professore ha tenuto un comportamento inaccettabile. Saluti

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