L’Italia innova sempre meno – 36esima a livello mondiale

L’Italia innova sempre meno ed il Paese perde posizioni rispetto alle economie più dinamiche. La conferma arriva dallo studio “Global innovation Index”, realizzato dalla business school INSEAD e dall’OMPI, l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale.

L’Italia si classifica 36esima, cedendo una posizione rispetto all’anno precedente e perdendo terreno nella maggioranza dei sotto-indici stilati. La tendenza generale in Europa è chiara, l’area mediterranea (Italia, Spagna, Grecia) e il Portogallo perdono posizioni a vantaggio di paesi entrati più di recente nell’Unione Europea, come Malta (16°).

La scarsa innovazione nel paese è dovuta, nello specifico, a diversi fattori: l’Italia sconta ad esempio, un ambiente d’affari (Business environment) poco capace di promuovere l’innovazione, classificandosi in questo sotto-indice 55esima. L’Italia è addirittura 99esima per quanto riguarda la facilità con cui si pagano le tasse (indice di livello inferiore utilizzato per creare quello relativo al Business environment), e non è semplice neanche dar vita a nuove iniziative economiche (53°).

Nell’indice complesso relativo alle Istituzioni (che comprende Political environment, Regulatory environment, Business environment e i relativi indici di livello inferiore) il Paese risulta 36esimo, come nell’indice generale relativo all’innovazione; ma con alcune sorprese e molte conferme. Innanzitutto l’Italia risulta, senza sorprese, 52esima in quanto a libertà di stampa ed in generale il contesto politico non è dei migliori, risultando al di sotto dell’indice globale (44°). Migliori i risultati per il contesto normativo (30°), grazie soprattutto alla prima posizione ottenuta per quanto riguarda i costi di licenziamento, notizia positiva per le aziende che contrasta una diffusa credenza. Il sotto-indice in questione sconta, però, la performance negativa per quanto riguarda lo Stato di Diritto (49°).

Qualche sorpresa la riserva l’indice relativo allo stato delle Infrastrutture, in cui l’Italia risulta 22esima, grazie soprattutto agli ottimi risultati (4°) del sotto-indice inerente la sostenibilità ambientale. Lo stato delle Information & Communication Technologies è, però, quello peggiore (41°), soprattutto a causa dei cattivi risultati ottenuti in quanto ad E-government (48°) e partecipazione in rete (55°).

Molto peggiori i risultati per quanto riguarda la ricerca e il capitale umano (41°), la  creatività (Creative outputs, 45°) e la sofisticazione del mercato (Market sophistication, 59°). Questo terzo macro-indice sconta particolarmente il pessimo stato del settore creditizio (54°), con una performance particolarmente negativa dell’indice relativo alla facilità di ottenere finanziamenti (88°). Ed è scarso anche il livello di investimenti (62°), con l’indice di livello inferiore riguardante la capitalizzazione sui mercati finanziari, che ci vede all’88esimo posto.

Per quanto riguarda la creatività sono pessimi i risultati inerenti la creazione di beni intangibili, per cui l’Italia risulta al 115esimo posto; con indici di livello inferiore particolarmente negativi. Il paese risulta, infatti, 70esimo per sviluppo di trademark, 88esimo per l’impatto delle ICT sulla creazione di nuovi modelli di business, e 107esimo in quanto ad impatto delle ICT sullo sviluppo di nuovi modelli organizzativi.

Maggiormente positivi i risultati inerenti lo sviluppo di beni e servizi creativi (17°) e la creatività online (29°), con un andamento particolarmente positivo per quanto riguarda l’esportazione di prodotti e servizi creativi per cui il paese risulta 11esimo.

L’Italia ottiene posizioni migliori, inoltre, per quanto riguarda gli indici complessi relativi a Business sophistication e alla creazione di conoscenza e tecnologia, in entrambi i casi risulta 35esima; nonostante risultati molto negativi in alcuni degli indici di livello inferiore. Particolarmente negativa, per quanto riguarda il primo indice composto, la situazione degli investimenti stranieri nel paese (123°) e di conseguenza la quantità di brevetti sviluppati anche grazie a questi investimenti (94°). Ugualmente negativo, più in generale, lo stato delle reti di innovazione (Innovation linkages, 90°).

L’Italia complessivamente sembra ottenere risultati peggiori proprio in alcuni dei settori e degli indici centrali per il successo nell’attuale economia della conoscenza. Soprattutto per quanto riguarda il contesto economico, incapace di favorire ed attrarre investimenti e innovazione, e la capacità di sfruttare le ICT per innovare modelli organizzativi e di business.

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