EuroITV, la TV interattiva non si risolve solo con l’ergonomia

Nello studiare la relazione tra una determinata evoluzione tecnologica e i nuovi trend comportamentali è indubbiamente utile mescolare il rigore accademico al pragmatismo delle strategie industriali.

E’ questo l’approccio di EuroITV, la conferenza internazionale sulla televisione interattiva che si è svolta a Berlino qualche giorno fa, e alla quale ho avuto la fortuna di partecipare. Per chi – come chi scrive – passa tutto il tempo a occuparsi di modelli di business e di opportunità di mercato nella OTT-TV è estremamente salutare raccogliere le idee dei migliori ricercatori dei quattro angoli del globo mossi dalla sola volontà di cogliere in anticipo i trend d’uso, testando tutte le possibili soluzioni ai problemi che via via si manifestano.

E’ infatti indubbio che l’immensa mole di nuovi contenuti destinati a sbarcare sugli schermi delle ormai omnipresenti “televisioni connesse”, e le infinite nuove funzionalità permesse dalle nuove interfacce pongano serissimi ostacoli di natura ergonomica. Per nessun utente, nemmeno per il geek che magari starà leggendo questo articolo (figuriamoci per il telespettatore medio) sarà facile barcamenarsi nella miriade di applicazioni di quella che ancora oggi, prudentemente, qualcuno chiama “Internet TV”, e che altro non è che la “nuova TV”:

Ho così potuto assistere con interesse alla kermesse di sondaggi, indagini, user trial e soprattutto alle sperimentazioni di nuove tecnologie tendenti a superare gli ostacoli ergonomici mostrate a Berlino. Potendo registrare, tra le altre cose, che sono in caduta libera le azioni dei “mega telecomandi con tastiera alfanumerica” (che forse pagano lo scotto del provvisorio fallimento dell’operazione Google TV) mentre vanno molto forte i sistemi che permettono di governare il primo schermo comandi vocali o addirittura con gesti a mano libera.

Man mano che si avvicendavano i vari relatori, peraltro, mi stupivo di come quasi tutte le presentazioni si limitassero a proporre studi e soluzioni relativi esclusivamente a questo problema, quello ergonomico, appunto. Tant’è che quando è toccato al sottoscritto proporre un “Industry Talk” tutto incentrato su un problema “a monte”, come quello dello sforzo cognitivo che viene chiesto all’utente prima ancora di aprire un qualsiasi menu, e cioè lo sforzo di dover decidere cosa fare e cosa vedere in TV, ho capito che la mia presentazione – in quel contesto -avrebbe avuto un sapore leggermente provocatorio (e così è stato, come si può ascoltare qui).

Infatti, come già scrissi su queste pagine, non possiamo dare per scontato che l’utente medio, dopo aver volentieri interagito tutto il giorno su schermi che favoriscono l’interattività (quello del computer, quello dello smartphone e adesso anche quello del tablet) in modalità “lean forward”, abbia anche intenzione, una volta svaccato sulla poltrona e con la cena sullo stomaco, di scegliere cosa fare e cosa vedere tra i miliardi di contenuti e applicazioni della “Smart TV”.

E’ la TV, per intenderci, che – una volta connessa – ha il dovere di essere “Smart”. Per l’utente, invece, essere “Smart” davanti al primo schermo, alle nove di sera – ne converrete con me – deve essere una facoltà, non un obbligo. E allora, perché non provare a svolgere un compito molto “Smart” prima che l’utente si svacchi sulla poltrona, cercando di capire per tutto il giorno, grazie ai dati che avrà condiviso su molte piattaforme, che cosa per lui avrà senso fare o vedere a casa, dopo cena?

Ci sono aziende che in settori affini (come Amazon e la stessa Google) hanno costruito le loro fortune su questo approccio, quello di capire “cosa ha senso” per l’utente. La maggioranza dei libri venduti sui vari e-book store non sono il frutto di una ricerca specifica dell’acquirente, ma il risultato della capacità dello store di proporre sulla sua home page i titoli che lui desidera leggere, senza costringerlo a scegliere. Se il “search” trionfa nel regno del “lean forward” (desktop, smartphone, tablet), il discovery” vince sul televisore, che è il regno del “lean back”. E allora facciamo scoprire alle persone le cose giuste, una volta tanto. E poi, solo poi, inizieremo a preoccuparci dei problemi ergonomici, magari a cominciare da quelli generati da un secondo schermo – sempre più prepotentemente un tablet – destinato ad interagire col primo.

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Antonio Pavolini lavora da oltre 15 anni nel settore dei media. Dopo una serie di esperienze nella comunicazione istituzionale, prima in agenzia e poi in azienda, dal 2009 si occupa, nell’ambito della funzione Strategy del Gruppo Telecom Italia, dell’analisi degli scenari e dell’elaborazione delle strategie nella Media Industry. Dal 2011, nell’ambito della funzione Innovazione, si occupa di valutare potenziali partnership con start-up impegnate in progetti di creazione e distribuzione di contenuti multimediali. Esperto delle issues del mercato dell’Information & Communication Technology, svolge docenze e collaborazioni in ambito accademico. Dal 2008, in particolare, è membro del Teaching Committee del Master Universitario in Marketing Management (MUMM) della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma”. Ha inoltre condotto trasmissioni radiofoniche come "Conversational“, in onda su Radio Popolare Roma nel 2010-2011, nel corso della quale ha approfondito l’impatto dei social media nell’economia, nella cultura, nella politica e nella vita quotidiana delle persone.

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