Il database biometrico israeliano, la sicurezza e i diritti civili

La profonda mutazione delle tecnologie di comunicazione ed informazione ha spesso sollevato un aspro dibattito tra sostenitori dell’applicazione di queste tecnologie a fini di sicurezza, anche quando questo comporta notevoli rischi per la privacy; e sostenitori di un idea forte dei diritti individuali, che non necessariamente rifiutano completamente l’utilizzo di queste tecnologie a fini di sicurezza, ma in condizioni di non-violazione eccessiva dei diritti civili, posti a guida della propria azione. Molto spesso sottolineando, inoltre, il rischio di subire cyber attacchi e furti di informazioni, ovvero il rischio intrinseco di collezionare una simile quantità di informazioni sui cittadini in un unico database. La sottrazione di dati sensibili, in questo caso, danneggerebbe sia la sicurezza del paese sia quella di singoli individui, con una violazione aggiuntiva di privacy e diritti civili.

Un dibattito interessante sul tema si sta svolgendo in Israele, intorno alla possibile continuazione di un progetto per istituire un database biometrico centralizzato, collegato a carte d’identità smart, e contenente numerose informazioni sui cittadini. Il progetto nasce da una legge approvata nel 2009. A causa dellle forti pressioni dell’opinione pubblica, il governo all’epoca accetto di sospendere il progetto e di dar vita solamente ad un progetto pilota, che avrebbe dovuto stabilire se fosse realmente necessario costruire un simile sistema informativo e di controllo, ovvero se i vantaggi in termini di sicurezza fossero sufficienti a giustificare i rischi per la privacy e i diritti civili. Il decreto, del Ministro degli Interni, di istituzione del progetto pilota non contiene, però, nessun criterio di valutazione della sperimentazione ormai in corso da due anni.

L’Alta Corte di Giustizia israeliana ha decretato recentemente sulla vicenda, dovendo dare risposta ad una petizione presentata da un gruppo di avvocati per i diritti civili intenzionati a far cessare del tutto il progetto. La petizione era stata presentata da due avvocati Jonathan Klinger e Avner Pinchuk; a nome di diverse associazioni e singole personalità, tra cui: Association for Civil Rights in Israel (ACRI), il Movement for Digital Rights, il professore universitario Karin Nahon (University of Washington e Hebrew University), e l’esperto di sicurezza informatica Doron Ofek.

I tre giudici (Miriam Naor, Isaac Amit e Hanan Melcer) hanno espresso un parre sostanzialmente critico verso il database, ma non hanno chiuso l’intero progetto. Hanno, al contrario, stabilito che dovranno essere determinati criteri adeguati per la valutazione della fase di sperimentazione. La sentenza richiede sostanzialmente al Ministro dell’Interno di esplicitare gli obiettivi del database e introdurre criteri di valutazione di questi, valutando alternative possibili per ottenere lo stesso risultato con minor danno. I giudici ordinano, inoltre, un valutazione e revisione esterna del progetto.

Sostanzialmente una sorta di sentenza non definitiva sulla tematica, che preserva il diritto dei sostenitori dei diritti civili di presentare una nuova petizione sulla vicenda e in un contesto in cui i giudici hanno chiarito di considerare il database proposto una misura ‘estrema’ e ‘dannosa’. Ovvero la petizione è stata ritenuta prematura, dopo che il rappresentante del governo ha accettato le condizioni di revisione del progetto della corte. I giudici hanno in sostanza rimandato la decisione definitiva a quando, tramite i nuovi criteri di valutazione e l’analisi delle possibili alternative, sarà possibile una decisione e un dibattito maggiormente informato.

Il clima dell’opinione pubblica, al momento, non sembra, in ogni caso, troppo favorevole all’iniziativa. Ad Ottobre dello scorso anno, è stata scoperta una massiccia violazione dei database dello stato Israeliano. I dati su 9 milioni di cittadini, viventi e non, sono stati pubblicati in rete, grazie ad un violazione dell’anagrafe avvenuta nel 2006. Vicenda che ha, probabilmente, incrementato l’opposizione al database biometrico.

Database biometrici simili sono in corso di sviluppo in diversi paesi del mondo e nuovi progetti nascono con la diffusione delle tecnologie e il sempre minor costo necessario a gestire grosse quantità di dati. Il dibattito sulla tematica continuerà ad essere centrale e a condizionare l’evoluzione delle tecnologie e la mutazione della società nel suo insieme.

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