Quesito per la Susi: è arrivata la Morte dei Passatempi?

Devo fare una confessione: tutte le volte in cui ho preso in giro gli articoli che avevano per titolo “La morte di X” (la morte della radio, la morte dei blog, la morte addirittura del Web per colpa delle App eccetera eccetera), quasi sempre era per la profonda invidia non avere l’occasione di iniziare IO un pezzo con “La morte” di qualcosa. Ma oggi, forse, ho l’occasione di una vita.

L’occasione me la offre questo simpatico spot della Settimana Enigmistica, in cui si vede un tizio la cui attività cerebrale si interrompe, salvo l’intervento esterno di una provvidenziale manina riattivatrice: la settimana enigmistica, ovviamente.

Ci sono un po’ di riflessioni da fare su questa iniziativa pubblicitaria. La rivista che vanta oltre 109 tentativi di imitazione, infatti, già da qualche anno (forse perché è l’unica che se lo può permettere) si produce in brillanti comparsate televisive, anche nella costosissima prima serata. Ma se una volta l’obiettivo sembrava soprattutto quello di trovare nuovi lettori in una fascia d’età più giovane, oggi è ben più esplicito il tentativo di affrontare un problema di ben più ampia portata, che potremmo chiamare “la coda lunga del tempo libero”.

Oggi, infatti, il tempo libero propriamente inteso (quello in cui “dobbiamo trovare il modo di passare il tempo”) per una crescente massa di persone non esiste più. Non ci sono più nelle nostre giornate solo – per dirla con Chris Anderson – “i blockbuster” (il lavoro, la scuola,  l’attività sportiva, la vita in famiglia) inframezzati dai cosiddetti “tempi morti”. No, perché grazie agli (o per colpa degli) smartphone abbiamo trovato il modo di dare una dimensione sociale anche al più minuscolo interstizio della nostra giornata, con gesti che hanno l’effetto di riorientare o “colorare” anche le parti “piene” della nostra giornata.

Se prendiamo l’ascensore dell’ufficio, per dirne una, possiamo dedicare quell’istante di attesa alla soddisfazione di una nostra aspettative, come ad esempio capire che effetto ha avuto qualcosa che abbiamo pubblicato poco fa su qualche bacheca elettronica. Se lo vediamo in chiave apocalittica, può davvero sembrare uno stretto parente di quel “Mondo Nuovo” di Huxley che profetizzava un futuro in cui non avremmo avuto nemmeno bisogno del terrore orwelliano per dare la minima valenza reale, e quindi in definitiva politica, alle nostre azioni. Ma non voglio essere così catastrofista.

Chi ha davvero ragione di preoccuparsi, evidentemente, sono proprio i “produttori di passatempi”, vale a dire di prodotti che nascono col preciso intento di dare un senso a un momento della nostra vita in cui non avremmo nient’altro da fare. Indipendentemente dal “tenere sveglia la mente”, come cerca di fare l’enigmistica classica, o dalla precisa volontà di “spegnerla del tutto” come – e questo è un parere personale, non me ne vogliano gli appassionati di puzzle – per decenni hanno fatto alla Ravensburger con uno dei modelli di business più efficienti della storia dell’uomo contemporaneo.

Ovviamente una giornata sempre più affollata di brevissimi impulsi neuronali e gratificazioni immediate, di cortissimo respiro (il “like” all’aforisma dell’amico, il check in su foursquare ma anche il castello che crolla al livello 19 di Angry Birds) predispone alla perfezione una serata completamente passiva, e sono anni che la TV lineare sta provando a trarre qualche vantaggio da questa tendenza. Ma se il primo schermo presidia ancora il suo regno tradizionale, vale a dire il soggiorno di casa, le riviste di enigmistica sembrano aver subito lo sfratto esecutivo dal loro storico dominio: il gabinetto, ormai governato da cellulari e tablet.

E allora cosa rimane, nella nostra vita, come T.M.A. (ci provo: “Tempo Morto Assoluto”)? Forse solo quei brevi minuti del decollo e dell’atterraggio, quando sui voli di linea ogni dispositivo elettronico deve essere rigorosamente spento, e rimaniamo condannati a leggere le tristi riviste delle sempre meno scintillanti compagnie aeree, visto che ci hanno tolto i quotidiani dalla cabina. Ed ecco un posto dove mi aspetto presto di ritrovare, in versione patinatissima, la “Settimana Enigmistica”.

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Antonio Pavolini lavora da oltre 15 anni nel settore dei media. Dopo una serie di esperienze nella comunicazione istituzionale, prima in agenzia e poi in azienda, dal 2009 si occupa, nell’ambito della funzione Strategy del Gruppo Telecom Italia, dell’analisi degli scenari e dell’elaborazione delle strategie nella Media Industry. Dal 2011, nell’ambito della funzione Innovazione, si occupa di valutare potenziali partnership con start-up impegnate in progetti di creazione e distribuzione di contenuti multimediali. Esperto delle issues del mercato dell’Information & Communication Technology, svolge docenze e collaborazioni in ambito accademico. Dal 2008, in particolare, è membro del Teaching Committee del Master Universitario in Marketing Management (MUMM) della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma”. Ha inoltre condotto trasmissioni radiofoniche come "Conversational“, in onda su Radio Popolare Roma nel 2010-2011, nel corso della quale ha approfondito l’impatto dei social media nell’economia, nella cultura, nella politica e nella vita quotidiana delle persone.

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