Facebook: i click dicono poco sull’efficacia delle campagne

Facebook si prepara a presentare agli inserzionisti pubblicitari  un nuovo studio, sperando di respingere le critiche rispetto alla presunta bassa efficacia della propria offerta.

Il popolare social network, sostanzialmente, si unisce al coro crescente di critiche verso l’utilizzo dei click come strumento di misurazione dell’efficacia di una campagna promozionale in rete. Lo fa con uno studio, realizzato in collaborazione con Datalogix, che analizza la correlazione tra i dati di vendita nei negozi fisici e le impressioni generate da annunci sulla piattaforma.

La società ritiene che soprattutto i grossi brand dovrebbero utilizzare metriche diverse dai click, visto che, stando alle anticipazioni sulla ricerca rilasciate da Brad Smallwood, responsabile Facebook per le misurazioni, meno dell’1% delle vendite nei negozi fisici connessi a campagne pubblicitarie nel social network, proviene da persone che hanno cliccato sugli annunci. I click non sarebbero in grado di dir nulla su “ che accade nei negozi alimentari, nelle concessionarie automobilistiche o nel caffé locale.”

Il manager ha spiegato che i click possono essere rilevanti per specifiche iniziative di advertising, come quelle legate a all’e-commerce, ma molto meno per analizzare i risultati ottenuti da campagne focalizzate su brand o di grandi aziende.

I grandi brand, secondo  Smallwood, focalizzandosi maggiormente sulla frequenza di impressioni generate da un annuncio possono ottimizzare i propri investimenti, evitando esposizioni eccessive o di mancare il target selezionato; le campagne attuali, infatti, non raggiungerebbero neanche la metà del target prescelto. Focalizzandosi maggiormente su aspetti come questi e non sui click, i brand potrebbero ottenere campagne l’88% più efficaci, secondo Facebook, con un miglioramento fino al 70% della redditività del capitale investito (ROI).

La ricerca effettuata da Facebook e Datalogix non ha mancato di suscitare polemiche. Da una parte si è sottolineato che uno studio effettuato su 50 campagne pubblicitarie è difficilmente generalizzabile, dall’altra i grossi rischi per la privacy di una simile ricerca.

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