Se il tuo contenuto è in pubblico allora è anche mio

Caro brand/azienda/editore,

copiare il mio post sul tuo sito/blog, appropriarti di una mia immagine, imitare il mio tweet perché segnali contenuti interessanti non migliora la tua awareness, peggiora la tua reputation.

La sintesi è questa, ma partiamo dall’inizio.

È capitato a me così come a molte altre persone di trovare un post del proprio blog copiato per intero su siti di aggregazione – come è capitato a lei –, un’immagine strappata dal proprio spazio Flickr per impreziosire un contenuto – come è capitato a lei – o uno status particolarmente brillante – o anche no – venire riutilizzato su Twitter da qualcuno – come è capitato a lui. Nel mare magnum del web sociale può capitare anche senza malizia. Solitamente si scrive all’interessato, il copista, diciamo, e gli si chiede di rimuovere il contenuto o di citare la fonte ecc. Poi ci sono persone che ti rispondono che:

se lo avevo messo online, dovevo anche aspettarmelo, e dovevo pure essere felice di essere copiata, perché significava che apprezzava i miei lavori. 

C’è una sottile linea che non possiamo permetterci di superare da utenti della Rete, quella linea che ci rende consapevoli che il fatto che un contenuto sia in pubblico non significa che sia pubblicabile ovunque e ad ogni condizione. Che il principio di proprietà non è transitivo perché il web è sociale. Che ci sono forme che consentono di associare citazione a proprietà del contenuto, come lo sharing, e strumenti che permettono di gestire la visibilità autoriale, come Storify.

E se questa è una lezione che dobbiamo imparare da utenti della Rete, questa diventa anche una forma educativa per le imprese e le organizzazioni che decidono di risiedere anche online e che non possono non comprendere. Se no capitano cose così:

Un rivenditore online di cellulari ha copiato IDENTICA sul suo sito una recensione originale scritta appositamente per un mio sito web, senza citarne nemmeno la fonte!

Oppure così:

la Redazione di [quotidiano locale] ha copiato senza permesso il mio articolo, dalla prima all’ultima parola, ma senza citare il mio nome o quello di questo sito e senza nemmeno includere un link al mio articolo originale.

Non importa  quanto grande o noto sia chi fa un uso di questo tipo dei nostri contenuti: se sei una piccola impresa o un giovane quotidiano sappi che la tua reputazione si costruisce nella capacità di vivere un ambiente attraverso un’etica della comunicazione di cui devi farti per primo promotore.

Il fatto è che la crescita di disponibilità pubblica di contenuti online veicolati da blog e siti di social network ci mette sempre più a confronto con il tema della circolazione di questi e dell’uso che può essere fatto con il loro trasferimento da un contesto ad un altro. Abbiamo bisogno di professionalità che se ne occupano. E se sei un brand, un’azienda o un editore c’è un modo giusto per farlo ed uno sbagliato. Il confine fra la curation e la copia è sottile.

Il valore aggiunto sta invece proprio nella capacità di trattare questi contenuti attraverso un’attività di “curatela” che consiste nel filtrare, selezionare e trattare editorialmente il continuo flusso informativo che troviamo sul web al fine di una diffusione e riproposizione delle informazioni in un modo che le renda fresche ed attuali, interessanti e rilevanti per  specifici mercati e target. Si tratta di saper individuare quei contenuti che hanno un alto livello di qualità e di reputazione online e trattarli in modo organizzato così da mettere a fuoco un particolare punto di vista su un tema che può essere anche diverso da quello espresso dai singoli contenuti. Ci troviamo così di fronte ad una doppia valorizzazione: dei contenuti e di quelle realtà che sono capaci di trattarli e rimetterli in circolazione sotto una prospettiva editoriale adatta ai propri pubblici.

In questo senso i brand o le realtà editoriali possono sperimentare tra le loro attività la forma di curation in modo da costruire ambienti conversazionali ed informativi che arricchiscono la loro posizione online e la reputazione proponendosi ai propri pubblici come selettori (rispetto alla mole di stimoli presenti online) e come guide interpretative capaci di dare senso ad una comunicazione che si fa dispersa tra ambienti diversi e che necessita di costruire connessioni.

La comunicazione di un brand, ad esempio, nel suo posizionarsi online passa anche da questa forma strategica che è capace di raccontare l’ethos dell’impresa senza necessariamente trattare le caratteristiche ergonomiche del prodotto: le marche sono mondi di senso e il sentire comune che può costruire con la propria comunità di consumatori passa anche da questo.

Esiste un modo etico di abitare la comunicazione in Rete fatto di rispetto nel trattamento dei contenuti degli altri, anche di quei contenuti che sono in creative commons. La linea potrà essere sottile ma la capacità che un brand o un editore hanno di prendersi cura di questa linea sono quelli che nel lungo periodo creeranno una loro reputazione nell’abitare online. Il resto sarà anche awareness, ma da queste parti non ci crediamo tanto.

Credit: questo post è in debito con questa conversazione su Twitter

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1 COMMENT

  1. Perfettamente daccordo, molto spsso inserisco semplicemente un link con una mia postilla di commento, in qualche modo “faccio pubblicità” ma non mi approprio mai di scritti altrui come fossero miei, è offensivo per se stessi e per l’altro, mentre promuovere e citare, aggiungere link, può solo far piacere all’autore.

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