L’innovazione si è fermata alle Regole Tecniche

Per la legislazione Italiana non rappresenta una novità il fatto che i decreti attuativi delle norme si facciano attendere oltre il dovuto e il necessario. E qualche volta i decreti non vengono proprio fatti.

Nel caso del decreto legislativo 30 dicembre 2012, n. 235 correttivo del decreto 7 marzo 2012, n. 82 recante il ben noto “Codice dell’amministrazione digitale” – CAD il caso dei decreti mancati si ripete ponendo non pochi problemi ad un mercato in cerca di nuove possibilità di innovazione. Ma andiamo con ordine.

Se nel CAD enumeriamo i rinvii a regole tecniche e ad altri provvedimenti contiamo almeno per una cinquantina di volte. Nel 90% dei casi si tratta di regole da emettere ai sensi dell’articolo 71 del CAD e quindi complesse da gestire perché oltre la scrittura fisica viene richiesta la concertazione con un serie di Amministrazioni, il parere della Conferenza Unificata e quello del Garante per la protezione dei dati personali. Poi in base alle regole comunitarie il testo deve essere notificato alla Commissione affinché quest’ultima ne valuti gli impatti sul cosiddetto mercato interno.

Sintetizzando si può dire che a essere efficienti e scattanti, sono necessari almeno sei mesi per produrre anche cose molto semplici. Lo stesso CAD indica dei limiti temporali per la produzione delle Regole Tecniche.

L’insieme delle più importanti, relative alla dematerializzazione, alle sottoscrizioni informatiche e alla nuova posta elettronica certificata (PEC), sono state prodotte con il coordinamento di DigitPA (oggi Agenzia per l’Italia Digitale) in tempi rispettosi del crono programma previsto. Quelle sulle sottoscrizioni (due decreti) e sulla nuova PEC sono anche tornate con successo e senza modifiche dall’UE a metà maggio 2012 ma la loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non appare imminente. Addirittura le regole sulla dematerializzazione languono in qualche ufficio della PA che non è dato di conoscere (in verità lo sappiamo benissimo ma non vogliamo mettere nessuno sotto accusa).

In tempi di proclamata innovazione e richiesta efficienza alla PA questi fatti lasciano indignati e stupiti. Infatti se è possibile, con fatica, accettare il fatto che si lavori in stretta sequenza temporale (le regole tecniche potevano essere elaborate anche alcuni mesi prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del CAD perché questo ormai era stato congelato in un testo sostanzialmente definitivo) non è comprensibile l’infinito protrarsi di discussioni con le amministrazioni concertanti che porta a superare i tempi previsti di almeno nove mesi.

Questa situazione ha delle conseguenze chiare e immediate:

  • nella PA il nuovo CAD non esiste perché privo dei decreti attuativi;

  • nel privato talvolta si opera senza tenere conto delle norme tecniche per non bloccare esigenze innovative tese alla riduzione dei costi;

  • sempre nel privato si bloccano investimenti a causa della costante incertezza normativa su temi cruciali come quello dell’innovazione ICT.

Qualche esempio può essere utile. Le nuove norme sulla dematerializzazione fanno ordine e modernizzano i temi della gestione documentale, della conservazione digitale e del protocollo informatico, essendo quest’ultimo cruciale per la trasparenza nella PA. Le regole sulle sottoscrizioni informatiche sono cruciali per l’avvicinamento ai cittadini, grazie ad alcune semplificazioni introdotte dal legislatore che consentono l’utilizzo di sottoscrizioni grafometriche ovvero elettroniche ma identiche nella manualità a quelle che apponiamo con la penna sulla carta. Altre regole sono indispensabili per una migliore gestione delle identità digitali come è per la nuova PEC.

Attendiamo con pazienza la pubblicazione di queste regole ma è certamente il caso di richiedere alla PA un comportamento più efficiente e trasparente. In particolare il singolo provvedimento dovrebbe essere reso trasparente con la sua pubblicazione in rete a intervalli regolari e in coordinamento con versioni consolidate dello stesso. Spesso nei testi si trovano delle regole poco chiare, scritte da mani inesperte e ancora più spesso soggette a interpretazioni che nel mondo reale poi divengono talvolta bizzarre.

Bisogna riconoscere a DigitPA (oggi Agenzia per l’Italia Digitale) il merito di aver agito in modo molto trasparente per quanto sotto il suo diretto controllo. Ma perso il controllo del testo a causa delle concertazioni accade sempre che il testo “buono” presenta differenze anche significative sul testo pubblicato in rete.

I tempi di pubblicazione dovrebbero essere “perentori” con un responsabile della “governance” del processo. In caso di ritardo tale responsabile dovrebbe dare evidenza dei motivi e pubblicizzare la cosa. Ma sappiamo che questo non avverrà.

Perché la PA opera a compartimenti separati, le singole organizzazioni ridiscutono dall’inizio questioni già consolidate e approvate in sedi parallele e così via. Al momento continuiamo ad avere tantissima carta, tantissima burocrazia, bellissimi portali con scarsa usabilità e utilità e tantissimi, troppi annunci. Chi si occupa di governo elettronico da quando il termine non era stato coniato è abituato a essere tenace, ostinato e nonostante tutto ottimista.

Arriveremo a collegarci a Internet identificandoci con un documento elettronico, chiederemo lo svolgimento di una pratica amministrativa ricevendo in cambio un numero di protocollo e un tempo certo di attuazione. Allo scadere sul nostro cellulare arriverà la notifica di provvedimento completato e ricollegandoci al sito competente (meglio uno solo che uno per amministrazione) potremo accedere alla nostra documentazione e alle nostre pratiche aggiornate.

Rimanete connessi per gli aggiornamenti e per iniezioni di ottimismo.

PS: DigitPA (ente soppresso e oggi denominato Agenzia per l’Italia Digitale) organismo in perenne riorganizzazione dalla chiusura dell’Autorità per l’Informatica nella PA ha rispettato tutti gli obiettivi temporali. Sugli elenchi PEC, sulle bozze di regole tecniche e sulle Linee Guida relative alla continuità operativa. Chi si occupa di governance per il governo elettronico potrebbe tenerne conto per l’organizzazione delle future regole tecniche.

Se le imprese avessero dei tempi di reazione come quelli della PA (salvo alcuni casi particolari) sarebbero fallite anche senza la crisi. Rullo di tamburi ! Sipario !

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5 COMMENTS

  1. Mi pare saggio ed in gran parte ovvio completare le azioni innovative già intraprese, piuttosto che infarcire il nostro Paese di nuove leggi che poi necessitano di ulteriori regolamenti.
    L’esempio del CAD, esposto da Giovanni Manca e’ certo il piu’ eclatante, in quanto esso rappresenta un passo fondamentale per la cultura della digitalizzazione nella PA e non solo.
    Questo testo e’ di riferimento anche per le aziende private sui temi delle diverse firme elttroniche, che portano sviluppo e crescita, nonche’ innalzano significamente la cultura digitale nei cittadini, nelle imprese e nella PA.
    Questi ritardi sono semplicemente ingisutificabili e sono indice dell’enorme poetnziale inespresso di questo Paese in tema di innovazione.

  2. Mi accontenterei di molto meno che di una pur giusta critica del sistema.
    Ad esempio che il network di area metropolitana potesse in qualche modo realizzarsi, almeno nella sua ossatura, in tempi certi.

    Sembrerebbe possibile farlo solo commissariando Telecom e Metroweb Fastweb, ma sembra che per questo ne manchino proprio i presupposti.

    Perdonatemi l’ironia. Spero non sia troppo fuor di luogo.

    Ma dove dovrebbero viaggiare i dati, che non siano solo quelli della finora inutile Pec?

  3. Mi sento solo di aggiungere all’ottimo articolo un commento alla chiosa:
    “Se le imprese avessero dei tempi di reazione come quelli della PA (salvo alcuni casi particolari) sarebbero fallite anche senza la crisi”
    Le imprese private, quando non onorano gli impegni, in genere devono pagare delle penali. Lo stesso dovrebbe accadere a chi è responsabile di un processo che produce ritardi ingiustificati.

  4. Giovanni Manca conosce perfettamente le questioni che rallentano la macchina dell’innovazione nella PA avendo partecipato anche al progetto della firma digitale in AIPA, poi CNIPA e ora DigitPA. E nel team c’era anche l’ottimo prof. Terranova (ero studente quando lui era assistente alla Sapienza).
    Le migliori menti dell’ex CNIPA, grazie anche all’ultimo governo di Silvio, oggi sono tutte a spasso a fare i consulenti, e la PA arranca, e con lei l’industria informatica.
    È verissimo: il CAD fa riferimento a regole tecniche che non ci sono e ai ministri non rimane che “contare balle” in tema di dematerializzazione. Come ad esempio la recente favola della pagella elettronica che ha “lo stesso valore legale di quella cartacea” di cui ai commi 27 e seguenti dell’art. 7 del DL n. 95/2012.
    Potrei dire ben altro ma mi fermo qui e non mi firmo perché sono ancora un dipendente pubblico, anche se con i tempi che corrono non si sa ancora per quanto …

  5. Scusate ma non riesco proprio a stare zitto. Prima ho citato il professore, padre della normativa tecnica sulla firma digitale e che adesso è responsabile indovinate di cosa? Del progetto del “ponte digitale sullo stretto di Messina”. Una volta il cimitero degli elefanti si chiamava “staff del Direttore Generale” … il risultato era lo stesso ma almeno non suscitava l’ilarità degli astanti. Certamente passare dall’inutile teoria della crittografia a chiavi asimmetrica (del resto serve soltanto a rendere sicure le transazioni bancarie) a cose più concrete come collegare in Intenet i pesci spada che transitano nello Stretto sarà stata una soddisfazione. Vi giuro, non conosco nessuno più volenteroso, competente e serio di lui … ma ultimamente l’unica cosa che si è dematerializzata è la materia grigia dei nostri politici. Saranno stati i troppi festini e bunga bunga ?

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