Il problema della privacy su Facebook siamo noi

In pratica, un’epidemia. Nel giro di due giorni le bacheche di Fb di contatti e conoscenti si sono riempite di un “Avviso” dai toni stentorei: siccome con un non meglio identificato accordo il “Ministero degli Interni” avrebbe stretto con Facebook un patto per spiare i profili degli utenti, gli utenti venivano invitati a copincollare sulle loro bacheche una roboante diffida in cui si intimava alle “spie” di non usare il materiale presente per eventuali dossier sul proprietario.

Che fosse una bufala plateale ci voleva poco a capirlo: più che la conoscenza della rete, bastava un minimo esercizio di buon senso. Anche ammesso che Facebook abbia davvero accordi (li ha, con la Polizia Italiana, per esempio) per concedere alle Autorità l’accesso ai dati dei suoi utenti, i casi sono due: o l’accesso ai suddetti, quando non siano pubblici, viene concesso, almeno in Italia, perché esiste una autorizzazione di un Magistrato – nel qual caso l’eventuale “diffida” dell’utente è acqua fresca – oppure chi cerca di controllare i dati (fosse pure un appartenente alle Forze dell’Ordine) lo fa in maniera illegale, e allora la “diffida” dell’utente è lo stesso acqua fresca, perché è come appendere sulla porta di casa un cartello che dice: “I ladri non devono entrare qua dentro”.

Al di là dei problemi specifici legati ad indagini in corso e al perseguimento di eventuali reati, però, quello che stupisce nella reazione di molti utenti è l’ingenuità con cui si muovono e postano sui Social. Molti sembrano essere totalmente inconsci ed inconsapevoli del fatto che

  1. hanno affidato i loro dati personali ad una azienda privata, la quale li raccoglie per trarne profitto e poi li vende a terzi;
  2. che comunque, anche chi ha impostato l’account alla massima sicurezza per concedere la lettura solo a pochi e fidati contatti non può mai essere sicuro che ciò che posta resti confinato a quella cerchia;
  3. che qualsiasi informazione o informazione immessa, anche la più innocente, può essere travisata, mal interpretata, essere usata come base per ragionamenti cervellotici da parte di terzi, e quindi, in pratica, può essere fonte di guai.

Il problema della privacy su Facebook, ma anche su tutti gli altri social, è che, molto semplicemente, la privacy, sui social, non esiste. Anche se noi lucchettiamo l’account e non permettiamo a nessuno di condividere status e fotografie, di taggarci o di condividere geolocalizzazioni, fare uno screenshot e diffonderlo su altri account, anche a nostra insaputa, è facilissimo, alla portata di un bambino (letteralmente: voi genitori non avete idea di cosa sono in grado di fare bimbi di sei/sette anni in rete!). La pia illusione che se io permetto di leggere la mia bacheca solo a pochi fidati amici sono al sicuro è appunto una illusione, e straordinariamente pia: fra i pochi ci sarà sempre qualcuno che, anche se non screeenshotta, di sicuro ne parla da altri suoi amici, che magari noi non conosciamo, e si apre così una catena di S.Antonio su cui l’utente iniziale non ha alcun controllo.

Chi sta su Facebook deve tenere conto che è sempre in pubblico. Il pubblico può essere magari molto ridotto, ma c’è in ogni caso. E come ogni pubblico si diverte, dopo aver assistito allo spettacolo, a commentarlo con gli amici, parlarne, alla volte farne anche riassunti bizzarri e poco veritieri, travisando completamente i contenuti.

Quindi è bene sì informarsi su cosa si è firmato quando si è sottoscritto il contratto per l’account dei vari social. Ma è soprattutto necessario tenere conto e ricordarsi che quando si è su di un social si è come sulla piazza del paese e si parla a voce alta: anche se noi stiamo discorrendo con i nostri amici, è sempre possibile che qualcuno, là vicino, senta la nostra conversazione, la riferisca e la diffonda. Per cui, prima di postare diffide cervellotiche sull’account per intimare a chi legge di non diffondere le informazioni contenute in esso, chiediamo sempre, prima di postarle, se vogliamo che divengano pubbliche. Perché una volta postate, ricordatevelo, pubbliche lo sono già.

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