La gran parte degli utenti di Twitter segue almeno un giornalista, anche perchè il mondo dell’informazione è stato tra i primi a sfruttare le potenzialità di questo social media. Non solo i giornalisti sono una delle categorie più presenti su Twitter, ma è sempre più frequente leggere hashtag e nomi utente nella firma di articoli o nei “sottopancia” dei TG.
Ma cosa succede se il giornalista cambia testata? Che fine fanno i suoi followers?
Partiamo da una considerazione banale: l’account è di chi lo registra, in quanto il profilo sui Social Media viene aperto stipulando un vero e proprio contratto con il fornitore del servizio (c.d. “contratto di social networking”).
Di conseguenza, se l’account è creato dall’azienda e promosso e controllato dalla società, anche se è gestito dal collaboratore come parte delle proprie mansioni lavorative, non v’è dubbio che ne sia titolare l’azienda. Viceversa, se è aperto dal singolo, non è controllato dal datore di lavoro, non viene utilizzato per rappresentare le opinioni della società, ne è chiaramente titolare il collaboratore.
Naturalmente, al fine di evitare contenzioso (e danni d’immagine), sono sempre più le aziende che nella propria Social Media Policy decidono di disciplinare anche l’uso che il proprio dipendente/collaboratore fa dell’account personale, specialmente con riferimento a tutti i possibili punti di contatto con l’attività lavorativa.
Dell’opportunità di affrontare questo tema nella Social Media Policy ho parlato in un video realizzato nell’ambito della rubrica “Law&Social” di e-Lex.
Buona visione!
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