Antonella Ambriola: “I consumer sono più innovativi delle aziende”

Antonella Ambriola è Chief Technical Officer di 3 Italia.

Riccioli salentini e dna da start upper. Antonella Ambriola, Chief Technical Officer di 3 Italia, ha fatto delle scelte “irrazionali” la sua cifra distintiva.
Si propose alla Omnitel degli albori, e la lasciò quando era diventata forte (e si chiamava Vodafone) per andare in 3, che allora contava venti persone.
E a sentirla parlare, viene quasi il dubbio che nonostante il percorso fatto e un frangente storico non certo facile, si appassionerebbe con lo stesso entusiasmo a nuove avventure anche oggi.

Durante la presentazione dell’Lte ad Acuto (Frosinone) è stata molto chiara nello spiegare una tecnologia sconosciuta ai più.

In quell’occasione sapevo di avere dei bambini davanti (al lancio partecipavano amministrazione e scuola del luogo, ndr), e dovevo farmi capire. Ho una figlia di otto anni e mezzo e sono piuttosto abituata a trovare spiegazioni comprensibili. L’anno scorso, quando abbiamo fatto la gara per le frequenza e sua madre, cioè io, è scomparsa per un mese, le ho spiegato che stavamo comprando un pezzo di cielo che poi avremmo usato per telefonare e comunicare in maniera sempre più veloce.

Carino! E come racconterebbe il suo lavoro a chi non “mastica” la materia?

Per sintetizzare potrei dire che tutto quello che funziona o non funziona sul telefono, è colpa mia. La mia responsabilità concerne tutto l’ambito tecnologico dell’azienda: rete, sistemi informativi e terminali. Quindi dalle antenne alle centrali telefoniche -con tutto quello che c’è in mezzo – all’It, in termini di sistemi a supporto dell’azienda sia verso interno, che verso l’esterno. Call center, negozi, logistica, gestione telefoni e di tutti i vari prodotti in commercio. Adesso tablet, ma tra un po’ anche un’altra serie di oggetti che saranno collegati con noi, come le macchine fotografiche. Insomma tutto quello che riguarda il machine to machine.

Non le manca certo il da fare. Quale ritiene che siano gli snodi fondamentali della sua
carriera?

Dopo la Laurea in Matematica all’Università di Lecce, la mia città, ho ottenuto una borsa di studio al Cnr di Pisa, ma la prima occupazione è stata in Olivetti – quella storica, quella di Adriano – nel gruppo di Ricerca e Sviluppo. Mi occupavo delle prime elaborazioni di immagini, e ti assicuro che all’epoca vederne una sullo schermo di un computer era cosa tutt’altro che banale. Quando mio marito ricevette un’opportunità di lavoro negli States lo seguii. Feci la moglie, in quel caso, e poi trovai un’occupazione al campus americano, dove trascorsi un periodo incredibile. Tornata in Italia, mandai un cv ad Omnitel, che in quegli anni – 1994 – stava nascendo.

Un attimo: ecco il punto. E’ entrata in Omnitel ai suoi albori, e poi la stessa cosa ha fatto con
3: passione per le start up?

Mi piace rimettermi in gioco abbastanza spesso e veder nascere e crescere un progetto, così come il fatto che nella fase iniziale c’è molta poca politica, e molta azione. Uso una frase che disse Francesco Caio in Omnitel: “Tra due anni difficilmente vedrò le vostre stesse facce in un riunione.
Le persone delle start up hanno un dna differente dagli altri”. Sono d’accordo, anche perché il
ricambio è molto importante, una volta che si entra a regime.

Quanto ha pagato “3” la diffidenza che le persone riservano agli ultimi arrivati?

All’inizio si fa molta fatica, perché si parte con l’handicap di costruzione della rete, che dà l’idea di poca stabilità, tra le altre cose. Noi siamo piccoli, ma un’azienda seria, e copriamo il 92% della popolazione. Abbiamo sempre puntato ad essere innovativi sul mercato, e così come siamo stati i primi ad avere una rete a 42 Mb, ora ci presentiamo con l’lte alla stregua degli altri. Proviamo a giocare sempre carte diverse, lavoriamo molto in out sourcing, usando modelli non certo scontati.
Mettere l’innovazione al servizio della quotidianità e della qualità. Lo abbiamo fatto con un
custode care, organizzato in gruppi, o per fare un altro esempio, con il primo portale che era molto simile a quello dell’Apple Store.

Donne e Ict: lei ne sa sicuramente qualcosa. Esistono differenze di genere?

Il mio è un ambiente frequentato da molti uomini, anche se le cose stanno cambiando sempre di più. Recentemente ho visitato una nota azienda coreana, dove hanno iniziato ad assumere molte donne in ruoli chiave, il che è una bella trasformazione, se conti che tempo fa alle donne non veniva neanche rivolta parola direttamente. Quando ti presentavi con un uomo parlavano con lui, anche se magari era un tuo collaboratore. Hanno capito che le abbiamo una predisposizione per le “soft skills”, il business dei processi, l’organizzazione del lavoro.

Cos’è secondo lei l’innovazione? Non crede che alle volte sia un termine ancora troppo distante, nella pratica, dalla vita quotidiana della maggior parte delle persone?

Credo che i consumer abbiano capito l’innovazione molto prima di tante aziende, e che sia più
tecnologica casa loro di quanto non lo siano molte realtà produttive italiane. L’innovazione va
messa a disposizione della quotidianità e usata per migliorare il modo di lavorare.

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