La Francia attacca Skype: “rispetti gli obblighi degli operatori tlc”

Skype è una compagnia telefonica o solo un fornitore di servizi Internet? Questa domanda, apparentemente di pura forma, è in questi giorni al centro di una diatriba tra la nota applicazione per chiamare via web e l’Autorità francese delle telecomunicazioni (Arcep), che vorrebbe imporle l’obbligo di registrarsi come operatore telefonico e soprattutto di rispettare gli obblighi connessi.

In concreto, scrive l’Arcep in una nota, ciò che propone Skype “costituisce una fornitura di un servizio telefonico al pubblico“, cosa che in Francia richiede “una dichiarazione preliminare” e impone certi doveri. Come quello di far passare sulle sue linee le chiamate di emergenza, che al momento non si possono effettuare dai sistemi Voice-over-Internet come Skype, e soprattutto quello di consentire che le proprie conversazioni siano intercettabili dalle forze dell’ordine, come lo sono quelle effettuate sulle linee telefoniche classiche. Su questo ultimo punto, le autorità transalpine sono particolarmente insistenti, dato che in una fase di elevata allerta antiterrorismo le intercettazioni sono considerate uno strumento chiave per individuare individui potenzialmente pericolosi.

Skype, e la sua casa madre Microsoft, non sono però d’accordo con l’interpretazione dell’Authority francese. “Non si tratta di un provider di servizi di comunicazione elettronica ai sensi della legge francese”, dichiara l’azienda americana in una nota, aggiungendo di essere intenzionata a “continuare a lavorare con l’Arcep in modo costruttivo“. Ma facendo intendere di non aver alcuna intenzione di apportare modifiche al suo status e a rinunciare all’indipendenza che questo garantisce al proprio sistema di chiamata, facendone lo strumento preferito dei movimenti di opposizione, come quelli che diedero vita alle prime scintille della primavera araba in Tunisia ed Egitto.

Sullo sfondo di questo scontro con le Authority, c’è però una diatriba più profonda, che oppone i provider di servizi come Skype e le aziende che gestiscono le infrastrutture di telecomunicazione e le reti Internet: le seconde accusano le prime di approfittare dei loro servizi per fornire i loro, ma senza mai condividere i profitti. Conflitto che era già salito agli onori delle cronache qualche mese fa, quando il provider Free aveva incluso nelle sue ultime ‘box’ per la connessione Internet un’applicazione che eliminava automaticamente alcuni messaggi pubblicitari, forniti da Google.

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