Privacy, bufale e il complesso di Facebook Grande Fratello cattivo

L’altro giorno, aprendo la mia bacheca di Facebook, sono sobbalzata, perché mi sono ritrovata in timeline una decina di post copincollati da contatti che dicevano, all’incirca: “A tutti i miei contatti, gentilmente chiedo: con i cambiamenti FB ora si leggono e si condividono cose su persone che non hai nei tuoi contatti. Solo perché un contatto dei nostri mette un commento o mette un “mi piace” amici di amici lo vedono. Non voglio che le persone che non sono tra i miei contatti possano leggere e vedere tutti i miei commenti e ciò che mi riguarda. Ma non posso cambiarlo da solo, perché facebook è configurato in questo modo. Così per favore chiedo di mettere il mouse sul mio nome (senza cliccare), si apre una finestra, metti il mouse sopra “Amici” (senza cliccare), poi clicca su “impostazioni” e appare una lista. Clicca su “commenti e mi piace” e rimuovi la crocetta, così la mia attività tra i miei amici e la mia famiglia non diventa di pubblico dominio. Molte grazie! Quando lo avete fatto copincollate il post perché altrimenti sarò costretto/a a depennarvi dagli amici.”

Di questo messaggio esistono un paio di versioni leggermente diverse, scritte in italiano più o meno intellegibile. Si tratta di una evidentissima bufala, e per controllarla sarebbe bastato andare sulla propria pagina di impostazioni di Facebook, o anche semplicemente googlare “privacy facebook impostazioni” per trovare decine di post che spiegavano che si trattava di una scemenza. Non ho mai capito chi diffonda questi meme su Fb o per quale scopo (Forse monitorare il numero di gonzi che ci cascano?). Ma, proprio perché l’ho visto comparire su bacheche di conoscenti che non sono proprio draghi dei social network però sono comunque persone informate e non stupide, ad un paio di loro, dopo averli rassicurati che si trattava di una bufala, ho chiesto perché l’avessero condivisa senza neppure controllare se il procedimento suggerito fosse poi realmente fattibile (nel senso che, cliccando sul nome dell’amico, non compare alcuna finestra strutturata o lista da cui si possa spuntare la casella con i commenti, come sostenuto nelle istruzioni).

Le risposte sono state: “Non ho controllato.”, “Ho pensato che fosse meglio diffonderla nel dubbio”, “Non ho guardato se era fattibile”, “Mi sembrava verosimile”.

Più che per una decisione razionale, hanno reagito di pancia e di istinto, non fidandosi di Facebook, visto come un Moloch maligno che a) cambia le impostazioni agli utenti senza avvertire nemmeno; b) permette la diffusione di dati personali a terzi senza preoccuparsene; c) imposta il sito in maniera che l’utente sia totalmente in balia delle decisioni dei suoi contatti e non possa bloccare da solo quello che gli è sgradito.

Ora, se è vero che qualche volta in passato Facebook ha cambiato diverse cose sui profili personali degli utenti senza avvertire, è anche vero che le condizioni di privacy e le impostazioni sono spiegate molto chiaramente, e, per giunta, anche solo un po’ di buon senso basta a capire che se io scrivo sulla mia bacheca lucchettata nessuno, se non vi ha accesso, vede quello che posto, mentre se vado a scrivere o mettere like su pagine personali o aziendali non lucchettate altrui la mia attività è pubblica e leggibile da tutti, e in ciò non vi è alcuna violazione della privacy da parte di Facebook, ma al massimo, leggerezza o vera e propria cretineria da parte mia. Equivale infatti a stupirsi se la suocera si infuria con noi dopo che in piena piazza del paese, gridando ai quattro venti, le abbiamo dato della vecchia incretinita.

Vi è però nell’utente medio di Facebook una tendenza a considerare “cattivo” il mezzo che usa, e a caricarlo, nell’inconscio, di responsabilità che non ha: come se ogni dato che noi stessi divulghiamo per incoscienza o scarsa perizia fosse stato invece estorto con la frode. L’utente medio di Facebook ha il complesso della verginella: nella sua mente è un povero Cappuccetto Rosso indifeso e incolpevole che viene traviato ed ingannato dal Lupo. Pretende inoltre dal mezzo garanzie persino maggiori di quelle che pretenderebbe nella realtà: se mette i like su pagine aperte, vorrebbe che essi rimanessero in qualche modo invisibili o non tracciabili, anche se a quel punto non se ne capirebbe la funzione (il like o il commento servono proprio perché pubblici, in quanto sono l’affermazione pubblica di un gusto personale oppure una presa di posizione in un dibattito).Una mancanza di assunzione di responsabilità personale che tende a scaricare a priori o sul mezzo (è colpa di Facebook se tutti sono venuti a sapere del mio commento cretino, non mia che non ho pensato quanto fosse cretino prima di scriverlo), oppure su una generica entità come la lista degli “amici” (ritengo responsabili voi se le vostre impostazioni di privacy non sono uguali alle mie e altri che non conosco leggono quanto scrivo) la colpa di quello che faccio io. Che è poi l’equivalente della società quando dà la colpa genericamente a “internet” della maleducazione o della violazione delle norme della privacy, senza rendersi conto che è vero che su internet è più facile recuperare notizie e dati o dichiarazioni, ma è anche vero che quelle notizie, dati o dichiarazioni molto spesso li abbiamo messi in rete proprio noi. La deresponsabilizzazione di se stessi va di pari passo con la convinzione che Facebook in questo caso o la rete di per sé siano un posto sostanzialmente privo di regole, dove l’utente è in balia del capriccio e non è mai tutelato come vorrebbe; il che, per altro, spinge alcuni ad accettare con fatalismo totale le azioni reali illegali e dall’altro, invece di informarsi sui diritti veri dell’utente, porta a diffondere con leggerezza questi appelli inconcludenti ed inutili, quando non dannosi, invece di fare l’unica operazione logica se non ti piace quel tipo di servizio, ovvero cancellarsi.

Il problema della tutela della privacy sui social ancora una volta appare più legato alla mancata consapevolezza e formazione degli utenti piuttosto che a mancanza di regole o malafede da parte dei gestori dei servizi. Se non sai dove posti le tue cose non puoi pretendere che siano gli altri a diventare custode della tua privacy, dopo che tu stesso la violi.

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1 COMMENT

  1. Rimango allibito dal tono utilizzato nell’affrontare una tematica così delicata. Non sarebbe meglio lasciare questi argomenti agli esperti del settore. Un saluto da Silvio Passalacqua di hoax.it webmaster di un sito specializzato nell’argomento.
    La prossima volta cerca di usare più tatto nella stesura dell’articolo utilizza termini meno pungenti. Non è il caso di utilizzare termini come “scemenza, gonzi che ci cascano, facebook Moloch maligno, il complesso della verginella ” ed altri.

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