Apple rischia sanzioni per violazione della legge antitrust

Apple è oggi al centro di un fuoco incrociato tra governo degli Stati Uniti ed altri trentatré stati federali che da ieri hanno intrapreso una campagna per sollecitare dure sanzioni e restrizioni nei confronti dell’azienda di Cupertino. Il motivo sono le accuse mosse all’Apple per aver promosso, assieme ad alcune major dell’editoria statunitense, un trust finalizzato all’aumento dei prezzi degli e-book. Le sanzioni per evitare altre violazioni della legge antitrust da parte della Apple si rifanno alle accuse mosse dal Giudice distrettuale di New York Denise Cote, il 10 Luglio 2013, in base alle quali Apple ha avuto “un ruolo centrale” nell’accordo con altri cinque editori statunitensi per l’aumento dei pressi degli e-book.

Il processo, recentemente giunto ad un passaggio cruciale, si riferisce ad accordi che l’azienda di Cupertino avrebbe segretamente siglato con le cinque major dell’editoria tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010; contestualmente al lancio dell’iPad. Attraverso questa rete di accordi con gli editori i prezzi degli e-book sarebbero lievitati dai 9,99 dollari solitamente pagati da Amazon, fino ai 12,99 dollari e addirittura i 14,99 dollari per e-book.

Ora le proposte di sanzione avanzate dal Dipartimento di Giustizia e da numerosi stati federali mirano a limitare l’azione di Apple non solo nel settore degli e-book, ma anche nella negoziazione e nell’acquisto di contenuti quali film, musica e spettacoli televisivi; oltre a forti vincoli operativi per la società che gestisce l’Apple Store. Secondo molti analisti, se le richieste governative dovessero passare, il danno vero per l’azienda di Cupertino non sarebbe però legate all’aspetto economico, quanto piuttosto ad un danno d’immagine, se si considera che tra le prove a carico vi sono anche delle e-mail scambiate da Steve Jobs con l’Amministratore delegato. Queste, secondo l’accusa, conterrebbero prove evidenti della volontà di promuovere l’accordo in violazione della legge antitrust.

Nella prossima udienza prevista per il 9 Agosto, il Giudice distrettuale Denise Cote valuterà le proposte di sanzione avanzate dai vari stati federali e dal Dipartimento di giustizia, le misure correttive adottate da Apple, ed in fine una possibile multa per violazione della legge antitrust. Intanto l’Apple ha replicato con toni aspri alla possibilità di nuovi vincoli governativi facendo sapere, in una nota al tribunale, che ritiene i provvedimenti proposti dai trentatré stati federali e dal Dipartimento di giustizia “un’intrusione draconiana e punitiva” nelle sue attività. Un danno per i consumatori e la concorrenza mediante un atto “selvaggiamente sproporzionato“. L’Apple si è inoltre difesa evidenziando che la sua quota di mercato è limitata e vincolata al settore digitale degli e-book, che rispetto al 65% del mercato editoriale detenuto da Amazon, la sua posizione non le consente di fare danno e di violare così pesantemente le leggi antitrust.

In ogni caso, se fossero accolte le sanzioni proposte dai vari organi governativi, alla Apple sarebbe innanzitutto vietato per cinque anni di stipulare accordi con le case editrici con le quali ha concorso a violare la legge antitrust (tra queste: HarperCollins del gruppo News Corp, la Simon & Schuster del gruppo CBS e la Hachette Book Group).

Inoltre, il rischio più grande sarebbe quello di non poter concludere accordi con i fornitori di film, musica e tv-show per la fruizione su iPad e iPhone. In fine, le autorità federali chiedono che per due anni Apple sia costretta a rendere più facile ai consumatori la comparazione tra i prezzi dei propri e-book, e quelli di altri competitor quali Amazon e Barnes & Noble, inserendo link diretti ai loro portali all’interno delle proprie applicazioni per iPad e iPhone. Ciò comporterebbe un enorme rafforzamento di Amazon nel settore degli e-book, ed in generale sul mercato Usa dell’editoria, danneggiando maggiormente secondo alcuni analisti le condizioni di libero mercato. Intanto gli editori coinvolti hanno già stabilito di pagare un risarcimento a favore dei consumatori pari a 166 milioni di dollari, ma non hanno ammesso ufficialmente alcuna violazione.

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