WSD – Mamma

Confesso di avere una preoccupazione quasi materna nei confronti dei makers. Lo confesso a ridosso dell’imminente Maker Faire di Roma, alla quale, ovviamente, andrò.
Ma, per una volta, ci andrò indossando i panni della madre apprensiva.

padre-figlio2La ragione della mia preoccupazione è di natura squisitamente educativa e, immancabilmente, rivolta alle mancanze dell’altro genitore.
Immaginatemi in cucina, con la stessa portata emotiva della mamma descritta dal giovane e (allora) ironico Philip Roth nel “Lamento di Portnoy”.
Sono lì e vi faccio questa domanda: non è che, per caso, l’entusiasmo espresso da tanti “padri” verso makers e startupper -un entusiasmo fondamentale per farli crescere sereni e con un buon livello di autostima, d’accordo… -, stia trascurando colpevolmente di tenere in considerazione un po’di severità, altrettanto formativa per un figlio?
Chiarisco le mie ansie e ricordo che ho una serie di case histories, come tutte le madri: su tutte, per farla breve, una. I dati sulle start up che sopravvivono al primo o al secondo anno di vita, impensierirebbero anche un genitore degenere.
Quindi: qualcosa non va.
Probabilmente non sono i modelli di business a mancare -si sa, ci sono gli “angels” a dare una mano ai nostri figli digiuni di business plan, è un po’ come mandarli dal prof a prendere ripetizioni.
Probabilmente c’è dell’altro.
Al netto di milioni di prototipi Arduino-diretti, di stampanti 3D con le quali esprimere la Metafisica, di strumenti musicali che si suonano con il pensiero, di biciclette che si pedalano con lo sguardo, di specchi per ascoltare la musica, la domanda è: c’è qualcuno che si stia occupando di insegnare come si tratta un cliente, come si scrive una mail, come si presenta un’azienda e, soprattutto, come la si tiene in piedi?
O, per farla semplice: c’è qualcuno che si stia occupando di spiegare a un’ intera generazione che dopo lo “start up” o c’è l’andare avanti o il c’è il fermarsi?
Mi rendo conto che è brutale.
Ma è nei doveri di un genitore.
Il compito di esercitare un po’ di severità spetta, da che mondo e mondo, ai padri. Quindi, lo facciano. E lo facciano ora, non domani. Sempre che anche loro non credano di vivere in uno sturtuppismo eterno. Perché, allora, guardate, non solo saremmo di fronte a una versione nemmeno troppo occulta della Sindrome di Peter Pan, ma avremmo anche un serio problema di Responsabilità individuale. E questo, solo perché oggi non ho voglia di scomodare Freud. Vado a fare i biscotti.

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