C’era una volta (o forse ci sarà) un Digital Inclusion Champion

E’ possibile pensare a un Digital Champion come a un Digital Inclusion Champion? Senza voler esaurire le possibilità che una tale idea può suggerire, TechAbility@work si cimenta nell’aprire questo varco ipotizzando le dimensioni d’attenzione che una Digital Inclusion Championship potrebbe aprire nel territorio dell’Unione. Da ben oltre un decennio la Commissione Europea ha fatto propria la prospettiva della “society for all” per lo sviluppo di una società della conoscenza basata sulla più ampia partecipazione di ogni cittadino grazie anche ad un ICT inclusivo, competente, accessibile, performante, oggi diremmo anche “social, hub” che tramite il digitale si apra alle plurali opportunità di fruirne i contenuti e i servizi.

digital-inclusionE dunque cosa potrebbe cambiare nel momento in cui a guidare idee, proposte e azioni di un DC sia il complesso paradigma digitale arricchito della più ampia visione della e-inclusion? Potrebbe essere una strategia innovativa che consente la piena realizzazione della Società dell’Informazione per tutti?

Eccoci ad aprire una pagina per ora puramente ideale che inizia con “C’era una volta un Digital Inclusion Champion”…

Era il 2006 quando a conclusione della conferenza ministeriale “ICT for an inclusive society” di Riga in Lettonia, l’Europa ribadiva la propria chiara posizione sull’argomento: “Fare dell’Unione Europea l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, basata su sostenibilità, occupazione e inclusione sociale. In questo quadro l’e-inclusion è destinata a divenire una dimensione costitutiva delle politiche UE”. Suonava come un auspicio. Oggi appare un miraggio. Il 2010 era visto come il giro di boa dopo il quale la “Society for all” sarebbe divenuta prassi organizzativa della vita sociale, istituzionale, politica, amministrativa degli Stati europei. Parole come e-Accessibility, e-Government, inclusione digitale, partecipazione, superamento del digital divide culturale e infrastrutturale, assistive technologies, economia della conoscenza erano ispiratrici delle direttive della Commissione che invitava gli Stati a farsene carico lanciando iniziative e politiche di e-Inclusion. La “Dichiarazione di Riga” sottolineò dei punti fermi, alcuni da perseguire entro un paio di anni, altri puntati al 2010: traguardi che però vedono ancora dei nastri da tagliare, in parte rivisitati ma di fatto spostati in avanti, ora verso Europa 2020; ma contengono ancora una lungimiranza che richiede sforzi di attuazione prima di guadare altro futuro. E ormai la concretezza è urgente, difficilmente giustificabile il rinviarla.

In dialogo con le tematiche del decennio scorso e guardando alla mission affidata ai Digital champion, TechAbility@work propone otto vie di riflessione attiva su questioni importanti per le persone con disabilità in Italia, da tempo annunciate oppure intraprese e ora ferme ma che invece possono ancora aprire al cambiamento.

Il nostro DC ha subito dichiarato una necessaria innovazione delle infrastrutture: anche in questo tema la disabilità entra pienamente, poiché tecnologie obsolete ostacolano la possibilità di interagire al meglio con quella mole di informazione e servizi mediati dall’ICT, in modo multisensoriale e mutlicanale. Le assistive technologies dialogano con il nuovo (se progettato in modo accessibile) e le persone con disabilità hanno necessità di una Rete performante, dialogante, coerente con le promesse di futuro che può porre. Infrastrutture da innovare sono allora anche le periferiche informatiche presenti nel lavoro (pubblico o privato che sia) e a scuola, all’università: luoghi accomunati dal fatto che le assistive technologies ancora vi entrano con iter  troppo complessi, quasi eccezionali. La disabilità ha bisogno di diventare “ordinaria” e il Digital Inclusion Champion può sostenere questo mutamento anche in Italia, soprattutto coltivando un dialogo e un confronto costanti con l’Europa. E’ evidente allora come politiche apparentemente solo tecnologiche possano promuovere l’empowerment delineando scenari di maggior partecipazione: una banda davvero larga, ad esempio, è uno spazio in cui i dati con più immediatezza e maggiori livelli di interazione riescono a giungere a destinazione, in modalità anche plurisensoriale e riuscendo a permettere un accesso che si coniuga con le autonomie di ognuno e, in definitiva, con lo stesso status di cittadinanza. Una digital inclusion championship dovrebbe aver la forza di supportare tali visioni sostenendo così la maturazione politica di certe tematiche per giungere ad assetti istituzionali e normativi che finalmente consentano una progettualità consueta, “ordinaria” portando a più ampia diffusione le opportunità di un ICT abilitante e superando l’ottica dei progetti pilota a termine.

Digital inclusionIl Digital Inclusion Champion potrebbe ripartire da molti punti, ma di certo sarebbe utile scandagliare ogni documento della Commissione volto a valorizzare gli spazi di promozione consentiti dall’inclusione digitale per ogni cittadino europeo e, fra gli altri, tenere presente la Dichiarazione di Riga, la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2007, la ricca iniziativa europea “e-Inclusion: be part of it” del 2008, ma anche la nostra Legge 4/2004 e la Circolare sull’Accessibilità 61/2013.

Purtroppo, a guardare le “Champions’ priorities for 2014”, definite nell’incontro a Brussels del 25-26 novembre, solo in due hanno nominato l’inclusione e solo uno l’inclusione digitale delle persone con disabilità. Fra loro non c’è il Champion italiano. Investiti di una sorta di “cavalierato digitale”, i DC sono una prospettiva, un supporto, una chiave per aprire altre vie. Così vengono descritti: “They are all creative, motivated and lead innovative projects in ICT education, digital inclusion, access and e-government”. E a loro è lecito chiedere di inaugurare una “tavola rotonda” intorno a ICT e disabilità, “user-citizen oriented” e dunque utile per rinnovare prassi consuete di relazione sociale e istituzionale, economica, politica, lavorativa, produttiva. La Commissione Europea espresse tempo fa tale orientamento: “ICT play an essential role in supporting daily life in today’s digital society. They are used at work, in day-to-day relationships, in dealing with public services as well as in culture, entertainment, leisure and when participating in community and political dialogues. e-Inclusion means both inclusive ICT and the use of ICT to achieve wider inclusion objectives”.

All’indomani del varo di Horizon 2020, nel pieno della “way to Europe 2020” che mira ad una crescita “intelligente, sostenibile e solidale”, a pochi giorni dall’edizione 2013 della Giornata internazionale per le persone con disabilità (3 dicembre), nel pieno dei lavori dei Digital Champion e nel solco dell’Agenda Digitale Europea in particolare guardando al “PILLAR VI” e all’azione 67… cosa accade all’inclusione digitale? Come può significare che “ICT inclusivo” conduca anche all’uso dell’ICT per raggiungere obiettivi di inclusione sempre più ampi? Ad attendere risposte ci sono circa 80 milioni di cittadini con disabilità in tutta Europa.

TechAbility@work propone quindi otto appunti per il Digital Inclusion Champion. L’impatto digitale e reale di tali operazioni sarebbe deflagrante. Ma solo positivo.

  1. Mettere la disabilità nelle priorità del 2014
  2. Inserire l’inclusione digitale nei temi da affrontare e innovare in Italia
  3. Introdurre nell’innovazione delle infrastrutture la realizzazione di un web accessibile e in particolare la piena fruibilità per tutti i servizi on line della pubblica amministrazione
  4. Sostenere la diffusione delle assistive technologies nella scuola, nell’università e nei luoghi di lavoro quali spazi di costruzione delle autonomie dei singoli soggetti
  5. Sollecitare un’attenzione istituzionale permanente sul diritto all’informazione, alla cultura, al lavoro accessibile investendo sull’ICT inclusivo e sul design for all.
  6. Agire perché le istituzioni rivedano la normativa del collocamento lavorativo delle persone con disabilità e consentano alla PA di poter acquisire come dotazione informatica le tecnologie assitive necessarie ai propri dipendenti con disabilità.
  7. Richiamare l’attenzione sulla necessaria revisione del “Nomenclatore tariffario” del Sistema Sanitario Nazionale fermo al 2008 e gravemente carente di aggiornamenti necessari e dell’inserimento degli ausili informatici e di comunicazione.
  8. Lanciare un dibattito sulle “competenze digitali” da formare fin dalla scuola dell’obbligo poiché ogni cittadino di domain è il bambino e il ragazzo di oggi.

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