Justine Sacco, la Questura di Roma e la Rete che non dorme mai

Ultimi giorni del 2013. Le festività natalizie entrano nel vivo. Ma tra shopping dell’ultima ora, partenze e cenoni c’è chi ha trovato il tempo di infilarsi in un gran pasticcio. Di entrambi i casi – completamente diversi tra loro, ma accomunati dal fatto che hanno generato entrambi una notevole eco – se ne è parlato in lungo e in largo e forse vale la pena ripercorrere entrambe le storie, ora che le acque sembrano essersi placate.

La prima storia – ormai diventata virale – è quella di Justine Sacco e del suo tweet sull’AIDS, pubblicato un attimo prima di partire per il Sudafrica. Fino a due settimane fa, Sacco era una delle responsabili della comunicazione online di InterActiveCorp, (IAC) colosso della Rete che possiede alcuni dei siti più trafficati del web: Daily Beast, Vimeo, About.com, Match.com e Ask.com, soltanto per citarne alcuni. Il 20 dicembre, Sacco è a Londra, pronta per imbarcarsi su un volo per Città del Capo. E twitta qualcosa destinato a fare il giro del mondo:

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[Sto andando in Africa. Spero di non prendermi l’AIDS. Sto scherzando. Sono bianca!]

Non bisogna essere manager di una grande società di comunicazione per immaginare quali siano state le conseguenze di un tweet del genere, e quello che è successo dopo questo tweet lo sappiamo tutti: Sacco si imbarca sul suo volo e va offiline per 12 ore. Quando atterra dall’altra parte del mondo scopre di essere diventata un’ex manager della IAC. In quel lasso di tempo il suo tweet è diventato virale, gli hashtag #AIDS e #IAC sorpassano #Christmas nella lista dei trending topic di Twitter e la IAC pubblica un comunicato in cui prende le distanze dallo sciagurato tweet di Justine Sacco, praticamente licenziandola in tronco. Dopo la presa di posizione dell’azienda, diventa virale anche un altro hashtag: #HasJustineLandedYet (“È già atterrata Justine?) in cui si aspetta con una punta di sadismo il momento in cui Sacco apprenderà di aver perso la faccia e il lavoro.

Ma non è tutto: per ingannare l’attesa qualcuno decide di tirare fuori gli scheletri dall’armadio di Sacco, per niente nuova a tweet di questo tenore. Questo qualcuno, nella fattispecie, è Ashley Southall una blogger del New York Times, che – prima che l’account Twitter di Justine Sacco sparisse – si mette a fare l’inventario dei cinguettii peggiori della manager.  Tra questi ci sono un “sogno erotico con un bambino autistico”, alcune considerazioni sull’odore di passeggero tedesco a bordo di un aereo e, addirittura, una riflessione dal sapore profetico: “Posso essere licenziata per quello che dico quando sono sbronza?”

La storia di Justine Sacco finisce come da copione: dopo essere scesa dall’aereo e aver appreso di essere disoccupata, l’ormai ex manager di IAC ha chiuso il proprio account Twitter e si è profusa in scuse per l’offesa arrecata ai cittadini sudafricani, alle persone di colore e a tutti quanti, cogliendo anche l’occasione per sottolineare le proprie origini africane a mo’ di segnale di distensione.

Parlare del Natale è bello ma naturalmente Santa Claus e il cenone passano in secondo piano quando, come una bomba, irrompe in una timeline probabilmente un po’ sonnacchiosa un bel tweet delirant-razzista, che si evolve in tempi da record in una narrazione avvincente costruita dagli stessi utenti, con tanto di colpo di scena e suspense.

Esattamente quello che è successo nel nostro orticello soltanto qualche giorno dopo, nel tardo pomeriggio di Santo Stefano: mentre gran parte degli utenti italiani stava presumibilmente digerendo pranzi e cenoni natalizi, ecco fare la sua comparsa l’ormai famoso tweet della Questura di Roma, che paragona il mettere ordine tra le scartoffie allo sgombero di un campo nomadi.

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Anche in questo caso quello che è successo dopo lo sappiamo tutti: in Rete è esplosa la polemica nonostante il giorno di festa, e le opinioni sull’accaduto si sono trasformate presto in una riflessione non solo su quanto sia semplice incappare nell’errore (perché, in fondo, di questo si tratta: qualcuno alla Questura ha sbagliato account cosa che invece non si può proprio dire rispetto all’affaire Justine Sacco, considerando anche i precedenti), ma anche sul ruolo dei social media nella pubblica amministrazione, nonché sulla tendenza del web a puntare il dito contro questo genere di “scivoloni”. Supportato da motivazioni simili, il tweet della questura di Roma è diventato addirittura oggetto di un’interrogazione parlamentare.

Sarebbe cambiato qualcosa se Justine Sacco e la dipendente della Questura di Roma avessero twittato in un normale giorno lavorativo? Probabilmente no: basti pensare al caso Barilla, esploso in tutto il mondo in un giovedì di fine settembre. Semplicemente, il Web cerca ogni giorno qualcosa di cui parlare, qualcosa che possa generare narrazione (cosa che spesso coincide con la polemica), per poter “ravvivare l’atmosfera”. E lo troverà.

Lesson Learned: Mai pensare che “la gente” sia semplicemente troppo occupata per notare quello che dici e fai sul web, specialmente quando c’è poco altro di cui parlare.

 

 

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