La ricerca “Internet of Things Business Index: A quiet revolution gathers pace“ promossa nel 2013 dall’Economist Intelligence Unit in collaborazione con ARM, ha analizzato il fenomeno dell’Internet of Things interpellando direttamente 779 alti dirigenti aziendali da tutto il mondo: il 29 % dall’Europa, il 29 % dal Nord America, il 30 % in Asia-Pacifico e il restante 12 % dall’America Latina, Medio Oriente e Africa. La ricerca ha voluto indagare il livello di comprensione del fenomeno dell’IoT nelle imprese, lì dove si gioca, e si giocherà, gran parte della partita dell’IoE del futuro. Il quadro che emerge è un mondo del business attualmente “in fase di ricerca”, più propenso ad utilizzare l’Internet delle cose per le operazioni e i processi interni alle organizzazioni.
Nello specifico emerge che l’IoT è al vertice dell’agenda della maggior parte della imprese anche se non tutte concordano suoi suoi obiettivi e campi di applicazione. Ad oggi, rileva lo studio, più di tre quarti delle aziende stanno attivamente esplorando o utilizzando la IoT. La stragrande maggioranza delle imprese leader credere che avrà un significativo impatto sul giro di affari delle loro aziende, ma c’è difformità di opinioni quali saranno realmente. il 40% degli intervistati riconosce l’impatto possibile dell’IoT soprattutto su certi mercati o settori, il 38 % crede che l’Internet delle cose avrà le maggiori ricadute nei mercati e nelle industrie. Un gruppo più piccolo, il 15 %, vede l’IoT davvero rilevante solo per pochi grandi operatori globali.
Secondo la ricerca il grande ottimismo circa l’Internet delle cose non è ancora stato abbinato ad altrettanti investimenti. A tre anni da oggi, quasi tutti gli intervistati (96%) prevedono che impiegheranno l’IoT in modo considerevole nel loro business. Ma per ora gli investimenti restano bassi. Panorama che è destinato a cambiare, in meglio, quando si passerà dalla fase di ricerca a quella di progettazione dal momento che i manager intervistati, il 61%, ritiene che le aziende che non saranno in grado di integrare l’IoT, finiranno per essere superate dalla concorrenza.
Il Business Index, inoltre, rileva la generale preoccupazione dei vertici aziendali per il tema delle “competenze” necessarie per l’IoT. La mancanza di competenze e conoscenze dell’Internet degli oggetti tra dipendenti e management è visto come il più grande ostacolo per adottarlo più estesamente. Per affrontare queste lacune le organizzazioni puntano sulla formazione del personale e sul recruiting di talenti. Altre imprese, invece, investono in consulenti ed esperti di terze parti per costruire conoscenze e identificare insieme business model di successo. Spingere in alto la curva di apprendimento di dirigenti e dipendenti sul tema dell’IoT dovrebbe contribuire a facilitare a superare le difficoltà nell’individuare applicazioni dell’internet degli oggetti per prodotti e servizi.
Le aziende devono imparare a cooperare con i player di tutti i settori, compresi i concorrenti. Governi nazionali e sovranazionali si stanno attivamente interessando allo sviluppo commerciale dell’IoT, incoraggiando norme comuni e progetti di sponsorizzazione per promuovere l’interoperabilità tra le organizzazioni. Dal canto loro le imprese devono essere disposte ad adottare una diversa mentalità: servono reti interconnesse di prodotti e servizi, ma per ora sono pochi i senior che si aspettano che i loro business diventaranno più orientati alla collaborazione con i competitor per effetto dell’IoT.
I consumatori potrebbero presto essere inondati da prodotti e servizi a base di IoT anche se non sempre ne saranno consapevoli. La maggior parte degli intervistati ritiene che i livelli di consapevolezza bassi potrebbero “deprimere” la domanda di prodotti e servizi smart ma, secondo i ricercatori, ciò non dovrebbe rivelarsi un ostacolo importante per le imprese proprio perché l’uso sarà spesso non evidente per il consumatore finale.
Le imprese, d’altra parte, dovrebbero prepararsi ad un’esplosione di dati provenienti dagli oggetti. Sensori e tag sui prodotti genereranno ancora più dati di quelli attualmente disponibili. Molte aziende intervistate si sentono sicure della loro capacità di gestire questa enorme mole di informazioni ma i ricercatori avvisano che precedenti esperienze di immagazzinamento e analisi di “big data” potrebbero portare le imprese a sottovalutare il peso supplementare e le competenze necessarie per individuare nuovi usi di tali dati. Anche la sicurezza dei dati e la privacy saranno suscettibili di crescita soprattutto nelle attenzioni degli utenti.
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