Caro Enrico Letta, sarà la volta buona per un Ministro dell’Innovazione?

Caro Presidente del Consiglio,

anno nuovo, Governo nuovo? Benché sembra che Lei non sia propenso ad un rimpasto di Governo, l’eventualità che ciò accada sono decisamente alte. Necessario per riequilibrare la maggioranza, il tanto discusso rimpasto potrebbe rivelarsi un’opportunità anche per dare uno slancio al digitale nel nostro Paese. Come? Trasformando un problema in un’opportunità, con la creazione di una figura che si occupi – realmente ed a tempo pieno – delle tematiche connesse al digitale.

Certo, in un paese normale quelle del digitale dovrebbero essere competenze diffuse, trasversali ai diversi Ministeri ed ormai consolidate. Tuttavia il Paese che Lei governa – spiace dirlo – per quanto riguarda il digitale è tutt’altro che un paese normale. Ai vertici delle classifiche quanto ad inadempienza degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea, con tassi di analfabetismo digitale ben al di sopra del livello di guardia e una diffusione di infrastrutture di rete che ci pongono tra il Kenia e le Maldive ha abbondantemente dimostrato, negli ultimi anni, che il modello sinora scelto non funziona.

L’Agenzia per l’Italia Digitale è in attesa di uno statuto come Didi e Gogo aspettano Godot e la formula per la sua governance è così complessa da renderla – di fatto – l’ennesimo ente inutile. Francesco Caio è rinchiuso in meditazione con i suoi 12 saggi, ma la possibilità che possa – malgrado le migliori intenzioni – produrre qualcosa di diverso dall’ennesimo working plan (ossia ancora carta) sono a dir poco remote. In tutto questo gestisce una pax armata con Agostino Ragosa combattuta a colpi di datacenter. Insomma, caro Presidente, il tempo passa e non possiamo più permettercelo.

In tutto questo, malgrado i Suoi proclami, Zanonato rischia di mettere una pietra tombale sull’Agenda Digitale italiana con lo stop all’uso dei nuovi fondi europei per lo sviluppo. Alla faccia dei proclami.

Non bastano più né servono a qualcosa Agenzie, task force, branchi di saggi, intenzioni più o meno buone.

  • Serve il coraggio di prendere in mano la situazione e dare un segnale politico forte di attenzione verso i temi del digitale.
  • Serve una funzione di indirizzo e coordinamento che dia una declinazione strategica all’altrimenti inutile agenda digitale italiana.
  • Serve, insomma, una figura istituzionale – espressione del Governo – che si prenda in carico strutturalmente il tema del digitale nel nostro Paese.

Serve tutto questo per non perdere l’ennesimo treno, che non possiamo permetterci di mancare. E benché sia vero che è triste dover ammetter che nel 2014 quella del digitale sia tutt’altro che una competenza diffusa, è necessario un atto di umiltà e realismo per accettare un’amara realtà: se non c’è qualcuno che si occupi davvero del digitale, nessuno supporterà il digitale nel nostro Paese. E chi se ne occuperà deve farlo con cognizione ci causa, perché diversamente – disperdendo le competenze tra ministeri e commissioni – non succederà altro quello che sta già succedendo. WebTax docet.

Insomma: ci vuole qualcuno che si prenda in carico il problema. E non part-time, per riempire un buco tra due incarichi.
Ma chi? Lunghi dall’indicare dei nomi, ci permettiamo di darLe qualche suggerimento sulle caratteristiche che dovrebbe avere, secondo noi, il Ministro (o Sottosegretario) “ideale” per l’Innovazione:

  • Competente. Può sembrare banale e scontato, ma è doveroso sottolinearlo. Serve qualcuno che sappia di cosa parla. In qualsiasi parte del mondo sarebbe superfluo specificarlo, ma – caro Presidente del Consiglio – sarebbe opportuno che il Ministro per l’Innovazione fosse competente in tema di innovazione, e che non fosse qualcuno che, di innovazione, ne parla soltanto. Che di parole, in politica e non solo, su questo tema se ne son dette fin troppe. Servono fatti.
  • Professionista, ma non della politica. In parte è una conseguenza del primo punto (competenza), ma senza voler essere inutilmente duri con i politici, basta una semplice constatazione: sino ad oggi chi viene dalla politica non è riuscito nemmeno lontanamente ad affrontare il problema con competenza. Quindi, se pure è vero che esistono (pur potendoli contare sulle dita di una mano) professionisti della politica che sanno accendere il computer, non scelga tra quelli. Se fossero stati in grado di fare qualcosa, lo avrebbero già fatto. Ci sono molti esperti, vicini alla politica, che non possono esser definiti “politici di professione”. Scelga tra quelli (che la conoscenza delle dinamiche della politica, comunque sia, è indispensabile).
  • Trasversale. C’è poco da fare: per supportare un processo bisogna conoscerlo. E quindi il nostro Ministro (o Sottosegretario) per l’Innovazione dovrà avere una conoscenza trasversale dei problemi che dovrà affrontare. Deve conoscere le Istituzioni, ma anche il mondo dell’Impresa. Deve sapersi muovere tra pubblico e privato declinando gli impatti del digitale in questi due mondi: facendo in prima persona da ponte e promuovendone l’integrazione.
  • Giovane. Visto che ultimamente si fa un gran parlare di quarantenni, non sarebbe certo male se chi dovesse essere chiamato a questo difficile compito avesse meno di cinquant’anni. Anche in questo caso, è vero, ci sono cinquantenni ed ultra-cinquantenni più che preparati, ma se proprio si deve far spazio ai giovani, lo si faccia su questi temi. Peggio di quanto hanno fatto i vecchi senz’altro non potrà fare.
    (NB: Questo dell’età è l’unico dei principi parzialmente derogabili. Nel senso che è meglio un cinquantenne sveglio che un trentenne tonto. Ma che almeno il cinquantenne sia giovanile!)
  • Europeo. Inutile dirlo, la webtax lo dimostra, non si può progettare l’Italia digitale senza uno sguardo attento all’Europa. E per questo è importante che chi dovesse essere chiamato a questo compito, abbia una visione europea dei problemi ed una dimensione internazionale della sua azione. Quanto a vedute, esperienze, competenze, trascorsi, proiezioni. Non possiamo proiettare l’Italia verso un Europa digitale senza che chi lo fa abbia una visione europea.

Caro Enrico Letta, quella del digitale è una sfida difficile, certo. E non sarà facile trovare una persona con tutte le caratteristiche richieste. Tuttavia non è impossibile. Un paio di nomi ci vengono in mente. Non dubitiamo che altrettanti ne verranno a Lei, se dovesse decidere di dedicarsi al problema.

Ma si ricordi che la riforma del nostro Stato, della Pubblica Amministrazione, del sistema fiscale ed il rilancio dell’economia, oggi, passano dal digitale, che è fatto di zero e di uno. Di on ed off. Di acceso e spento. Non spenga le nostre speranze e dia al digitale il giusto ruolo.

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