La “rivoluzione industriale” rappresentata dall’Internet of Everything ammette solo due scenari per il nostro Paese: subirla o giocare un ruolo da protagonista. “Come italiani abbiamo in passato subito l’innovazione di Internet e subiamo ancora un pesante digital divide infrastrutturale e culturale, ma ora con l’IoE possiamo, e dobbiamo, diventare protagonisti”. E’ questa l’opinione di Alberto Degradi, Infrastructure Leader di Cisco Italia, intervistato da TechEconomy.
La chiave è fare “rete”, fare sistema. “Come italiani abbiamo perso l’opportunità di fare rete quando arrivò l’e-commerce” spiega Degradi, forse perché i tempi non erano ancora maturi e la piccola imprenditoria non è stata guidata alla comprensione dei benefici che il commercio elettronici avrebbe potuto portare loro. “Oggi, con l’IoE, abbiamo bisogno più che mai che Governi e associazioni si mettano alla guida di tale cambiamento di approccio e processi. L’Italia non può, per motivi territoriali, costruire città da zero come accade in altri paesi, ma c’è ampio spazio per migliorare l’esistente, per realizzare anche da noi l’esperienza smart che hanno fatto Nizza e Barcellona”. Le potenzialità ci sono tutte e il comparto retailer si sta già muovendo verso l’IoE ancor più che altri settori. “A livello di produzione aziendale l’IoE potrà fare molto per migliorare la performance della produzione stessa, cioè produrre di più con meno sprechi” spiega Degradi.
L’IoE, nella sua connessione di device, dati, persone e processi, impone un completo cambiamento di prospettiva per i singoli, per le imprese e per la Pubblica amministrazione. E a livello delle architetture tecnologiche, cosa accadrà? “L’IoE ha un impatto significativo sulla maggior parte delle architetture e delle tecnologie. Avrà un forte impatto sulle architetture di data center, si pensi alla necessità di analizzare quantità di dati sempre più vaste ed al conseguente ricorso a strumenti come big data o in-memory computing. IoE agirà, infine, anche sulla parte di collaboration”. Ovviamente alcune delle architetture dovranno essere adattate, ed adattarsi all’IoE: pensiamo per esempio, a cosa diventano le tecnologie di accesso, di routing e switching e i sistemi di accesso a file, quando entrano pervasivamente nelle cose e soprattutto negli ambienti industriali, dove le loro caratteristiche dovranno necessariamente cambiare.
Proprio per fronteggiare tali cambiamenti Cisco ha introdotto da tempo il concetto del Fog Computing: “l’evoluzione della sensoristica e delle applicazioni di IoT portano ad avere bisogno di computing storage in modalità distribuita. Ci saranno applicazioni che avranno bisogno di tempi di latenza bassi come ad esempio i sistemi di gestione del traffico e dei semafori. Servono risposte veloci e i dati devono essere processati in prossimità e in tempi rapidi. In altre parole servono computing e storage in modalità flash, in modo tale da fare elaborazioni rapidissime e restituire l’azione nei tempi che servono, il che dà effettivo valore e significato all’applicazione” spiega Degradi. “Storage e computing distribuito fanno quindi parte di architettura Fog Computing, che è un’altra delle variabili tecnologiche dell’IoE”.
In architetture così complesse, e in uno scenario così interconnesso, la minaccia alla sicurezza è uno dei tasti dolenti dell’IoE. Degradi in questo senso non ha dubbi: i rischi ovviamente ci saranno come ci sono oggi, ma bisogna fare un “bilanciamento tra i rischi e benefici: dobbiamo guardare alle tante opportunità dell’IoE e lavorare sui rischi per minimizzarli”. Anche in questo caso è necessario comprendere che l’interesse di chi minaccia la sicurezza non sarà quello di colpire “il singolo sensore di parcheggio, quanto piuttosto danneggiare le reti e i servizi che vi viaggiano. Ed è per questo che Cisco da sempre vede la security non nel senso di mettere “sentinelle” a perimetro, ma dentro i meccanismi per attuare verifiche continue sulla rete per riscontrare anomalie. E a quel punto si agisce di conseguenza”.
La rivoluzione dell’Internet of Everything avrà una portata epocale, per chi saprà vederne i vantaggi e per chi farà i giusti investimenti. Bisogna crederci e andare oltre gli ovvi scetticismi. Eppure, conclude Degradi, “Michael Nelson, docente alla Georgetown University, diceva che cercare di determinare il mercato dell’Internet of Things, e quindi ancora di più dell’IoE, è come cercare di calcolare il mercato della plastica nel 1940. A quel tempo era difficile immaginare che la plastica sarebbe stata ovunque.” E invece oggi, chi potrebbe farne a meno?
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