Di linee e di piani

Definizioni tratte dal “Sabatini Coletti”:
Linea: ente geometrico esteso solo nel senso della lunghezza, descrivibile come la successione delle posizioni assunte da un punto in movimento nello spazio.
Piano: ente geometrico primitivo di uno spazio tridimensionale; è la superficie che contiene interamente una retta passante per due qualsiasi dei suoi punti.
La domanda nasce spontanea, nel lettore: “ma questo Colli Franzone, dove mai vorrà andare a parare?”
Voglio parlare di Agenda Digitale (tanto per cambiare), tentando di evidenziare la situazione paradossale dalla quale non riusciamo a uscire da perlomeno due anni.
Tutto nasce dalla mancanza di un piano.

futureEd è un problema, non avere un piano. E’ un problema anche avere un sacco di linee e non riuscire a collocarle su un piano.
Sto parlando, per chi non lo avesse ancora capito, delle linee guida abbondantemente prodotte dall’Agenzia per l’Italia Digitale in questi ultimi (quasi) due anni di “galleggiamento” nel mare in bonaccia dell’indifferenza della politica rispetto al tema. Un notevole ed ottimo lavoro, si badi bene. Dal cloud al fascicolo sanitario, dalla fatturazione elettronica alle competenze digitali, AgID ha prodotto centinaia di pagine di assoluto valore, come sempre.
Il problema, ripeto, è l’assenza del piano.
Accade quindi che il lettore medio (supponiamo, un amministratore comunale o un dirigente dei sistemi informativi di un ente pubblico) faccia fatica a concettualizzare le “linee” in assenza di un’entità capace di contenerle.

Euclide (e scherzi) a parte, l’Italia non ha più un piano sul digitale da almeno 3 anni. L’ultimo fu il “piano e-government 2012”, avviato nel 2008 dall’allora ministro Brunetta e portato a morte prematura a fine 2011.
Notazione storico-politica: sarà un caso, ma gli unici due piani nazionali di e-government (adesso si direbbe “amministrazione digitale”) usciti nel nostro Paese sono stati predisposti da governi di centro-destra. Calma piatta nel 2006 col governo Prodi, vuoto assoluto nei due governi di larghe intese che si sono alternati da fine 2011 a inizio 2014.
I casi sono due: o i piani “non servono a niente”, oppure abbiamo un problema. La risposta esatta è la seconda, ovviamente.
I piani servono, eccome. Servono a rappresentare con precisione “dove siamo e dove vogliamo andare”, di quali risorse abbiamo bisogno, quali benefici ci aspettiamo, eccetera.
Pianificare le singole azioni, come ha fatto il governo Letta attraverso la “struttura di missione” guidata da Francesco Caio, è sicuramente meglio di niente. Ma non è sufficiente. Soprattutto, così facendo si perdono di vista il senso delle priorità, il fabbisogno finanziario, i benefici attesi anche in termini di razionalizzazione della spesa pubblica.

Lo si può capire forse meglio leggendo l’elenco delle possibili fonti di risparmio nella spesa pubblica prodotto da Cottarelli: si parla di 300 milioni di Euro risparmiabili attraverso la riduzione dei data center della PA centrale, obiettivo assolutamente “onesto” e sicuramente raggiungibile. Ma dov’è, il piano? E come si colloca, questa razionalizzazione, rispetto al resto delle iniziative? Ad esempio, rispetto alla gara Consip sui servizi cloud?

EuklideE quale ulteriore impatto, in termini di risparmio, potrebbe derivare dall’unificazione di alcune piattaforme “trasversali” (ad esempio i sistemi amministrativo-contabili e di gestione del personale) approfittando del consolidamento dell’infrastruttura?
E poi ancora: quale ruolo “digitale” per le Regioni e le autonomie locali? Esisteranno ancora, le infrastrutture IT dei piccoli Comuni oppure no? Perché è evidente che ciascun “tassello” impatta sui tasselli contigui. Ma se non riusciamo a vedere l’insieme del mosaico, il Piano, non arriviamo da nessuna parte se non affidandoci all’intuito e alla buona sorte.

Il piano, quindi. Serve il piano.
Con un orizzonte temporale preciso (avrebbe senso legarlo alla durata “teorica” della legislatura) e un campo di applicazione “generale” (Stato, Regioni, Enti Locali) con declinazioni “settoriali” (Sanità, Welfare, Giustizia, Trasporti, Turismo, eccetera).
E un approccio “industriale”: posizionamento, obiettivi, strategie, risorse, canali di finanziamento, metriche per la misurazione dei risultati, responsabilità, cronoprogramma.

Partiamo da qui. Dal piano.

Euclide ce ne sarà grato. Forse, anche la Commissione Europea apprezzerà.

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