Telco: la televisione al centro

Come tutti i settori e forse più di altri, i protagonisti del mondo delle comunicazioni (in senso lato) sono alla disperata ricerca di invertire il segno della dinamica dei ricavi.

Il tradizionale dilemma della crescita per linee interne o esterne non si pone in assenza di risorse e quindi la scelta obbligata non può che essere quella della ricerca di nuove forme di partnership, che stanno fiorendo proprio in questi mesi e diventeranno sempre più intense e originali, coinvolgendo vecchi e nuovi attori.

Video o morire. Se le reti di telecomunicazioni nascono per trasmettere la voce e si sono trasformate in autostrade per il trasporto dei dati, già oggi la componente principale del traffico è costituita dai contenuti audiovisivi, che riempiranno sempre di più le reti e ne condizioneranno gli sviluppi futuri. Inizialmente, lo spauracchio era il peer to peer, oggi  il fenomeno dirompente e lo streaming, senza dimenticare l’esigenza di download di contenuti di varia natura, anche solo per aggiornare i nostri apparati digitali.

Televisione mon amour. Sino dall’inizio dello sviluppo della banda  larga gli operatori di telecomunicazioni hanno flirtato con la televisione e i contenuti audiovisivi, con l’ambizione di risalire la catena del valore e conquistare quote crescenti della capacità di spesa dei clienti finali, ma forse anche solo quote di tempo speso sui diversi medium. L’obiettivo era l’offerta triple play (telefonia, Internet, TV). Comunicare, conoscere, divertirsi. What else?

TelevisioniAggregatori o distributori?. Anche l’Italia ha sperimentato l’IPTV  completamente gestita dall’operatore sulla sua rete (in particolare i due pionieri Fastweb e Telecom Italia, ma anche Wind), abbandonandola poi per i costi eccessivi e il problema dell’accesso ai contenuti (sempre costi sono…). In altri paesi, a cominciare dalla Francia, che rimane leader in questo ambito, gli operatori di telecomunicazioni hanno proseguito lungo questa strada, acquistando anche contenuti e tendando la trasformazione in media company, ma con esiti e tuttora da valutare. In effetti, se l’impatto sui ricavi è sicuramente positivo, quello sui costi e sulla redditività rimane quanto meno incerto. In Italia, Fastweb ha gemmato il progetto di video streaming e download  Chili e Telecom Italia sta cercando di valorizzare Cubovision, con un approccio diverso rispetto a quello iniziale.  Il modello Over The Top in salsa Telco.

Tutti in campo. Fino a poco tempo fa l’unico accordo realmente tangibile e, di fatto, un driver importante per la crescita, ormai stantia, della banda larga su rete fissa è stato l’accordo di co-marketing tra Fastweb e Sky. Negli ultimi mesi si sono definite più chiaramente le alleanze tra Mediaset Premium e Vodafone (su Infinity, il servizio di TV on demand Mediaset) ed è scesa in campo anche Telecom Italia che ha annunciato un parziale ritorno al passato, ma questa volta grazie alla partnership con Sky. In questo caso ricompare un decoder (mySky HD dedicato) che consentirà   di accedere alla stessa offerta, in termini di contenuti, servizi e pricing disponibile via satellite.

Apple TV è già presente anche in Italia, Netflix è sbarcata in Europa. Il panorama si sta affollando anche nell’on demand…

Modelli di business. L’approccio prevalente degli operatori nazionali sarà verosimilmente quello del distributore digitale che sfrutta la moltiplicazione dei dispositivi connessi, molti dei quali veicolati direttamente da loro, ovvero che utilizzano le loro reti.  Due i prezzi base,  10 e 2 euro (ovviamente 9,99 e 1,99, suggeriscono gli esperti di marketing), a seconda della soluzione in abbonamento o per il singolo contenuto. In fondo è il destino “nazional popolare” delle telecomunicazioni: ricavi unitari relativamente contenuti, dal maggior numero possibile di soggetti.

La posta in palio. Prima della posta, va ricordato il problema: negli ultimi anni, i ricavi dei servizi di rete fissa sono scesi di quasi 1 miliardo all’anno. D’altro canto, l’insieme del mercato televisivo vale ormai meno di 8 miliardi all’anno, con una componente a pagamento inferiore a 3,5 miliardi e che stenta a crescere. Quanti abbonati ai nuovi servizi video su banda ultra larga servono per arginare il calo dei ricavi e con quale marginalità? Il piatto continua inevitabilmente a piangere, ritornare al passato è impossibile. Per invertire la tendenza il posizionamento sui contenuti audiovisivi è necessario, ma servirà andare oltre.

Le telecomunicazioni hanno bisogno della televisione. La televisione ha bisogno delle telecomunicazioni?

 

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