Media leaks: nuova policy per l’intelligence Usa nei rapporti con i media

Le agenzie di intelligence degli Stati Uniti stanno cercando nuovi metodi per reprimere la fuga di informazioni a favore dei media. Un’operazione questa che arriva in un periodo in cui i funzionari governativi hanno pubblicamente garantito una maggiore apertura e chiarezza sulle proprie attività con l’obiettivo di ripristinare la fiducia del pubblico, dopo le rivelazioni riguardanti lo spionaggio nei confronti dei cittadini americani.

La scorsa settimana, il direttore della National Intelligence, James Clapper, ha rilasciato una nuova direttiva secondo la quale agli ufficiali dei servizi segreti è vietato fornire ai media “informazioni di intelligence“, anche se sono operazioni non classificate o poco trasparenti. Il nuovo regolamento, in caso di violazione, prevede il licenziamento immediato dei funzionari coinvolti o l’annullamento delle autorizzazioni di sicurezza dei dipendenti per l’accesso alle informazioni.

Questa nuova policy è stata duramente criticata da Steven Aftergood, un membro della Federation of American Scientists che sostiene la portata negativa del nuovo regolamento. Una simile iniziativa potrebbe danneggiare seriamente la credibilità pubblica di diverse agenzie di spionaggio e si potrebbe rivelare controproducente. E aggiunge: “se è permesso parlare solo riguardo ai casi “autorizzati”, anche in merito alle questioni definite non classificate, l’intero sistema di intelligence diventa sospetto“.

Secondo questa nuova politica, solo gli alti dirigenti o i responsabili delle pubbliche relazioni sono autorizzati a parlare con i media. L’unica eccezione è costituita dalle dichiarazioni dei dipendenti direttamente autorizzati per questo tipo di attività e solo in particolari circostanze. Siamo certi che tale soluzione sia davvero la più efficace, e saggia, per regolare i rapporti tra agenzie di intelligence e opinione pubblica?

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