Snapchat si accorda con FTC su accuse di violazione della privacy

Snapchat, il servizio di messaggistica istantanea che consente di inviare messaggi ai propri contatti solo per un certo numero di secondi per poi annullarne la visibilità, deve rivedere il proprio slogan.

I messaggi offerti dall’applicazione non sono poi così temporanei come la compagnia pubblicizza e ogni comunicazione contraria a questa evidenza può essere considerata pubblicità ingannevole. La Federal Trade Commission (FTC), infatti, si è pronunciata oggi in merito alle accuse nei confronti di Snapchat e ha decretato che esistono numerosi modi per salvare i messaggi inviati tramite l’app che disattendono lo slogan dell’azienda secondo il quale i messaggi “scompaiono per sempre”.

A gennaio 2014 nel blog della compagnia si leggeva: ”C’è valore nelle cose effimere. Ecco perché sono condivise, apprezzate ma non salvate“. Nonostante questa convinzione, esistono differenti modi di salvare gli scatti dell’app, sia all’interno che fuori dall’applicazione, compresi gli screenshot e i messaggi di apertura nelle applicazioni di terze parti. Per quanto riguarda la privacy, vero tallone d’Achille dell’app, la FTC ha incolpato Snapchat per la raccolta, senza alcuna comunicazione di tale attività ai diretti interessati, delle informazioni sui contatti dei propri utenti dalle loro rubriche.

Per rimediare, Snapchat ha concordato con la FTC che dovrà avviare un programma di gestione della privacy per il quale sarà monitorata in modo indipendente per 20 anni: se contravverrà all’accordo scatteranno immediate sanzioni. “Continuiamo a investire molto nella sicurezza e nelle contromisure necessarie per prevenire gli abusi” ha dichiarato l’azienda dal proprio blog la scorsa settimana. “Promuoviamo la privacy degli utenti e diamo la possibilità agli Snapchatters di avere il controllo su come e con chi comunicare. L’abbiamo sempre considerato un impegno serio e sarà sempre così“.

Snapchat non è la prima azienda ad essere “caduta” sotto l’osservazione della FTC. Nel 2013 Facebook ha raggiunto un accordo simile per la violazione della sua stessa politica sulla privacy, a svantaggio degli utenti registrati mentre Apple ha dovuto rimborsare milioni di dollari a genitori che si sono visti addebitare costi per upgrade di app e giochi su iPhone e iPad effettuati dai figli senza il loro consenso.

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