#AgendaDigitale: di budget e comodi alibi

Chi pensa che in Italia non ci siano i soldi per sviluppare l’Agenda Digitale sbaglia di grosso. O, quantomeno, sbaglia chi pensa che il problema dell’Agenda Digitale sia soltanto un problema di risorse economiche. Certo, lamentarsi del fatto che manca il budget, che i fondi sono insufficienti, che non ci sono i soldi che servirebbero consente di spostare su altro e su altri i problemi reali. Quello del budget è un alibi secondo solo a quello della banda larga. E’ indubitabile che la banda larga sia un passaggio fondamentale per un compiuto sviluppo del processo di digitalizzazione del Paese, ma usare la sua assenza come scusa dietro la quale barricarsi per giustificare l’assenza di servizi per i quali basterebbe un SMS è francamente ridicolo. Eppure le cose non si fanno “per il budget e per la banda larga”. Budget e banda larga. Banda larga e Budget. Un mantra dietro il quale troppo spesso si nascondono incapacità e incompetenza.

Budget2Esemplare, in tal senso, la situazione delle Regioni: i budget per l’Agenda Digitale saranno pure esigui, ma sono così esigui che più di un’amministrazione regionale vede avvicinarsi la scadenza del 2015 come un muro verso il quale schiantarsi non tanto per il fatto di aver finito le risorse economiche, quanto piuttosto per non averle impegnate per tempo. E di conseguenza per non averle usate. Traduzione: in molti casi i soldi (magari non molti, magari non tutti quelli che sarebbero stati necessari) c’erano, ma non sono stati spesi. Non sono stati spesi perché non sono stati allocati, e non son stati allocati perché – talvolta – non si sapeva come spenderli. Spendere soldi, per una Amministrazione Pubblica, non è semplice: servono procedure complesse fatte di gare, di attribuzioni, di processi amministrativi articolati e lunghi. Serve un processo di pianificazione che mal si sposa con l’improvvisazione che troppo spesso rappresenta la cifra stilistica di alcuni approcci progettuali dettati più dall’opportunità politica che dalle esigenze del territorio.
Per capire se una Regione stia lavorando bene o meno sull’agenda digitale basta guardare a come ha gestito il proprio budget: lo ha impegnato tutto? Se non l’ha fatto vuol dire che non sapeva come farlo, e non sapere come farlo è il sintomo del fatto di non avere una reale strategia sul tema. Vuoi per incapacità, vuoi per paura di sbagliare, vuoi per la complessità della questione. Sta di fatto che non impegnare il proprio budget vuol dire non essere in grado di gestire le risorse per il proprio territorio. Vuol dire non avere idea delle priorità, delle necessità, dei passi necessari per guidare il complesso processo di digitalizzazione del territorio. Vuol dire aver paura di sbagliare: ma non far nulla è un modo per sbagliare sicuramente.
Cosa manca, quindi, in questi casi? Almeno tre elementi da sviluppare in ordine, tre domande alle quali rispondere:
  1. Visione: è il punto principale. L’agenda digitale non è soltanto un coacervo di adempimenti e di servizi da assemblare e far funzionare assieme. E’ piuttosto una visione del ruolo del digitale nella vita delle imprese, delle persone, delle realtà del proprio territorio. E’ una dimensione politica che attiene il “perché” delle cose. Non esiste una agenda digitale per tutte le stagioni. Ogni realtà, ogni contesto, ogni territorio deve definire la sua chiave di lettura per identificare il ruolo e le opportunità del digitale rispetto alla sua specificità. E’ una dimensione che mai è stata esplorata a livello nazionale, e poche sono le Regioni che lo hanno fatto per il loro territorio. Infrastrutturare un territorio per promuovere l’industria – ad esempio – è diverso dal farlo per rilanciare il turismo. La domanda è quindi: quale digitale vogliamo? 
  2. Obiettivo: Se la visione è il modo di vedere le cose che ci porta al “perché”, l’obiettivo ci aiuta a capire il “come”. Senza obiettivi strategici ed operativi non vi è possibilità di attuare alcuna strategia. Obiettivi chiarimisurabiliconcreti, aiutano a sapere cosa fare. Aiutano a mettere in priorità le azioni, a definire una linea di sviluppo per l’agenda digitale e verificarne l’attuazione. Gli obiettivi poco chiari – o comunque non misurabili – sono la premessa ad un fallimento certo.  La domanda è quindi: cosa vogliamo dal digitale?
  3. Progetto: Visione per il perché, obiettivo per il come. Due passaggi che conducono sulla strada del “cosa”. Conducono alla dimensione progettuale, che è quella che declina le strategie in azioni e le azioni in progetti concreti. Due passaggi che consentono di definire cosa fare, identificando in modo chiaro tempi, modalità, costi. La dimensione progettuale è quella la cui assenza è più immediatamente evidente. Ma la sua assenza è spesso dovuta alla mancanza di una visione strategica ed obiettivi chiari. La domanda è quindi: cosa facciamo per il digitale?
Tre domande solo apparentemente semplici, ma che nascondono un livello di complessità pari solo all’importanza delle risposte che si sapranno dare. E per capire se qualcuno tali domande se le è poste il modo è semplice: partire dal budget. E’ stato impegnato e si sa come spenderlo? Se la risposta è no il problema, probabilmente, è serio. E la vostra Regione? Come ha speso i suoi soldi? O, ancora meglio: li ha spesi?

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