Dall’IoE all’internet delle piante: la Greenternet di Stefano Mancuso

stefano mancuso
Stefano Mancuso è Direttore del Laboratorio internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze.

L’Internet of Everything che abbiamo imparato a conoscere è una rete di connessioni possibili tra processi, device, persone e dati. Ma cosa accadrebbe se considerassimo anche le piante quali canali e strumenti per l’innovazione che verrà? Ne abbiamo parlato con Stefano Mancuso Direttore del Laboratorio internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze.Se è vero che l’Internet of Things è basato su necessità di mettere sensori nelle cose in modo che possano essere registrati e divulgati dati, ci sono oggetti che sono ovunque e sono già pieni di sensori naturali: le piante” ci spiega Mancuso. “Le piante non possono scappare da nemici o quando si verifica un mutamento ambientale. Per questo motivo sono diventate estremamente sensibili all’ambiente circostante, molto più di quanto lo siano gli esseri umani o gli animali.”

In altre parole, se si potessero decodificare i segnali elettrici prodotti dalle piante quando sentono un cambiamento attorno a loro, avremmo di fatto realizzato una porzione significativa dell’Internet of Everything, certamente quella legata al monitoraggio e tutela ambientale e della salute. “E’ quello che stiamo facendo in questi anni anche grazie ad alcuni progetti europei: abbiamo rilevato che quando le piante avvertono un egente inquinante emettono segnali elettrici che abbiamo iniziato a decodificare: oggi possiamo già riconoscere segnali prodotti da ozono, monossido di carbonio, polveri sottili, etc…” Il tutto con ricadute estremamente positive: “Con i nostri partner stiamo lavorando alla realizzazione di uno strumento della grandezza di una scatola di fiammiferi da montare sulle piante”. Lo strumento sarà capace di catturare i segnali, decodificarli on-board, trasmettere i dati via wifi o altri sistemi,  e renderli pubblici e disponibili a tutti. “Passando con smartphone o tablet accanto a piante equipaggiate con tali economici dispositivi, tutti potranno controllare la qualità dell’aria percepita dalle piante in quella zona” realizzando di fatto un monitoraggio diretto e immediato dello stato dell’ambiente circostante. Senza “filtri” e senza intervento umano nel mezzo. Oppure ancora le piante potrebbero fungere da “allert” quando, ad esempio, ci sono pericoli come le nubi tossiche. “Prima che le persone vengano avvertite dell’emergenza, spesso passa del tempo ma con i sensori sulle piante, una delle tante applicazioni potrebbe essere quella di far partire istantaneamente un allarme che venga diffuso via sms su tutti i cellulari delle zone colpite.”

Utilità anche per le Smart City: pensiamo alle città intelligenti e alla necessità di collocare sensori di traffico o di parcheggio per ottimizzare viabilità e qualità della vita. “L’internet delle piante potrebbe superare anche questo modello, perché i viali alberati delle città potrebbero essi stessi registrare dati su qualità dell’aria o della luce, o il numero delle macchine e/o persone che passano. Stiamo procedendo velocemente sull’interpretazione dei segnali, quindi le prospettive sono enormi.”
E si tratta di prospettive rispetto a due scenari: quella che vede i dati raccolti “liberi e open source” da poter essere usati a seconda delle necessità da tutti, e dati utilizzati per servizi che possano essere gestiti da pubblici e privati per fini propri. “Lo scenario che personalmente auspico” ci dice Mancuso “è che si vada verso la possibilità di usare questi sistemi secondo un modello open source, tale da realizzare una Greenternet: ovvero una rete di dati, creata dalle piante, che tutti possono usare nel modo più opportuno, valorizzandola grazie alle intelligenze che si affinano e collaborano.”

Questo scenario, che punta sulle piante per realizzare innovazione, supera la visione delle piante come fattore meramente estetico o alimentare. Saranno sempre più fonte di innovazione tecnologica perché sono un modello efficiente cui ispirarsi sotto molti punti di vista. “L’uomo ha creato sino ad ora le sue tecnologie ispirandosi a come gli animali ed esso stesso sono fatti: normalmente un centro di comando che richiama il funzionamento centralizzato del cervello, etc… Ma è un modello debole perché se il centro di comando è compromesso, le tecnologie hanno problemi. Le piante invece si sono evolute per resistere agli attacchi: tutto ciò che negli uomini è accentrato, nelle piante è distribuito quindi in caso di problemi, sanno autoripararsi”.
E dalle piante, ci racconta Mancuso, potremo anche imparare come coltivare cibi senza ricorrere alla terra, all’acqua dolce e all’energia, almeno per come le intendiamo in senso tradizionale. “Presenteremo questa innovazione quasi incredibile all’Expo 2015: ispirandoci alle piante, abbiamo brevettato una serra galleggiante in cui produrre cibo dissalando l’acqua salata del mare, così come fanno alcune piante, senza usare energia fossile ma solo quella solare o l’energia che arriva dalle correnti marine”.  E nel futuro, ci anticipa Mancuso, le piante saranno usate persino per fare calcolo, per fare computing. Manca ancora molto, ma un futuro in cui useremo computer completamente organici, non è più solo fantascienza.

 

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