Garante Privacy: pubblicate le Linee Guida su Trasparenza on line della Pa

Il Garante della Privacy ha reso note le Linee Guida per la Trasparenza dei siti della PA in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Questi i punti principali: sui siti online della Pa dovranno essere pubblicati solo dati esatti, aggiornati e indispensabili; è vietato diffondere informazioni sulla salute; sì agli “open data”, ma senza pregiudicare i diritti delle persone; garanzie per i più deboli.

Per rispettare le esigenze di pubblicità e trasparenza con i diritti e le libertà fondamentali nonché la dignità delle persone, il Garante della Privacy ha individuato un quadro organico e unitario di cautele e misure che le Pa devono adottare quando diffondono sui loro siti web dati personali dei cittadini.

Le Linee guida, emanate alla luce del recente decreto legislativo n.33/2013, riguardano sia la pubblicazione di dati e documenti che le Pa devono mettere online per finalità di trasparenza, sia di quelli utili a garantire altri obblighi di pubblicità degli atti amministrativi (come le pubblicazioni matrimoniali, l’avviso di deposito delle cartelle esattoriali ecc). In merito alla stesura delle Linee guida il Garante ha accolto i pareri di diversi soggetti interessati: il Dipartimento della funzione pubblica, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e l’Agenzia digitale.

Le linee guida stabiliscono che la pubblicazione dei dati da parte delle Pa deve riguardare solo dati esatti, aggiornati e contestualizzati. Prima di mettere online informazioni, atti e documenti amministrativi con dati personali, devono verificare che esista una norma di legge o di regolamento che ne preveda l’obbligo. Le Pa devono pubblicare online solo dati necessari, mentre è sempre vietata la pubblicazione di dati sulla salute e sulla vita sessuale. I dati sensibili (etnia, religione, appartenenze politiche) possono essere diffusi solo se indispensabili per finalità di rilevante interesse pubblico. Occorrono misure per impedire l’indicizzazione dei dati sensibili da parte dei motori di ricerca e il loro riutilizzo. Qualora le Pa intendano pubblicare dati personali ulteriori rispetto a quelli individuati nel decreto, devono procedere prima all’anonimizzazione di questi dati, evitando soluzioni che consentano l’identificazione, anche indiretta o a posteriori, dell’interessato.

Per quanto riguarda gli Open Data e il riutilizzo dei dati le linee guida affrontano la questione mettendo però dei limiti. Infatti l’obbligo di pubblicare dati in “formato aperto” non comporta che tali dati siano anche “aperti”, cioè liberamente utilizzabili da chiunque per qualunque scopo. Il riutilizzo non deve pregiudicare, anche sulla scorta della direttiva europea in materia, il diritto alla privacy.Le Pa dovranno quindi inserire nella sezione denominata “Amministrazione trasparente” sui propri siti web un messaggio con cui si informa il pubblico che i dati personali sono riutilizzabili compatibilmente con gli scopi per i quali sono raccolti e nel rispetto delle norme sulla privacy. I dati sensibili e giudiziari non possono essere riutilizzati.

Sul fronte della durata degli obblighi di pubblicazione, le cose cambiano. Fino ad ora il periodo di mantenimento online dei dati è stato generalmente fissato in 5 anni ma con le nuove linee potrà diminuire. Ora infatti sono previste alcune deroghe, come nell’ipotesi in cui gli atti producano effetti oltre questa scadenza. In ogni caso, una volta raggiunti gli scopi per cui sono stati resi pubblici e gli atti hanno prodotto i loro effetti, i dati personali devono essere oscurati anche prima dei 5 anni.

Un’ulteriore restrizione riguarda anche l’indicizzazione di alcuni di dati nei motori di ricerca. L’obbligo di indicizzare i dati nei motori di ricerca generalisti (come Google) durante il periodo di pubblicazione obbligatoria è limitato ai soli dati tassativamente individuati dalle norme in materia di trasparenza. Vanno dunque esclusi gli altri dati che si ha l’obbligo di pubblicare per altre finalità di pubblicità. Non possono essere quindi indicizzati (e quindi reperibili tramite i motori di ricerca) i dati sensibili e giudiziari.

Esistono altresì degli specifici obblighi di pubblicazione. È proporzionato indicare il compenso complessivo percepito dai singoli dipendenti (tenendo conto di tutte le componenti, anche variabili, della retribuzione). Non è però giustificato riprodurre sul web le dichiarazioni fiscali o la versione integrale dei cedolini degli stipendi. Esistono invece norme ad hoc per gli organi di vertice politico. Al fine di tutelare le fasce deboli, le persone invalide, i disabili o le persone in situazioni di disagio economico, sono previste limitazioni nella pubblicazione dei dati identificativi. C’è invece l’obbligo di pubblicare la dichiarazione dei redditi di politici e amministratori, esclusi i dati non pertinenti (stato civile, codice fiscale) o quelli sensibili (spese mediche, erogazioni di denaro ad enti senza finalità di lucro ecc.).

Gli obblighi di pubblicità degli atti per finalità diverse dalla trasparenza devono seguire criteri specifici e non lesivi della privacy personale, garantendo una corretta contestualizzazione delle informazioni e percorsi di ricerca specifici. Il rispetto dei principi di esattezza, necessità, pertinenza e non eccedenza, permanenza online limitata nel tempo dei dati personali, vale anche per la pubblicazione di atti per finalità diverse dalla trasparenza (albo pretorio online degli enti locali, graduatorie di concorsi ecc.). Per ridurre i rischi di decontestualizzazione del dato personale e la riorganizzazione delle informazioni secondo parametri non conosciuti dall’utente, è necessario prevedere l’inserimento all’interno del documento di “dati di contesto” (come data di aggiornamento, periodo di validità, amministrazione, numero di protocollo) ed evitare l’indicizzazione tramite motori di ricerca generalisti, privilegiando funzionalità di ricerca interne ai siti web delle amministrazioni. Da evitare la duplicazione massiva dei file.

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