Horizon 2020, non fatelo solo per soldi

Il Consiglio Europeo, organo dei capi di stato e di governo dei paesi membri, ha fra le altre cose, raccomandato all’Italia  di prendere provvedimenti al fine di garantire “maggior coordinamento e in una ripartizione più efficiente delle competenze tra i vari livelli di governo, aspetti di cui potrebbe beneficiare, a sua volta, la gestione dei fondi dell’UE, a favore della quale finora sono stati attuati soltanto interventi parziali e incompleti, soprattutto nelle regioni meridionali. Continuano inoltre a ripercuotersi sulla gestione dei fondi dell’UE l’inadeguatezza della capacità amministrativa e la mancanza di trasparenza, di valutazione e di controllo della qualità”.

Nonostante una campagna elettorale europea in cui si è discusso di tutto tranne che di Europa, finalmente il dibattito sull’uso e l’impatto dei fondi strutturali si sta allargando. E questo non può essere che un dato positivo, anche se la tendenza a disattendere le raccomandazioni utili è difficile da invertire. Continuando, nonostante tutto, a consigliare caldamente la partecipazione ai bandi gestiti e promossi dagli enti locali, non possiamo fare a meno di ricordare che i fondi più attraenti, per chi è interessato a fare il salto di qualità, sono quelli gestiti direttamente da Bruxelles.

Robert-Jan-Smits1-583x304Innovazione è la parola che la fa da padrone in questa tornata di finanziamenti che coprirà il periodo 2014 – 2020. Ma innovazione non è sempre sinonimo di tecnologia. Spulciando la galassia dei fondi europei facilmente sentiremo parlare di innovazione sociale, tanto per citarne una.
Horizon non è l’unica strada per concorrere a vedersi finanziato un progetto  dall’Europa ma è sicuramente il principale oggetto di attenzione delle PMI italiane in questo momento. E non solo italiane a quanto pare. Robert-Jan Smits, direttore della DG Ricerca e Innovazione dell’UE, nell’ambito dell’Euroscience Open Forum (ESOF 2014) tenutosi a Copenaghen tra il 21 ed il 26 di giugno, ha proposto una prima analisi di dati relativi al primo round di proposte sottolineando come  il valore delle stesse abbia superato di ben nove volte l’ammontare disponibile.

Di fronte a questa proporzione, che si traduce in numeri difficilmente memorizzabili, la prima impressione è quella di una entusiastica partecipazione: i paesi membri, quelli mediterranei soprattutto, hanno finalmente capito che i canali di finanziamento comunitari vanno sfruttati al massimo. In particolare per quello che concerne ricerca e sviluppo. Ascoltando Smits tuttavia l’entusiasmo iniziale scema e si trasforma in dura realtà:  la quantità di proposte – dice il Direttore Generale – potrebbe essere dovuto alla “contrazione di fondi pubblici destinati alla ricerca in paesi come l’Italia o la Spagna”.
La realtà a quanto pare  è ben diversa: ci rivolgiamo all’Europa perché le nostre casse sono vuote e spesso quel poco che c’è è assai male utilizzato. In maniera poco efficiente, generando sprechi, fughe di cervelli ed altri fenomeno con cui abbiamo imparato a fare i conti da troppo tempo.
I dati relativi alla qualità delle proposte non sono ancora disponibili. Purtroppo il timore è che la crisi ci abbia ancora una volta colti impreparati e che dunque le proposte inviate non siano all’altezza della competizione. Ma questa è solo una prima impressione. Staremo a vedere.

Quello che ad oggi già sappiamo è che una delle finalità principali era quella di ritornare a stimolare la partecipazione del settore industriale e, almeno con questi dati, il risultato sembra essere stato raggiunto: il 44% delle proposte veniva dall’industria (contro il 29% nel primo round del settimo programma quadro ormai sette anni fa) e il 50% di queste erano Piccole e Medie Imprese (SMEs per l’acronimo inglese).  Per quanto riguarda le aree di riferimento, salute, ICT, Food securiry e cyber-security sono state quelle che hanno ricevuto maggiore attenzione. Adesso toccherà alla Commissione Europea trovare la maniera di affrontare e gestire la mole di richieste senza frustrare la partecipazione.

europa bandiera

In questo contesto, caratterizzato dalla contrazione dei fondi nazionali e dall’incapacità di disegnare politiche pubbliche in grado di identificare canali di spesa efficienti, che producano effetti tanto nel breve che nel medio periodo, Horizon è una grande opportunità. Non solo per la mole di fondi e di tematiche trattate, così come per la maniera innovativa di proporre e suggerire finanziamenti in alcune aree sensibili, ma perché offre una opportunità alle imprese italiane per affacciarsi finalmente in Europa e portare le nostre competenze ed eccellenze a livello comunitario.
Ben si comprende, quindi, l’appello in questo senso del direttore generale Smits rivolto agli aspiranti candidati ai prossimi bandi alla fine della conferenza stampa di ESOF 2014: “Non fatelo solo per soldi. La collaborazione internazionale, la costruzione di networks sono strade che possono accelerare la produzione scientifica in Europa, fornendo conoscenze complementari”.
Forse l’ambiente imprenditoriale italiano non è ancora pronto per un approccio di questo tipo. Mi capita spesso di dover spiegare che l’UE non regala i soldi ma che è necessario avere un’idea da inserire in un contesto e all’interno dello stesso competere per vedersi assegnate le risorse. Così come mi capita di spiegare che il co-finanziamento non è una piaga ma uno strumento per garantire allocazione efficiente ed impegno.

E se dalla crisi riuscissimo a tirare fuori qualcosa di buono? Se la crisi fosse una maniera per fare entrare aria nuova? Presidiare il territorio è senza dubbio utile per un azienda, ma da qui a rimanere chiusi nel proprio recinto ce ne passa. Si rischia di rimanere asfissiati.

 

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