Comcast vol. 2: le scuse (tardive)

E fu così che l’azienda chiese scusa.

Dopo una telefonata da incubo propinata a uno sventurato quanto però accorto ed esperto cliente, che a quella chiamata – previa accurata registrazione – ha fatto fare il giro del mondo, dopo una politica di retention che avrebbe fatto impallidire il più accanito tra i venditori di aspirapolveri ed enciclopedie, dopo aver conseguito il poco onorevole primato d’esempio di come non si fa Customer Care e aver malamente tentato di scaricare le colpe sulle presunte cattive, ed aziendalmente incoerenti, condotte del proprio operatore… Comcast ci ha ripensato.

Concludendo per una politica più opportuna, accorta, low profile, memore dell’ammonimento lanciato urbi et orbi, sui canali social, da Ryan Block, il cliente coinvolto e, caso vuole, personaggio di spicco del mondo hi-tech, in forza ad AOL, già giornalista noto nel settore e con un seguito su Twitter di quasi 100mila followers: il dipendente non deve essere licenziato. La colpa, cioè, non è sua ma dell’azienda: del training che gli sarà stato fatto, di ordini impartiti dall’alto.

Del caso Comcast avevamo parlato giusto sette giorni fa. Un caso che ha fatto tremare le vene ai polsi dei vertici del maggior operatore di TV via cavo degli USA, che alla normale e sacrosanta richiesta di Block e della moglie Veronica Belmont – «We’d like to disconnect» – ha reagito incatenando il cliente e, nei fatti, mettendo in atto una vera persecuzione nel tentativo di trattenerlo, per impedirgli di esercitare il suo sacrosanto diritto al recesso.

Twitter

Grazie alla popolarità dei protagonisti, è bastato un cinguettio, e la notizia si è diffusa viralmente ovunque, con tanto di vignetta dedicata sul New Yorker. Quanti casi del genere saranno però passati sotto silenzio? Così per Block è iniziata una battaglia: rapide – più o meno – sono giunte le scuse della compagnia, inoltrate però a mo’ di scaricabarile. «Siamo spiacenti e imbarazzati per l’accaduto», si twitta. E sul sito: «il modo in cui il nostro rappresentante si è rivolto loro è inaccettabile e del tutto incoerente con le indicazioni che diamo al personale nella nostra formazione. Stiamo investigando sulla questione e prenderemo rapidi provvedimenti». Ma Block l’ha detto: non bisogna rifarsela su di lui! «Il mio primo lavoro è stato nel customer service nel settore hi-tech. Non è mica divertente eh…».

Eh no. Troppo facile così.

A Comcast devono essersi fatti due conti sulla magra figura in mondovisione che stavano facendo. Così lunedì 21 luglio, a sei giorni di distanza dalla pubblicazione della nota su sito, il Chief Operating Officer di Comcast, Dave Watson, ha pensato bene di accogliere i dipendenti, come riportato da The Verge, con una nota interna fatta circolare e postata sulla Intranet aziendale.

Memo

Il «Memo», intercettato dal Consumerist e verificato da Ars Technica, suona più o meno così: «È stato doloroso ascoltare questa telefonata, e non mi sorprendo che abbiamo ricevuto così tante critiche. Ma», attenzione, «l’operatore in questione ha messo in atto un sacco di quelle cose che noi insegniamo nella nostra formazione e per cui lo paghiamo. E come lui mille altri operatori del settore Retention. Ha semplicemente cercato», continua Watson, «di salvare un cliente, cosa che certo è importante, ma occorre farlo col massimo rispetto. Questa situazione ci ha spinti a riesaminare alcuni nostri modelli di comportamento, per esser certi che ciascuno di noi – dal vertice alla base – comprendiamo la necessità di mantenere un giusto equilibrio fra vendere e ascoltare». Ed ecco la conclusione – la vittoria di Block e dei clienti come lui: «Rivedremo i nostri programmi di formazione, riaggiorneremo i nostri manager allenandoli alla qualità e riconsidereremo la nostra politica d’incentivi per assicurarci che vadano davvero a premiare comportamenti corretti. Possiamo fare meglio, e lo faremo».

Ecco il mea culpa. Il problema, infatti, sta alla radice: nell’azienda, nell’orientamento al cliente, nell’organizzazione del Customer Care. Certo è che, se Comcast avesse avuto un’effettiva presenza su social, avrebbe potuto reagire in tempo dinanzi al dilagare dell’#EpicFail: rispondendo alle critiche e, con un’adeguata formazione, tamponando le conseguenze dell’incidente. È mancato un vero Customer Care Online, un Social CRM pronto in real time a tappare le falle di un Customer Service carente: un Social Care in grado di dare un segno immediato di autentico ascolto al cliente, che potesse recuperarne la compromessa fiducia.

Chapeau in ogni caso a Comcast per averlo compreso e condiviso, seppur tardivamente e solo a livello interno. Se ogni crisi venisse così trasformata in opportunità, il mondo sarebbe un posto migliore.

O, almeno, certo più vivibile per il cliente.

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Digital Strategy R&D Consultant, Public Speaker, Lecturer, Coach, Author. Honoured by LinkedIn as one of the Top 5 Italian Most Engaged and Influencer Marketers. #SocialCare, «Utility & You-tility Devoted», Heart-Marketing and Help-Marketing passionate theorist and evangelist. One watchword - «Do you want to Sell? Help! ROI is Responsibility, Trust» - one Mission: Helping Companies and People Help and Be Useful To Succeed in Business and Life. Writer and contributor to books and white-papers. Conference contributor and Professional Speaker, guest at events like SMX, eMetrics, ISBF, CMI, SMW. Business Coach and Trainer, I hold webinars, workshops, masterclasses and courses for companies and Academic Institutes, like Istituto Tagliacarne, Roma, TAG Innovation School, Buzzoole, YourBrandCamp, TrekkSoft. Lifelong learning and continuing vocational training are a must.

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