#Equocompenso e Copia Privata: le posizioni e le conseguenze

In questi giorni si sta parlando molto del recente decreto dell’equo compenso, o contributo per la copia privata. Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, appoggiato dalla SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), ha recentemente firmato il decreto che aggiorna per il prossimo triennio il compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi previsto dalla legge sul diritto d’autore, quote che secondo una legge del 2003, derivata da una direttiva Ue, devono essere applicate a spese dei fabbricanti e degli importatori alle memorie di massa. Il contestato decreto in questi ultimi giorni è oggetto di forti polemiche tra parti contrapposte: da un lato la società SIAE di cui è Presidente Gino Paoli e il Ministro Franceschini, dall’altro le Aziende, i consumatori e le associazioni di categoria.

La polemica è diventata un caso mediatico nel momento in cui si sono constatati gli aumenti di prezzo dei prodotti tecnologici in conseguenza del decreto che impone una tassa aggiuntiva alle aziende che producono hardware, smartphone, tv e qualunque apparecchio sia in grado di immagazzinare dati. In particolare, Apple e Samsung, ma secondo molti si tratta solo dei primi casi a cui presto seguiranno molti altri, hanno aumentato i prezzi dei loro device senza far mistero che si tratti di un aumento che risponde alle spese dovute al decreto. Il gesto iniziale di Apple (seguito da Samsung) ha riportato alla ribalta il discusso provvedimento Franceschini che è stato platealmente smentito rispetto a quanto sostenuto in più occasioni: “il decreto non introduce alcuna nuova tassa, ma si limita a rimodulare ed aggiornare le tariffe che i produttori di dispositivi tecnologici dovranno corrispondere […] agli autori e agli artisti”.

Di cosa stiamo parlando?

Il Decreto 20 giugno 2014, stabilisce “il compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi”. Si legge su Wikipedia che la Copia Privata “consiste nella legalità della riproduzione di un’opera dell’ingegno a scopi personali, da parte di colui che ne detiene una copia originale.Generalmente, questa operazione è consentita in cambio di un corrispettivo pagato sui supporti utilizzati per effettuare tale copia, ripartito secondo il tipo di dispositivo che permette la copia, o il supporto su cui tale copia è memorizzata. Tale somma è destinata alle cosiddette collecting societies (es. SIAE), che fungono da intermediarie e ripartiscono i proventi ai titolari dei diritti d’autore.”

In sostanza la SIAE si riserva il diritto di esigere una tassa dalle aziende che producono device di storage e hardware vario, per la possibilità di eventuale riproduzione (non in remoto) di audio/video di contenuti duplicati (e coperti da copyright) che i suddetti device permettono. La tassa serve quindi a corrispondere le royalties agli autori e agli artisti delle opere che eventualmente potrebbero essere duplicate su dispositivi di vario tipo.

Nel dettaglio, sulla Gazzetta Ufficiale possiamo trovare il documento del prezzario, quantificato in Euro e in Gigabyte, associando alla capacità di storage un determinato prezzo. Inoltre sono anche previsti tetti massimi o sovrapprezzi per gb aggiuntivi, ma anche una differenza di trattamento per i diversi tipi di device e per quelli collegati tra loro (es. “Hard Disk esterno multimediale con uscita audio/video per la riproduzione dei contenuti su un apparecchio TV o Hi-Fi”). Di seguito sotto una parte esemplificativa tratta dall’allegato tecnico del decreto:

Il problema è che questa tassa non viene fatta pagare ai consumatori direttamente, ma ci sono fortissime probabilità che questo accada come conseguenza dell’aumento dei costi: le aziende produttrici infatti scaricano la tassa sui consumatori alzando il prezzo finale, come ha già fatto pubblicamente la Apple in modo trasparente. In molti sostengono che non sarà l’unica azienda a seguire questa politica.

Come scrive Il Fatto Quotidiano infatti Apple ha dichiarato “4,76 euro in più su un iPhone 5s da 32 Gb, 3,54 euro in più su un iPad, sempre da 32 Gb” per far fronte alle nuove spese di copyright; il giornale precisa poi che Apple “fa da apripista” e che “è prevedibile che altre aziende seguano la scia”, aumentando il prezzo dei propri prodotti. Come poi ha fatto anche Samsung.

Le tesi a favore del decreto della Copia Privata

Negli ultimi giorni si sono susseguite una serie di dichiarazioni sia a favore che contro il decreto: da un lato ci sono i soggetti promotori della legge tra cui il Ministro Dario Franceschini e la SIAE; dall’altro una serie di esperti e di associazioni dei consumatori che invece tentano di spiegare l’inutilità e l’anacronismo del decreto.

  1. Lo scopo del decreto: Dario Franceschini fa sapere, attraverso un comunicato stampa diramato sul sito del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che “con questo intervento si garantisce il diritto degli autori e degli artisti alla giusta remunerazione delle loro attività creative, senza gravare sui consumatori. La tassa sarebbe quindi un efficace modo per proteggere l’operato degli artisti, come confermerebbero le tante firme illustri a sostegno del decreto (il premio Oscar Paolo Sorrentino, Toni Servillo, Franco Battiato e molti altri).
  2. Il Decreto non determina l’andamento dei prezzi: sempre il Ministro scrive che “Il decreto non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. Peraltro, com’è noto, in larga parte gli smartphone e tablet sono venduti a prezzo fisso”. Qui si afferma che la legge non dispone un aumento dei prezzi per i consumatori finali, o almeno afferma che non lo fa “in automatico”: le aziende avrebbero, quindi, aumentato il prezzo in totale autonomia.
  3. Discriminazione culturale di Apple: sull’aumento dei prezzi dell’i-Phone interviene direttamente la SIAE con un comunicato stampa (qui su adnkronos) in cui afferma che la Società “prende atto con rammarico dell’incremento dei prezzi dei dispositivi Apple, fatto che dimostra ancora una volta come la multinazionale americana abbia come unico obiettivo quello di aumentare i propri profitti attraverso la discriminazione dei consumatori italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei dove, pur in presenza di una copia privata più elevata, i prezzi restano notevolmente più bassi”. La tesi, secondo la SIAE, è che Apple applichi prezzi più elevati in un meccanismo di discriminazione verso l’Italia contro gli altri paesi europei. Infatti la SIAE prosegue invitando “tutte le associazioni dei consumatori a unirsi alla Società per difendere i consumatori italiani e la cultura del nostro Paese”, entrambi sotto attacco dall’aumento dei prezzi del colosso di Cupertino.

Le tesi contro il Decreto della Copia Privata

Diametralmente opposte le ragioni delle critiche, tra le quali sono presenti accuse di anacronismo e confutazioni dei paragoni con l’estero. Il quadro che ne esce è un muro contro muro e una situazione che non sembra destinata a risolversi in tempi brevi.

  1. Anacronismo: Wired Italia, attraverso la penna di Martina Pennisi, sostiene l’assoluta inadeguatezza strutturale del decreto e lo fa spiegando che è “solo il 13,5% (degli utenti, ndr) ad avere l’abitudine di creare una seconda copia del materiale acquisito. Accenture ha inoltre riscontrato la preferenza dell’utenza nostrana per lo streaming rispetto al download, con più della metà dei consumatori disposta a pagare maggiormente la connessione a patto di ricevere un segnale migliore. […] gli utenti italiani, che della copia privata praticamente non si curano, sarebbero addirittura pronti a investire nell’abbonamento domestico o mobile alla banda larga per godere dei vari Spotify e Infinity e SkyOnline, le alternative nostrane a Netflix”. Quindi si tratterebbe di una legge che non guarda la realtà in evoluzione e che non si cura di capire di come gli utenti usufruiscano effettivamente delle opere in formato digitale.
  2. L’aumento dei prezzi è ovvio e anche giusto: l’associazione “Altroconsumo” si è schierata contro il decreto sostenendo che “Apple ha subito aggiornato i propri listini aumentandoli esattamente dell’importo dell’equo compenso più IVA. D’altra parte non si comprende il motivo per il quale la società di Cupertino si sarebbe dovuta sobbarcare questa tassa”. In sostanza, il decreto non impone nessun automatico aumento dei prezzi ma di fatto ne è la causa immediata.
  3. Il paragone con i prezzi esteri non regge: sostiene Guido Scorza dalle pagine del suo blog su Il Fatto Quotidiano che “è grave che il ministro racconti, via Twitter, che in Germania un iphone costerebbe 699 euro – e quindi meno che in Italia – benché vigerebbe una tariffa dell’equo compenso da copia privata pari a 36 euro perché il ministro dovrebbe sapere […] che, nel Paese della Cancelliera Merkel, l’applicazione dell’equo compenso per copia privata sugli smartphone – e non solo – è sospesa con l’ovvia conseguenza che Apple non riaddebita ai consumatori tedeschi alcunché”. Il tweet di Franceschini sui prezzi (riportato sopra) sarebbe quindi privo di fondamento dato che non ci sarebbe nessuna tassa da dover scaricare sui consumatori.

Lo stato attuale e le reazioni

Quello che emerge dal dibattito in corso è un quadro complesso per una norma i cui effetti chiamano in causa il business, e la legittima o meno volontà delle aziende di rincarare i prezzi sulla base del decreto, ma anche la politica, con il Ministro Franceschini e l’intero Governo che dovrebbero esercitare funzione imparziale di vigilanza sia su SIAE che su cittadini mentre al momento così non appare, e poi i cittadini, vittime di una “guerra” di norme e principi di difficile comprensione. E quello che sta accadendo in queste settimane non rassicura per il futuro.

Le conseguenze dell’aumento dei prezzi dei dispositivi Apple, oltre a fare da apripista alle altre aziende, sta sollevando una serie di reazioni dai vari attori in gioco, dalla prevedibile SIAE fino al Presidente della V Commissione al Bilancio, Tesoro e Programmazione Francesco Boccia:

  1. La SIAE ha intenzione di imporre la vendita degli I-Phone a prezzi più bassi, usando quelli che l’azienda di Cupertino ha già stabilito per la Francia. Si legge infatti su La Repubblica che la Società “reagirà con determinazione rispetto alla proditoria indicazione “tassa sul copyright“, utilizzata da Apple. Inoltre, per dimostrare la scorrettezza del colosso americano, la SIAE si riserva di vendere in Italia iPhone ai prezzi francesi, favorendo così i consumatori ed evitandone l’ingiustificata depredazione decisa dall’azienda di Cupertino. Non si comprende al momento però con quale autorità la SIAE possa imporre una politica di prezzi per un prodotto che non è il suo. Per dimostrare che la Società presieduta da Gino Paoli fa sul serio, sono stati regalati 22 i-Phone comprati in Francia (dove l’equo compenso dovrebbe essere assorbito dal produttore) ad Onlus e Associazioni.
  2. Il Ministro Dario Franceschini si è dichiarato “allibito per non dire indignato” e ha specificato che quanto deciso da Apple è un “aumento puramente ritorsivo nei confronti dei loro clienti italiani”, senza però aggiungere molto altro (a parte il tweet sopra riportato).
  3. Per il Presidente di Confindustria Digitale Elio Catania l’innalzamento dei prezzi è una “prevedibile reazione da parte delle imprese a fronte di una imposizione del tutto ingiustificata”. In pratica non si comprendono le ragioni per le quali le aziende dovrebbero farsi carico di una tassa simile senza riversarla sui propri consumatori.
  4. Del primo agosto è la notizia che anche Samsung ha alzato i prezzi per la Copia Privata, seguendo Apple che ha fatto da apripista. Come riporta Wired infatti, “Il colosso di Seoul farà pagare a tutti la nuova tassa, sia su prodotti di fascia alta come il Galaxy S5 e le tv ipersottili che su quelli più popolari, su cui i margini di guadagno sono più bassi rispetto a quelli hi end”. Si chiede ironicamente la testata se la SIAE ora ha intenzione di regalare anche i Galaxy S5.
  5. Infine Francesco Boccia ha rievocato lo spettro della WebTax affermando che “senza una giusta e equa tassazione dell’economia digitale le OTT (over the top), oggi catalogabili di fatto tra gli elusori totali, si sentono legittimate ad operare nel mercato come più conviene. Gravissimo, e al tempo stesso emblematico, il caso dei rincari dei prodotti Apple dopo la norma del governo sull’equo compenso per copia privata”, ma questa fortunatamente è un’altra storia, ancora più complessa, che merita approfondimenti e considerazioni in altra sede.

Come si vede da queste reazioni, ci troviamo in un momento di muro-contro-muro: da un lato le aziende si stanno riorganizzando per far fronte alla tassa; dall’altro il Ministro e la SIAE che on sembrano dare segnali di trattative o di flessibilità; infine, ed è l’unico elemento concreto, i consumatori vedono semplicemente alzarsi il prezzo dei vari dispositivi.

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