Che fine farà la nostra “vita digitale”?

“La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”. Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Ernesto, 1895.

Quando Oscar Wilde scrisse questa frase, non poteva certo immaginare che, oltre alla memoria umana, avremmo presto affidato la nostra vita anche ad una memoria di silicio.
Eppure è ormai evidente a tutti come la tecnologia abbia radicalmente cambiato le nostre abitudini di vita quotidiane. La vita “digitale” si sta fondendo sempre più con la vita “reale”, a tal punto da risultare assolutamente normale che una parte della nostra “realtà” quotidiana venga creata, vissuta e conservata direttamente all’interno di un dispositivo elettronico, oppure sul web.
Grazie alle nuove tecnologie effettuiamo quotidianamente operazioni bancarie, prenotiamo visite mediche, intratteniamo relazioni personali, archiviamo le foto di famiglia o delle vacanze, stipuliamo contratti (anche notarili) e paghiamo le tasse.

digital lifeQuasi non ce ne rendiamo conto, ma progressivamente – nel corso degli ultimi anni – una considerevole parte della nostra vita quotidiana si sta svolgendo on line (ciascuno di noi avrà notato che nelle cassette postali “fisiche” poste all’esterno delle nostre abitazioni ormai arriva quasi solo pubblicità) e moltissimi documenti importanti sono ormai completamente dematerializzati.
Evidentemente, si tratta di un processo destinato ad aumentare ancor più in futuro, stante l’arrivo di nuove generazioni (i c.d. “nativi digitali”) per le quali – forse – la vita reale sarà sempre più una “parentesi” all’interno di una prevalente vita digitale.
In verità già oggi tutti dispongono di almeno una o più caselle e-mail (per lavoro, personale, hobby, famiglia) il cui contenuto è spesso lasciato all’interno dei “capienti” server del provider prescelto; molti di noi hanno svariati profili sui social network, altri ancora conservano le proprie fotografie in servizi di conservazione on-line.

Ma che fine faranno tutti questi dati, conservati on line, quando l’individuo che ne è “proprietario”, o che ne è l’autore, non ci sarà più? Chi, ed in che modo, potrà accedervi?
Si tratta di un problema noto da tempo (e conosciuto anche come “eredità digitale” – digital inheritance), ma di cui si parla ancora troppo poco, sia in Italia che nel Mondo.

Il notariato italiano, da sempre attento alle problematiche inerenti i propri settori di attività, si occupa di tale problematica fin dal 2007 e continua a farlo nonostante l’assenza di una normativa nazionale (ed internazionale) in materia.
Le difficoltà però rimangono, e sono legate soprattutto al fatto che la maggior parte dei servizi on line è regolamentata da ordinamenti diversi da quello italiano. Pensare quindi di far valere in USA o in Cina i diritti che la legge italiana riserva agli eredi di un cittadino italiano non è affatto semplice, né economico. Ma vi è di più.

Alle problematiche legate alla difficoltà, da parte di terzi, di accedere ai dati di una persona defunta si possono aggiungere quelle esattamente uguali e contrarie, consistenti nel rischio che – dopo la morte di un individuo – terzi soggetti possano “impossessarsi” di computer e dati e possano trasmettere documenti “postumi” creando dei falsi “irriconoscibili”.
Si pensi anche solo all’invio “fraudolento” di una Posta Elettronica Certificata effettuato da un account di un defunto, o ancora alla apposizione “postuma” di una firma digitale o di altra firma elettronica ad un certo documento. I problemi, dunque, sono molteplici e non tutti sono di facile soluzione.

Appare peraltro utopico pensare che ciascuna Nazione possa decidere di imporre al Mondo le proprie regole, mentre appare molto più realistico che ciascuna Nazione si avvalga delle normali Istituzioni che – all’interno di essa – si sono sempre tradizionalmente occupate di questioni ereditarie (Notai, Tribunali, Corti, ecc.) e che sia compito di tali Istituzioni quello di doversi interfacciare con i fornitori dei servizi (Google, Amazon, Apple, Facebook, Twitter, etc.) al fine di creare delle procedure condivise di scambio di informazioni.

Non deve, insomma, essere il fornitore del singolo servizio on line a doversi assumere l’onere (e la responsabilità) di accertare – secondo la legge di ciascuna Nazione del Mondo – chi sia il soggetto legittimato ad ottenere l’accesso ai dati di un utente defunto, ma devono essere le Istituzioni di ciascun Paese a doversi attivare per creare – con il fornitore – una forma di dialogo condivisa.

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