Elegia del fare. 3 – Le Regioni

Dopo le due prime elegie, dedicate ai Comuni, saltiamo a pié pari le Province (ma non le avevano abolite?) e passiamo alle Regioni. Capita a fagiolo il DEF 2015, coi 4 miliardi di tagli che hanno provocato la rivolta dei governatori capeggiati da Sergio Chiamparino.

Capita a fagiolo in quanto ancora una volta assistiamo alla scena dei governatori che minacciano la rivolta in quanto – giustamente – si dimostrano indisponibili a tagliare la sanità e i trasporti. In poche parole, a un provvedimento giusto (i tagli) si risponde con un’argomentazione ineccepibile rispetto alla quale nessuno può azzardarsi a controbattere senza passare per un cinico o peggio.

tagli-regioniUn dialogo apparentemente fra sordi, anche perché nessuno sembra capire che 4 miliardi le Regioni le possono tranquillamente recuperare agendo sulla leva degli acquisti di  beni e servizi. Nessun taglio alle prestazioni per i cittadini, nessun treno cancellato. Solo merci e servizi acquistati meglio, e a meno.
Il fatto è che, per mille motivi, le Regioni non riescono a fare sistema fra loro. E succede anche per quanto riguarda l’informatica e – più in generale – l’innovazione tecnologica.

Ma qui per fortuna le novità in positivo sembrano esserci: arrivano direttamente da Palazzo Chigi, dove venerdì scorso il sottosegretario Delrio ha presentato alle Regioni il piano governativo per il raggiungimento degli obiettivi 2020 per l’agenda digitale, con particolare riferimento al piano banda ultralarga.
Regia nazionale (affidata a MISE e Infratel per la componente infrastrutturale e all’AgID per la parte servizi), e un “invito” alle Regioni ad armonizzare i loro piani convergendo su una strategia unificata.

Questa della regia nazionale e dell’armonizzazione dei piani regionali è una partita che abbiamo lasciato in sospeso per troppo tempo, facendo finta che non esistesse il problema.
Non vedendo le decine di sistemi informativi (assolutamente identici fra loro) sviluppati per la gestione del bollo auto, per realizzare il fascicolo sanitario elettronico, per gestire gli organismi pagatori in agricoltura, eccetera.
Sarebbe forse ora di incentivare progetti inter-regionali e iniziative di riuso, piuttosto che continuare in una corsa sfrenata allo sviluppo di 21 piattaforme inevitabilmente più o meno identiche fra loro.
E anche qui, si risparmierebbero un bel po’ di soldi. Risparmi che potrebbero alimentare nuovi investimenti, in una logica di specializzazione dove ciascuna Regione si trova il suo spazio diventando “eccellenza e punto di riferimento” su una materia specifica: una fa il bollo auto, un’altra la sanità, un’altra ancora l’agricoltura, eccetera.
Ovvio che questo approccio comporta un mutamento non banale delle società ICT in-house possedute dalle Regioni. Ma si tratta di un mutamento probabilmente improcastinabile e senza alternative, considerando il livello di difficoltà che molte di loro manifestano nel chiudere in pareggio conti economici falcidiati dal calo dei budget a loro destinati dalle rispettive amministrazioni controllanti.

L’alternativa è il caos. O, peggio ancora, l’industria unica dell’informatica di Stato.

Anche perché e molto difficile pensare che possano esistere compratori disposti a rilevare in blocco le in-house (5.000 dipendenti in tutto, 800 milioni di ricavi, EBITDA in caduta libera) senza chiedere in cambio “qualcosa”, sotto forma di commesse garantite per 7-9 anni e carta bianca per una sostanziosa riduzione dei dipendenti.

E torniamo alla riunione di venerdì scorso a Palazzo Chigi: una forte regia nazionale può aiutare le Regioni a metterle di fronte a una realtà per troppo tempo nascosta: moltiplicare per 21 le spese non è ragionevole, e non è più neppure sostenibile.
Governato per bene, un processo di questo tipo non può che far bene a tutti: anche alle Regioni e alle rispettive “in-house”, se capiranno che razionalizzando si può probabilmente mantenere inalterato il volume di business (800 milioni) incrementando notevolmente la quantità e la qualità di software e servizi prodotti e quindi la quantità e qualità di servizi resi all’utenza (cittadini e imprese).

Ben venga, quindi, il regista nazionale. E speriamo che il film sia a lieto fine.

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