IoE, medicina e salute: l’intervista ad Alberto Degradi di Cisco

Se c’è un settore in cui le tecnologie giocano da tempo un ruolo cruciale, la medicina è  certamente in prima posizione e l’avvento dell’Internet of Everything non farà altro che potenziare e ampliare questa relazione: l’IT diventerà sempre più il filo rosso che abiliterà innovazione a 360°.

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Alberto Degradi è Architecture Leader Borderless Network e Data Center di Cisco Italia.

Tre le direttrici principali su cui viaggerà il cambiamento, secondo Alberto Degradi Architecture Leader Borderless Network e Data Center di Cisco Italia, intervistato da TechEconomy.
La prima fa riferimento a una rivoluzione di processo: “La medicina ha rapporto stretto con le tecnologia e quello che avverrà con l’IoE è un intensificarsi non solo di quanto è già in atto grazie all’uso intensivo di sistemi di videocomunicazione e telepresence, ma cambierà il modello di relazione tra medico e pazienti, tra medici stessi e, infine, tra medici e strutture”.  La seconda chiamerà in causa la raccolta di dati Machine to People: si potranno registrare dati in arrivo dai sensori diffusi, anche wearable, e tale mole di dati darà l’opportunità di avere un livello di conoscenza superiore per sviluppare cure più adatte.

Infine la sensoristica diffusa nell’ottica della personalizzazione delle cure e delle terapie: “L’IoE è l’ambiente più favorevole alla raccolta e al trattamento delle informazioni, dei big data, per arrivare a elaborare, ad esempio, vaccini personalizzati sulla base del Dna. L’IT abilita l’acquisizione dei dati, facilita i processi di elaborazione e contribuisce a restituire livelli di personalizzazione delle cure più utili e precise.”

Senza contare il ruolo cruciale dell’IoE nel facilitare la gestione di processi a basso valore. Degradi porta l’esempio delle prescrizioni mediche per malati che assumono per tutta la durata della vita determinati farmaci: recarsi dal medico quando la medicina sta terminando, richiederne la prescrizione, prenderla, portarla in farmacia per poi dover attendere anche qualche giorno per la consegna se il farmaco non è subito disponibile. Un processo in sé semplice ma che porta via tempo e risorse. Basterebbe una “smart cup, capace di contare le pasticche residue, avvisare via web il medico quando sono in esaurimento, il medico potrebbe automatizzare il processo di scrittura della ricetta che, a sua volta, potrebbe essere inviata in farmacia. Starebbe poi alla stessa farmacia avvisare il paziente dell’arrivo delle medicine in esaurimento. “Immaginiamo il risparmio in termini di tempi e di efficienza. Ovviamente è un esempio semplice di processo a basso valore che potrebbe essere totalmente ottimizzato, ma immaginiamo di applicare questo livello di efficienza anche ad altri processi simili della nostra vita.”

E poi ambulanze e ospedali: gli altri due “mondi” che andranno sempre più a braccetto con l’IoE. Portare la connessione nelle ambulanze permetterà sempre più, come già si sperimenta, alla possibilità di far trasferire dati sui malati dall’ambulanza all’ospedale in modo da allertare il pronto soccorso senza dover perdere tempo nel reperire informazioni e nel ricominciare il trasferimento di informazioni quando arrivati a destinazione. “La trasmissione dei dati, con rapidità e sicurezza, in movimento è cruciale in questo senso.” E in ospedale le cartelle mediche saranno sempre consultabili grazie alla rete e la capacità di usufruirne in qualunque momento e da qualunque struttura con enormi vantaggi per la vita clinica dei pazienti.

La visione di questo futuro neppure troppo lontano porta aziende come Cisco a puntare molto sulla telepresence in contesti “in cui la raggiungibilità del medico è molto difficile, e che fanno i conti con distanze fisiche molto impegnative, ad esempio in Brasile o Canada. L’azienda ha stretto accordi con società che producono strumentazione medica da integrare con e dentro la telepresence, di modo che una visita possa essere effettuata anche con il solo supporto di un paramedico e con lo specialista connesso a distanza. Sono processi avviati e che continuano ad andare avanti.”

Cosa attenderci tra dieci anni quando andremo in un ospedale? Degradi tratteggia uno scenario interessante: “Sapremo dove andare senza chiedere, perché avremmo indosso device che ci guideranno nei corridoi e nei piani catturando via wireless le informazioni sparse nello spazio fisico della struttura. Fare diagnostica sarà più facile e veloce e, infine, forse l’aspetto più innovativo: vi sarà continuità nella relazione con gli ospedali perché i sensori diffusi, non solo quelli indossabili, faranno in modo di farci dialogare con medici anche dopo l’ospedalizzazione.” Con l’effetto che in ospedale si andrà solo in fase acuta.

Pensiamo ai diabetici: sperimentazioni su come facilitare la loro vita già esistono. Quanto potrebbe migliorare la gestione della patologia, anche a livello psicologico o in caso di malati non autosufficienti, il fatto che, grazie alle nanotecnologie dell’IoE, i livelli di insulina possano essere monitorati direttamente dai medici e il quantitativo dell’insulina somministrata gestita totalmente in modo trasparente dei pazienti? “Forse 10 anni sono anche troppi, il futuro lo diciamo da tanto, è più vicino di quanto immaginiamo”.

 

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