Elegia del fare 10: la RAI

Habemus Magister Digitalis.
Nel corso di un’affollatissima cerimonia di presentazione a Viale Mazzini, venerdì scorso è stata annunciata la convenzione tra RAI e AgID in tema di promozione del digitale.

RAINon solo trasmissioni specifiche, ma anche (soprattutto) “contaminazione digitale” dentro fiction e game-show.
Ottimo e abbondante.
Ben vengano iniziative di questo genere.
Nel mio piccolo, di contaminare “Nonno Libero” inserendo pillole di digital life-style ne parlai per la prima volta una decina di mesi fa, per poi riprendere l’idea nel corso di Digital Venice in luglio insieme al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin: l’e-health, sostenevo allora, deve essere promosso “facendolo vedere calato in un contesto di quotidianità nazional-popolare”.
Interessante notare come qualcuno che allora, in quel contesto, fece una smorfietta di riprovazione, oggi (venerdì a Viale Mazzini) si profonde in applausi a scena aperta: ottimo, si vede che ha cambiato idea.
Ben venga, quindi, ogni operazione finalizzata a rendere pop un argomento (il digitale) troppo a lungo detenuto in esclusiva da una élite tecnocratica clamorosamente autoreferenziale.
Ben venga, quindi, una RAI finalmente aperta alla massificazione del digitale attraverso operazioni di “life-style placement” a contaminare Nonni Liberi e Aperture di Pacchi in prime time.
Ancora una volta l’AgID si rivela per quello che sta finalmente diventando: una spettacolare macchina da guerra applicata alla “reale” promozione del digitale in tutte le sue manifestazioni. Sviluppo delle competenze, divulgazione, supporto alla definizione di politiche industriali.
Adesso, si tratta di vedere come la RAI riuscirà a tradurre in pratica, attuandola, la convenzione con l’AgID.
Magari evitando la riesumazione di Maestri Manzi a qualsiasi livello di release (1.0, 2.0, eccetera), dato atto che sono passati cinquant’anni e che – soprattutto – il contesto è completamente diverso: qui non si tratta più di tanto di “alfabetizzare” nel senso letterale della parola, quanto piuttosto di “generare consapevolezza, consenso e confidenza” rispetto al digitale da parte del grande pubblico.
Personalmente (ma è una mia modestissima opinione) eviterei cose tipo “adesso il Maestro Manzi 2.0 vi insegna a zippare un file o a deframmentare un disco fisso”.

Qui il tema è piuttosto far vedere una scena dove un grossista di ricambi auto utilizza l’e-commerce per incrementare il suo business, dove la casalinga di Voghera chatta col suo medico di famiglia che nel frattempo visualizza sul suo tablet il referto di una risonanza magnetica, eccetera.
Il tema è far passare messaggi: l’utilizzo dei POS, della mail. Cose così, diciamo.
Non manca chi già teme l’invasione delle cavallette, prefigurando oscure operazioni di product placement e pubblicità occulta.
Ma tant’è: di prefiche e bacchettoni son piene le corti.
Ovviamente la RAI vigilerà attentamente, evitando l’affollamento di furbetti del quartierino. Perché quella che è nata venerdì scorso deve essere e rimanere una gigantesca operazione di digital advocacy rigorosamente precompetitiva.

Quei giochi dove, alla fine della fiera, vincono tutti.

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