Tecnologia: i professionisti italiani non la usano, se non sono costretti

Le nuove tecnologie informatiche non sono ancora diffuse tra i professionisti italiani per recuperare efficienza interna e marginalità o sviluppare nuovo business, sebbene cresca la comprensione della loro utilità. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio ICT & Professionisti della School of Management del Politecnico di Milano secondo cui il budget medio destinato agli investimenti in ICT degli studi professionali nel prossimo biennio è di appena 6.300 euro, di cui solo il 26% destinato all’acquisto di software o hardware per sviluppare progetti di vera innovazione e non di semplice adeguamento normativo o ammodernamento. “Il mondo delle professioni giuridiche d’Impresa, di fronte ad alcune difficoltà di carattere economico finanziario, mostra una certa resistenza al cambiamento e una propensione all’innovazione soprattutto law driven mentre la domanda di servizi da parte della clientela non è sempre allineata con il portafoglio servizi degli studi – afferma Claudio Rorato, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio ICT & Professionisti -. Non risulta ancora ampiamente percepito il valore della tecnologia, ancora poco utilizzata per recuperare efficienza interna e sviluppare il business. I professionisti interessati all’adozione delle ICT sono in crescita ogni anno, segno di una lenta ma progressiva alfabetizzazione informatica. I clienti però chiedono il supporto dei professionisti nelle decisioni, in qualità di esperti sugli aspetti gestionali e questa è un’opportunità da cogliere. L’innovazione digitale del professionista è un valore fondamentale anche per le aziende. La contaminazione informatica non è solamente dal professionista all’impresa, ma anche viceversa, perché la vera forza è nel sistema. Il cambiamento dev’essere prima di tutto culturale”.

Altro nodo cruciale: l’innovazione digitale è ancora “law driven” nel senso che l’obbligo di legge guida l’introduzione di nuove tecnologie tra i professionisti. Le ICT su cui punteranno gli studi nel prossimo biennio, infatti, sono soprattutto la Fatturazione Elettronica verso la PA e la Conservazione Digitale a norma dei documenti, legate a specifici obblighi di legge, mentre si prospetta un’adozione ancora limitata di quelle tecnologie tipiche per creare efficienza o sviluppare il business, come i software per il controllo di gestione, i portali per la trasmissione di documenti o la condivisione di attività. Queste sono le vere avanguardie, che “pesano” tra il 19% e il 32% del campione, in relazione alle diverse tecnologie esaminate. Le aziende clienti nel 45% dei casi sarebbero disponibili a investire per rendere più informatizzata la relazione con i professionisti, ma chiedono maggiore assistenza nello sviluppo del business e consigli di carattere gestionale. Eppure, gli studi professionali risultano prevalentemente legati al business tradizionale, con il 68% dell’attività concentrata in ambiti come contabilità, gestione paghe, gestione contenzioso.

Il budget ICT

Sul fronte del budget, rileva l’indagine, il budget medio degli studi professionali destinato agli investimenti in ICT per il prossimo biennio è pari a 6.300 euro. Seppure in aumento rispetto allo scorso anno, il valore risulta limitato, “non sufficiente a generare innovazioni spinte“.  A mettere sul piatto il budget più consistente sono gli avvocati con 3.800 euro, seguono i commercialisti e i consulenti di lavoro di 7.600 euro, mentre più di tutti investiranno gli studi multidisciplinari, con un budget medio di 12.500 euro. Solamente il 26% del budget che i professionisti destineranno nel prossimo biennio all’ICT è indirizzato verso nuovi progetti software o hardware, mentre la parte preponderante riguarda l’adeguamento normativo, la manutenzione ordinaria e la gestione dell’esistente.
La cultura digitale viene tuttavia percepita da una quota di professionisti (43%) come un gap da colmare, attraverso percorsi formativi specifici su ICT e attività ICT intensive.

Le tecnologie negli studi professionali

Ma quanta tecnologia hanno gli studi professionali? In generale l’adozione delle tecnologie informatiche negli studi professionali italiani è bassa, spiega l’Osservatorio. Anche in questo caso appaiono più diffuse dove strettamente necessarie per svolgere alcune attività o richieste dalla normativa, come le firme elettroniche, i software per l‘accesso a piattaforme per la gestione di dichiarativi telematici o la gestione del Processo Civile Telematico. Mentre sono molto limitate in particolare per quelle tipiche per fare efficienza o migliorare il controllo sulla gestione. Ad eccezione per la firma digitale e i gestionali tipici di Studio, la tecnologia più presente oggi negli studi professionali è costituita dai software per i flussi telematici (nel 37% dei casi), seguita dal sito internet (30%), dal controllo di gestione (27%), dalla Gestione Elettronica Documentale (25%) e dalla Fatturazione elettronica verso la PA (25%). La conservazione digitale a norma dei documenti è presente ancora in una quota residuale (15%). Se si guarda però anche alle tecnologie dal maggior potenziale (sommando cioè quelle già presenti a quelle per cui c’è interesse nel prossimo periodo) si scopre come in testa ci sia la Fatturazione elettronica verso la PA (73%), seguita dalla Gestione Elettronica Documentale (68%) e dal sito internet (68%), più la Conservazione Digitale (63%). Solamente il 29% degli studi professionali rileva il tempo assorbito dalle singole attività o dai clienti e il 30%, addirittura, la considera un’attività inutile, ritenendo sufficiente il controllo diretto nello studio. Esclusivamente il 22% degli studi predispone oggi un budget annuale, solitamente gli strumenti per il controllo del tempo assorbito dalle attività e/o dai clienti sono utilizzati molto di più da coloro che predispongono il budget annuale, rispetto a coloro che ne fanno a meno.

Nello specifico:

Fattura Elettronica: poco più del 35% la offre già come servizio ai clienti, ma sono poche le richieste. Nonostante l’obbligo di legge per i soggetti che lavorano con la PA, i professionisti manifestano ancora diffidenza. E così la quota di aziende del campione che lavora con la PA (29%) fa prevalentemente da sé, privilegiando i professionisti solo nel 5% dei casi e altri fornitori nel 10% dei casi.

Conservazione digitale a norma (per i clienti): solo il 17% degli studi eroga la conservazione digitale a norma di documenti custoditi per conto dei clienti e per le PEC. Prevale decisamente l’archiviazione mista – carta e PDF.

Processo Civile Telematico (PCT): Nonostante l’obbligo, il PCT non riesce a dispiegare tutti i suoi benefici: il 96% degli avvocati lo utilizza, ma solo il 47% percepisce significativi risparmi di tempo. Le stime dell’Osservatorio ICT & Professionisti quantificano in circa 10 mila euro i risparmi possibili per ogni studio legale se le notifiche dei decreti ingiuntivi ai soggetti economici fossero completamente telematiche.

Registro dei Corrispettivi: sebbene i registratori di cassa siano sempre più “intelligenti”, l’82% degli esercenti compila e consegna a mano ai professionisti i Registri dei Corrispettivi con gli incassi giornalieri (il 15% via email e e il 3% via fax). Il risparmio per il sistema Paese della gestione telematica dei Corrispettivi sarebbe di 1,1 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 1 milione di esercenti e poco meno di 50 mila Professionisti.

Acquisizione automatica delle presenze: La trasmissione delle presenze dei dipendenti ai consulenti del lavoro per il calcolo delle paghe avviene nell’87% via scansione o fax, nel 48% attraverso file excel, il 39% via mail destrutturata. La gestione automatica genera un risparmio di tempo nella gestione di questa attività tra il 30% a oltre il 50% per il 41% dei consulenti del lavoro. Ma oggi è presente solo in una minoranza dei casi: tramite portale dello studio nel 14% dei casi, dal rilevatore presenze nel 14% o con un’applicazione nell’8%, nonostante i benefici per chi li utilizza siano elevati.

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