Festival del giornalismo culturale tra rete, informazione scienza e carta stampata

Cosa sta accadendo al giornalismo culturale con l’avvento della rete? Si parlerà anche di questo nel corso del Festival del Giornalismo culturale che si apre domani  a Urbino, un’occasione per approfondire le tante sfaccettature dell’informazione culturale oggi dalla viva voce di chi prenderà parte all’evento, professionisti della carta stampa, tv, radio, del web. Un’attenzione particolare verrà data anche al mondo dell’informazione scientifica, tema strettamente collegato al giornalismo culturale.

Su quest’ultimo fronte sono accadute molte cose che mettono sul piatto della discussione molti temi a volte controversi. Nel villaggio locale – ci spiega Marco Ferrazzoli, Capo Ufficio Stampa del CNR: “il mondo della conoscenza rappresentava una autorità. Nel villaggio globale, questa verticalità è stata sostituita da una orizzontalità che sconfina nell’eccesso opposto, una sorta di equivalenza delle opinioni in base alla quale tutti si sentono legittimati e titolati a esprimere la propria opinione su qualunque argomento, la parola dello “scienziato” tende, quindi, a sfumare in una mera opinione. I media 2.0 consentono un’interazione talmente celere e articolata da avere quasi abbattuto la tradizionale distinzione tra fonti e destinatari di messaggi e contenuti e tra consenso e ragione o verità.” Un approccio pericoloso per la scienza “la Rete induce l’incompetenza presuntuosa mentre, in ambiti specialistici quale quello scientifico, chi sostiene una posizione ha il dovere, anche solo perché venga presa in considerazione, di dimostrare conoscenze e competenze precise, nonché la correttezza della prassi seguita. La scienza è prima di tutto una questione di metodo, rigore del metodo.

L’avvento dei social media, ma anche di temi quali il garage biology o i movimenti ispirati dagli hacker come DIYBio, fanno si che la rete sia sempre più una rivoluzione di cui la ricerca e la scienza non possono e non potranno non tenere conto. “Ma – chiarisce Ferrazzoli – non è possibile che la posizione di chi ha studiato un argomento quindici anni valga quanto quella di chi ha letto o scritto un paio di cose su Internet. Come si può correggere un sistema di informazione e comunicazione che in qualche modo interpreta i principi della democrazia per il quale una testa vale un voto e, quindi, il numero conta più della competenza?” La scienza, in questo senso, “non è democratica, perché chi comanda è la natura, un’entità oggettiva. Certo, queste considerazioni appaiono curiose e contraddittorie se si pensa a quanto la comunicazione via web faccia sul piano pratico e possa fare su quello culturale per la diffusione di una conoscenza corretta, consapevole, condivisa.”
Ecco perchè vale la pena parlare di giornalismo culturale, ancora più oggi, perchè quello non culturale è un pericolo, oltre che un suicidio professionale.”

Dello stesso avviso, anche Armando Massarenti del Sole-24 Ore. “Un giornalista se oggi non è giornalista culturale non è, di fatto, un giornalista. Oggi, anche per dare una notizia banale, bisogna avere una preparazione molto precisa, in primis per non farsi ingannare da certi moti della propaganda culturale e politica. Bisogna conoscere i meccanismi del pensiero critico di base, che dovrebbero essere fondanti della formazione dei cittadini, e ancor più dei giornalisti. Perchè bisogna essere capaci di smascherare le fallacie dei ragionamenti, i modi errati di dare le notizie, ad esempio.”

Nella storia italiana questa è una criticità non di poco conto, spiega Massarenti.”Le faccio un esempio: pensiamo alla carenza dell’attenzione alle competenze da parte dei decisori pubblici, dei parlamentari. Solo un Paese dove esiste un sistema tale, di cui fa parte anche il giornalismo, che non riesce a capire la differenza tra un ciarlatano e un uomo di scienza, in cui tutti contribuiscono a creare questa confusione, dai giornalisti, ai politici in un cortocircuito mediatico che ha fatto di Vannoni un salvatore, ciò denuncia il fatto che ci sono giornalisti che non sono giornalisti culturali. Non hanno cioè gli strumenti necessari per capire che una determinata notizia non va data in quel modo.” Con conseguenze effettive anche sulla politica e persino sull’attività parlamentari.

In questo bisogna essere decisi, conclude Massarenti: “tutti i giornalisti devono avere gli strumenti critici per valutare le notizie e, in ultima analisi, per valutare i saperi per essere buoni cittadini oggi.” 

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