Google e l’unità “segreta” che lotta contro le frodi legate al digital advertising

Google ha un’unità segreta e costantemente al lavoro per combattere le frodi legate al digital advertising, al punto che molte persone all’interno della stessa azienda non ne conoscerebbero nemmeno l’esistenza, ma la testata AdAge è riuscita ad osservare il lavoro del team.

Le attività fraudolente legate all’advertising online sono un problema molto serio: l’Internet Advertising Bureau ha stimato, infatti, una perdita di 10,1 miliardi di dollari per le aziende ogni anno e questo, per il colosso di Mountain View – che è attualmente il più grande venditore di pubblicità online in tutto il mondo – questo è un problema da contrastare il più possibile.

Google vuole assicurarsi, sostiene la testata, che gli annunci acquistati attraverso la sua piattaforma vengano effettivamente guardati e cliccati da esseri umani e non da un esercito di bot creati da criminali digitali che sfruttano i personal computer di utenti inconsapevoli. Con questo sistema infatti c’è chi lucra, creando falsi risultati e alterando le metriche, generando views e impression che non corrispondono al vero.

Come riporta Business Insider, molte persone che sono state intervistate da AdAge anche se, per sicurezza, l’intero processo è stato all’insegna della estrema riservatezza, anche dei cognomi dei lavoratori. Il responsabile principale della guerra di Google ai bot ha però un nome e cognome noti: Douglas de Jager. Douglas è il fondatore di Spider.io che è stato venduto a Google, per una cifra che non è stata resa pubblica, lo scorso anno. Tutti e sette i membri originari dello staff di Spider.io sono stati spostati negli uffici di Google. AdAge sostiene che le competenze dei membri di Spider.io e la potenza di calcolo di Google hanno accelerato il processo di lotta alla frode in modo determinante.

AdAge riporta anche qualche indicazione di carattere più tecnico, affermando che gli ingegneri della divisione anti-frode scandagliano la rete alla ricerca dei bot attraverso un sistema chiamato “Powerdrill”, che viene descritto da loro stessi come un “sistema di calcolo mostruoso“, in grado di elaborare mezzo milione di miliardi di celle di dati in meno di cinque secondi, restituendo grafici e rappresentazioni visive che rendono evidenti le fonti di traffico “non umane”.

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