Ocse: lavoro e privacy i nuovi temi su cui si gioca la partita della Digital Economy

I paesi Ocse si stanno impegnando a sviluppare le loro economie digitali in un modo tale da massimizzarne i benefici sociali ed economici ma ora le nuove sfide da affrontare sono legati ai rischi “disruptive” attorno a privacy e lavoro. L’Ocse Digital Economy Outlook 2015 rileva che la maggior parte dei paesi si sono spostati da un approccio eccessivamente incentrato sulle tecnologie di comunicazione a un approccio digitale più ampio che integra le priorità sociali ed economiche. Ma nessun paese Ocse ha una strategia nazionale in materia di tutela della privacy online o sta finanziando la ricerca in questo settore, che tende ad essere visto come una questione che riguarda le relative autorità di regolamentazione.

Il rapporto, che ha analzzato penetrazione della banda larga, net neutrality e cloud computing sia nei paesi Ocse che in quelli partner come il Brasile, la Colombia e l’Egitto, rivela che deve essere fatto di più per offrire formazione sull’information and comunication technology per aiutare le persone nella transizione verso nuovi tipi di lavoro digitali. “L’economia digitale ha un enorme potenziale per la crescita economica e il benessere ma solo se le persone si fideranno abbastanza da impegnarsi pienamente“, ha detto Andrew Wyckoff, Science, Technology and Innovation Director dell’Ocse. “Le cose si stanno muovendo molto velocemente, con l’arrivo dei Big Data e l’internet degli oggetti, e noi dobbiamo fare in modo di essere pronti per l’impatto che tutto questo avrà su privacy, sicurezza e fiducia, nonché sulle competenze e l’occupazione.”
 
Nel complesso emerge che dei 34 paesi presi in esame, 27 hanno una strategia digitale nazionale. Molti sono stati elaborati o aggiornati nel 2013 o 2014 e hanno posto attenzione sulle infrastrutture di telecomunicazioni, la banda larga e la velocità ma pochi, come detto, trattano di questioni internazionali come la governance di Internet. Sette dei 34 paesi membri contano più di un abbonamento mobile a banda larga per persona. Circa tre quarti dell’uso di smartphone nei paesi avviene in privato su wifi di reti fisse. Tutti i paesi Ocse hanno almeno tre operatori di telefonia mobile e la maggior parte ne ha quattro: i prezzi per i servizi di telefonia mobile sono diminuiti sensibilmente tra il 2012 e il 2014 con i più grandi cali in Italia, Nuova Zelanda e Turchia. I prezzi sono saliti in Austria e in Grecia, comunque. Infine il settore delle TIC ha impiegato più di 14 milioni di persone nei paesi Ocse nel 2013, quasi il 3% dei posti di lavoro nel blocco dei 34. L’occupazione ICT varia da sopra il 4% dell’occupazione totale in Irlanda e la Corea al di sotto del 2% in Grecia, Portogallo e Messico.

Nell’analisi c’è spazio per molte altre riflessioni che vanno dal già citato Internet of Things che, secondo le stime Ocse, da un miliardo attuale di  oggetti connessi si arriverà ai 14 miliardi nel 2022.

In Italia nel 2013, l’economia digitale ha rappresentato il 2,54% dell’occupazione totale e il 3,72% del valore aggiunto generato dall’intero sistema economico. Il primo dato è sostanzialmente in linea con la media Ocse (2,85%), e stabile rispetto agli anni prima della crisi (2,47% dell’occupazione totale nel 2007) e ai primi anni Duemila (2,52% nel 2000). Il secondo dato, invece, è nettamente inferiore alla media Ocse (5,5%) e ha registrato un progressivo calo sugli ultimi quindici anni (4,2% del valore aggiunto totale nel 2000, 4,13% nel 2007). Il Belpaese si piazza in buona posizione tra i Paesi Ocse per percentuale di aziende che utilizzano tecnologie cloud, siamo al terzo posto con il 40,1%; in testa alla classifica c’è la Finlandia, con il 50,8%, seguita dall’Islanda, con il 43,1%. Sono invece in fondo alla graduatoria le altre due grandi economie della zona euro, la Francia con l’11,9% e la Germania con l’11,3%.

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