Pesaro, che succede? Una determina tradotta dal burocratese

Io sono un informatico. Il mio lavoro è risolvere problemi, non pavoneggiarmi con gli strumenti. Quindi, della oscura storia (1 2 3) per la quale il Comune di Pesaro scelga Office365 al posto di OpenOffice mi importa quanto mi importerebbe il contrario. Ossia mi importa il perché e il come. Purtroppo vedo che il dibattito sta invece prendendo la piega della lotta fra tifoserie e questo è un peccato, perché quello che è successo a Pesaro è emblematico e andrebbe analizzato a fondo. Inoltre, so per esperienza che in queste lotte perdono tutti. Il problema non è quale dei due pacchetti sia il migliore. Il problema non è quale dei due sia il più economico. Il problema è perché e come è stata fatta la scelta.

Quindi torniamo ai fatti. Ecco di cosa mi importa davvero: la scelta (abbandonare OpenOffice e prendere Office365) risolve uno o più problemi? Come li risolve? Con quali economie? Con quali ricadute? Quali sono i costi accessori, tipicamente “nascosti”? Tutto il resto, sappiatelo, è fan fiction. Tutte le annose disquisizioni sul software libero vs. proprietario sono principalmente petizioni di principio. Io posso, politicamente e culturalmente, preferire una parte all’altra. Professionalmente, però, le distinguo per quello che fanno, non per ciò che sono.

Quindi vediamo i motivi che il Comune di Pesaro si dà per la transizione (che costerà circa 40mila euro l’anno, salvo aumenti del listino, dei quali uno si è appena verificato). Riprendo le motivazioni dalla Determina n. 2043 del 29/11/2014 del Comune di Pesaro e, per maggior comprensibilità, li corredo di una traduzione dall’aziendalese in italiano fatta l’altra sera a cena da un mio collega, BOFH Director presso una primaria pubblica amministrazione. Dice dunque la Determinazione:

  • …Open Office che si è rivelato nel corso degli anni avere diversi elementi di criticità che hanno creato diversi problemi agli utenti: – interfacciamento difficoltoso con le procedure in uso presso l’Ente che richiedono spesso interventi di editing per sistemare la formattazione dei testi e la loro impaginazione;

Traduzione: le nostre procedure leggono file .doc. Farle, con la solita mancanza di specifiche, di tempo e di qualsiasi collaborazione o comprensione da parte dei maledetti utonti, è stato un bagno di sangue. Se non funzionano con OpenOffice cos’è, colpa nostra? Che tornino a Office e non rompano.

  • lentezza dell’apertura dei documenti in particolare quelli in rete

Traduzione: gli utonti ci hanno messo anni a impararsi Office, glielo hanno tolto e devono reimparare da capo. Non sanno a cosa attaccarsi e dicono la prima che gli viene. Se servisse, tirerebbero in ballo le macchie solari.

  • la migrazione non è mai avvenuta completamente rimanendo attive numerose installazioni di Microsoft Office con versioni ormai datate, avendo così eterogeneità di formati con inevitabile perdita di tempo per l’uso da parte degli utenti

Traduzione: Il megadirettore Scafozzi del Personale e il Camerlengo Avv. Quarogliani dell’Amministrazione si sentono molto bravi con Office. Questo crea dei problemi ai vassalli e ai servi nelle varie sedi, per quel che contano. Mi riprometto di sollevare il problema il giorno dopo che me ne sono andato in pensione.

  • la necessità di fare editing dei documenti importati in Open Office che perdono la formattazione impostata in Microsoft Office

Traduzione: e secondo te un Comune per i propri documenti ha dei modelli standard validi per tutti gli uffici? Così ogni volta che il Geometra Pestalozzi va in bianco con la moglie viene a romperle a noi dei Sistemi perché vuole cambiare i margini? Visto che si sentono così informatizzati, lascia che ogni ufficio passi il proprio tempo a inventarsi titoli, margini e stili per ogni dannato documento. Almeno se ne stanno buoni e non rompono. E poi sai che ti dico? Con Office nessuno potrebbe dire niente, perché è la scelta standard, e se non ti funziona il problema è tuo. Qui invece con quest’open source il problema è diventato mio, perché io di problemi non ne ho già abbastanza, vero? Sai che ti dico, si torna a Microsoft così nessuno si può lamentare.

  • criticità non risolte nell’uso di Excel e Access dove la migrazione di fogli elettronici con particolari complessità e la assoluta inadeguatezza del DB presente in Open Office non si è mai resa possibile

Traduzione: ti ho già detto che il Camerlengo Avv. Quarogliani dell’Amministrazione si sente molto informatizzato. Glielo spieghi tu che per le cose complesse usare Excel è da pazzi? Quello conosce Excel e spatacca con Access, cosa dovrebbe fare secondo te, venire qui a dire che non riesce a fare il proprio lavoro? Ok, magari ci siamo fatti una risata. Adesso anche basta.

Non c’è niente da ridere, c’è da piangere. Davvero queste sono le motivazioni che il Comune di Pesaro si dà per fare una cosa che avrà dei costi, “indicativamente di 40mila euro l’anno” (cito dalla Determina)? Sarebbe da piangere anche se non ne avesse, ma ne ha. Non capisci perché c’è da piangere? Te lo spiego io:

  1. non c’è una cifra, non c’è un parametro quantitativo. Siamo in presenza di un Dipartimento IT che motiva le proprie decisioni con il folklore e la tradizione orale; il che vuol dire tre cose:
  2. l’IT non conosce i fatti (i fatti sono misurabili)
  3. oppure li conosce ma non li ritiene necessari per il processo decisionale
  4. oppure l’IT sa bene che i fatti in questo caso non c’entrano perché la decisione è stata presa ad altri livelli o per altri motivi. In tutti i casi, un disastro culturale.
  5. nel 2015 un Comune di oltre 100mila abitanti considera ancora cruciali wordprocessor e fogli di calcolo, pur disponendo da anni (come qualsiasi altra Amministrazione) di un programma gestionale pensato per gestire procedure e cicli documentali dall’inizio alla fine (e quindi la produzione di documenti passa del tutto in secondo piano)
  6. ci si incaponisce ancora sui problemi di formattazione (di quale formattazione andiamo cianciando? avete mai visto un documento della PA? C’è il livello di formattazione ottenibile con una macchina per scrivere, ma fatto peggio.). Ma un corso di uso del word processor è mai stato fatto? Oppure nessuno si è mai posto il problema che forse il word processor è uno strumento obsoleto, specialmente in una Pubblica Amministrazione?
  7. traspare l’assoluta assenza di modelli standard per i documenti (che, oltre a risparmiare lavoro a tutti e garantire coerenza e formalità risolverebbero anche la famosa formattazione di cui sopra)
  8. l’IT in 4 anni non riesce a portare a termine una banale migrazione fra due suite per ufficio, indice del fatto che l’IT ha l’autorità del due di coppe quando comanda bastoni. Difficoltà tecnica? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
  9. la Determina non parla di formazione. E questo nonostante il precedente passaggio a OpenOffice abbia comportato “costi inattesi” anche per la formazione (così dice il Comune). Dobbiamo pensare che la conoscenza del pacchetto Office sia parte del patrimonio genetico? 10. nell’evento di presentazione alla popolazione, la stampa ha riportato fra le motivazioni per la migrazione anche i “costi inattesi” di ben 300mila euro che avrebbe comportato il precedente passaggio a OpenOffice.

Oggi sappiamo, grazie all’intervista di Paolo Vecchi, che quella cifra è inventata, niente più che una spannometrica. Fino a tangibile prova contraria, è saggio considerare campate per aria anche le cifre relative ai risparmi (l’80% in meno rispetto alla soluzione precedente! Bum!) e all’immancabile aumento di produttività (che per decenza non viene mai misurato, visto che le uniche misure sarebbero l’ampliamento del livello di servizio o —Dio non voglia!— la riduzione del personale.) Questo è il modo in cui viene vissuta e gestita l’informatica in un capoluogo di Provincia, in Italia, nel 2015. E questo è ciò che dovrebbe, nelle parole del Sindaco, portare a un Comune “smart”. Peccato che, mentre si è vista molta attenzione alla pubblicità, in nessuna parte di questa storia si vede il benché minimo interesse per il risultato, per il cambiamento. Se nel secolo scorso avevamo il Gattopardo, Questa è l’Italia degli Smartopardi.

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