Adiutrice Barretta: ingegnere senza frontiere

Adia
Adiutrice Barretta si occupa di progettazione e sviluppo di applicazioni software per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Adiutrice Barretta, che si firma Adia, è un ingegnere informatico che si occupa di progettazione e sviluppo di applicazioni software per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). “Per la maggior parte della mia carriera – dice Adia – mi sono occupata di applicazioni di supporto agli esperimenti scientifici a bordo della ISS ma per un breve periodo ho anche lavorato ad applicativi per i centri di controllo di terra”. Un lavoro non banale dove la passione per matematica e tecnologia è un bagaglio indispensabile. “Per me la tecnologia e l’innovazione – afferma la ing – devono essere un mezzo per sviluppare le proprie idee, i propri sogni, per riuscire a rendere possibili cose che sembrano impossibili. La cosa che più mi entusiasma è la possibilità di potersi confrontare, condividere idee e svilupparle con chiunque, nel mondo, senza le barriere nelle comunicazioni che fino a un paio di decenni fa sembravano insormontabili”.

La passione per l’informatica ha portato Adia ad avvicinarsi ad Informatici senza frontiere, di cui attualmente è coordinatrice per la regione Campania. “Faccio parte di ISF dal 2011 – racconta Adia – da quando sono stata uno dei soci fondatori della sezione beneventana. Tutto è cominciato quando, per una serie di fortunate coincidenze, fui contattata da una associazione che si occupava di affido temporaneo che cercava dei volontari per un laboratorio di informatica per bambini, nello stesso giorno in cui un amico di Napoli, socio di ISF, mi chiamò per parlarmi delle loro attività ma soprattutto di una imminente donazione di computer da parte di una azienda di Avellino. Io e mio marito, entrambi impegnati in ISF, senza alcuna esitazione, prendemmo in prestito un furgoncino e andammo a ritirare i pc, in pochi giorni coinvolgemmo alcuni amici e mettemmo su un laboratorio informatico e avviammo il primo corso informatico per i bambini in affido”.

Il progetto migliore che hai visto nascere in questi anni da volontaria ISF

Ho avuto l’opportunità di partecipare a tanti progetti, anche molto diversi tra loro, quelli di formazione ai bambini in affido temporaneo, ai ragazzi di una casa famiglia, a un gruppo di ragazzi affetti da sindrome di Down, agli anziani, ad un gruppo di invalidi del lavoro in carico all’INAIL, quelli di studio e approfondimento sui temi dei pericoli della rete e cyberbullismo, quelli di sviluppo di applicativi di supporto ad altre associazioni e quelli di recupero hardware da donare, ma non credo ci sia un progetto migliore di altri.

Direi che ogni volta che ho visto una persona in difficoltà sorridere o star meglio grazie un nostro intervento, ho capito che l’obiettivo che ci eravamo preposti era stato raggiunto.

Mi vengono in mente la signora di 83 anni che ha imparato ad usare skype per poter sentire e vedere i figli lontani, il bambino in affido, spaventato e ostile, che dopo qualche lezione si divertiva al pc giocando con Gcompris con gli altri bambini, uno dei ragazzi con sindrome di Down che durante le lezioni di grafica abbiamo scoperto essere una bravissimo disegnatore, il bambino indigente che ha ricevuto da Babbo Natale (di ISF) un notebook che desiderava da tempo e un gruppo di invalidi del lavoro che ha trovato nella tecnologia un mezzo di aggregazione sociale e uno strumento per sviluppare i propri interessi,capacità e competenze.

Parlaci di Strillone: è un progetto che hai seguito?

Strillone è un’applicazione per smartphone e tablet che permette a persone non vedenti o con gravi problemi di visione di sfogliare e ascoltare le notizie di interesse del proprio quotidiano preferito mediante la sintesi vocale integrata.

Strillone è un progetto pensato e realizzato dalla sezione di Bari di Informatici senza Frontiere ma la sua user experience è stata fondamentale per la realizzazione di Spoken House, un sistema domotico per non vedenti, ipovedenti e audiolesi sviluppato a Benevento nell’ambito di un lavoro di tesi di laurea di due volontari ISF, Daniela Guardabascio e Marco Di Brino, svolto in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria Informatica dell’Università degli studi del Sannio.

La raccolta dei requisiti, lo sviluppo e i test di usabilità sono stati svolti da Daniela e Marco a stretto contatto con un gruppo di soci dell’Unione Ciechi di Benevento, questo ha permesso loro di verificare sul campo i risultati ottenuti e, grazie ai frequenti feedback, effettuare continui miglioramenti al progetto.

Come si può sostenere la cultura digitale senza escludere le fasce più deboli?

La mia esperienza sul campo mi spinge a rispondere che sicuramente manca la formazione ai cittadini, alle imprese, agli enti pubblici. Se molto si muove a livello nazionale ancora poco o nulla è arrivato sul territorio.

I nostri corsi di alfabetizzazione informatica e seminari si riempiono velocemente e purtroppo resta sempre qualcuno fuori. Gli anziani sono in difficoltà nella consultazione del cedolino della pensione, nell’accesso al 730 precompilato, non riescono a gestire i PIN per comunicare con la PA, la PEC e tanto altro; negli ultimi mesi abbiamo girato anche molte scuole con corsi di elettricità e programmazione per bambini ed abbiamo scoperto che quelli che dovrebbero essere i nativi digitali, in realtà (con poche eccezioni) sono meri utenti di giochi, video o social network e i loro genitori, ammirando la naturalezza con cui i figli si dimenano tra smartphone e tablet, non si sentono all’altezza di confrontarsi con loro sui temi  tecnologici.

La formazione è indispensabile per migliorare la cultura digitale ma deve essere di qualità, deve insegnare ad essere critici nell’uso delle tecnologie, consapevoli degli obiettivi che si vogliono raggiungere e deve diffondere conoscenze di sicurezza e buone pratiche: solo così si potranno creare dei cittadini attivi digitali e delle città davvero smart.

 

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