L’Ocse ha presentato oggi, d’intesa con il G20 e oltre 60 Paesi partner, la lista completa delle 15 “azioni” per contrastare ottimizzazione ed elusione fiscale da parte delle grandi aziende digitali e non. Viene chiamato progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), promosso nel 2013 dal G20 e “commissionato” all’Ocse, ed ha proprio l’obiettivo di proporre una strategia fiscale complessiva e globale che miri a contrastare l’erosione di base imponibile e il trasferimento artificiale di utili verso Paesi a fiscalità privilegiata. In sostanza arginare il problema delle aziende straniere che “pagano poche tasse” e che scelgono stati con imposte sui redditi di impresa più vantaggiose come sede delle attività: l’Irlanda, per citare uno degli stati più “discussi” e nel mirino della Ue, la corporate tax è al 12,5% – contro il 30% circa di Germania, Italia e Francia. Il che si traduce, secondo gli altri Stati in cui le attività commerciali dei colossi si svolgono ma dove non vengono pagate le tasse, in una perdita cospicua per le casse statali. Lo spiega la stessa Ocse: “ricerche intraprese già dal 2013 confermano il potenziale grande problema rappresentato dai BEPS, con stime che indicano perdite stimabili tra il 4% e il 10% del gettito globale di queste imposte, ovvero tra i 100 e i 240 miliardi di dollari all’anno.”
Un problema su cui da tempo l’Europa si “scontra” con colossi stranieri, spesso legati all’economia digitale come Google e Amazon ma non solo, un problema la cui risoluzione ha spesso portato i singoli Stati a proporre soluzioni nazionali, ultima in ordine di tempo la proposta italiana della Digital tax, ma che secondo i principali osservatori non può che avere una soluzione concordata e comune. Quale risposta dall’Ocse?
Le 15 azioni anti BEPS
Ocse, oggi, a reso pubbliche le 15 azioni elaborate a tal fine dagli esperti. Oltre a sette punti già concordati nel 2014, tra cui c’era un capitolo sull’economia digitale, le azioni comprendono misure contro trasferimenti finanziari fittizi, indebite deduzioni di interessi e filiali fantasma, oltre a un sistema di monitoraggio dei risultati.
In particolare, dettaglia un documento Ocse, le nuove misure prevedono regole più precise sulle “società controllate all’estero“, per evitare che siano usate come “opportunità per lo spostamento di profitti” verso giurisdizioni con regole fiscali più favorevoli e “il rinvio a lungo termine della tassazione“. È inoltre previsto un aggiornamento della definizione di “presenza stabile” di un’azienda in un Paese, e quindi dei suoi obblighi in materia di tasse in quella giurisidizione, “per prevenire certe strategie frequenti di elusione fiscale oggi usate per aggirare” questo sistema. Sul fronte dei flussi di capitale, si punta invece ad evitare che “le multinazionali ottengano risultati fiscali positivi aggiustando il volume di debito in ciascuna filiale“, tramite “finanziamenti intra-gruppo” utili solo a fini fiscali, per esempio per “generare deduzioni di interessi superiori agli effettivi costi per interessi verso parti terze” o “creare utile esentasse“.
Sono inoltre introdotte regole specifiche in materia di assegnazione del rischio, e del costo corrispondente, in base alle quali “un’entità che non può effettivamente esercitare un controllo significativo e definito su un rischio, o non ha la capacità finanziaria per assumere il rischio“, non possa esserne ritenuta titolare a fini fiscali o contabili. Le azioni includono anche una raccomandazione affinché “l’Ocse lavori con i governi per monitorare e analizzare più statistiche sulle tasse sull’impresa, e per presentarle in modo coerente a livello internazionale”, in modo da avere una visione il più completa possibile sulle pratiche di ottimizzazione o elusione fiscale e sul successo delle strategie per combatterle. Si precisa infine che l’implementazione delle misure “non deve comportare incertezza non necessaria per i contribuenti corretti o indesiderata doppia tassazione“, e che per questo “un miglioramento dei meccanismi di risoluzione delle controversie à un componente integrale” del programma.
Strada ancora lunga
La soddisfazione per il pacchetto dei 15 è evidente nelle parole del direttore della divisione tasse dell’Ocse Pascal Saint-Amans: “ci sarà un vero cambio di paradigma” per le multinazionali in materia di fisco, ha spiegato nella conferenza stampa di annuncio “finora la pianificazione fiscale era parte integrante dei business plan, fonte di reddito” per molte aziende, ma con l’entrata in vigore di queste misure “molte pratiche saranno più difficili, e saranno vera e propria evasione fiscale, non elusione, perché non saranno più legali”.
La strada però è ancora lunga: sulle 15 azioni per la lotta all’ottimizzazione ed elusione fiscale elaborate dall’Ocse è stato raggiunto “un accordo tecnico” con i Paesi del G20 ma saranno ora sottoposte alle “istanze politiche”. Poi dovranno essere esaminate dal consiglio Ocse e dai ministri delle Finanze dei venti Grandi durante il vertice di Lima in programma alla fine di questa settimana, in una “cena dedicata al tema delle questioni fiscali internazionali”. Una volta ottenuto il sostegno ufficiale a livello ministeriale i provvedimenti saranno esaminati dai capi di Stato e governo del G20, nel vertice previsto ad Antalya per metà novembre.
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